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venerdì 2 novembre 2018

La ricerca del fascismo che non c’è

Un pamphlet ben scritto, molto. Si legge di corsa. Se non che poi uno, passato l’esame n. 65 del “Fascistometro”, il capitolo decisivo e conclusivo, si chiede: di che stiamo parlando?
Bene è scritto del populismo – con un sola riserva: “Non tutti i populismi sono fascismi, ma ogni fascismo è prima di tutto un populismo, perché – anche se non nasce mai dalle classi popolari – il fascismo le racconta come a esse piace essere raccontate: forti nelle intenzioni, fragili solo per le circostanze, matrici di autenticità nazionale e vere protagoniste sociali”. La riserva è che il populismo nasce sempre dalle classi popolari, altrimenti è Ingroia, Santanché, i candidati dello zero virgola: ci vuole un chiama e rispondi.
Bene è detto dei tic della sinistra – della sinistra dem: conformismo, albagia, spregiudicatezza. Ma già qui c’è una faglia. Stroncando il fascistometro oggi Gramellini dice una cosa giusta: “Alle 65 voci del fascistometro bisognerebbe aggiungere la numero 66: «Scrivere un test per misurare il fascismo altrui»”. Ma anche sbagliata: anche qui di che stiamo parlando, che c’entra Murgia col fascismo? La colpa è semmai di avere adottato i tic, che scongiura, della sinistra dem. Il pamphlet aggiunge e non toglie ai vizi dei belli-e-buoni del villaggio. Soprattutto perché è ben scritto.
C’è poi, ripetuta, la messa in guardia contro la “ricostituzione della memoria”, del fascismo. Che è possibile, si fa in continuazione, è il proprio della storia (storiografia) – da ultimo per la guerra civile, 1943-1945 e dopo, da Claudio Pavone a Violante e Pansa. Ma fino a un certo punto. Non si revisionano le ideologie e gli atti – programmi, sovversioni, leggi, delitti.  La reazione in agguato è un brutto tic. 

Peggio con l’immigrazione dall’Africa, al centro del pamphlet, buona a prescindere. Che è sempre il vezzo coloniale, del missionario e del bravo colono, il socialista mandato a redimere Algeria e Somalia, dell’africano infante. Anche dopo che la Francia ci ha vinto due Mondiali, con questi bambini, forse altrettanto capricciosi, ma più veloci, e rapidi di riflessi.
Murgia non è sola, viene dopo la riedizione di Eco e Pasolini, nel filone del “fascismo eterno”, che evidentemente torna a vendere. Ma quelli parlavano di altro. Non della tratta dei migranti, perché questo oggi avviene, una nuova tratta dei neri. A opera per lo più di mafie nere. Per il resto, con tutte le buone intenzioni, basterebbe  guardarsi attorno. Soprattutto in rete e in tv, luoghi che Murgia frequenta. Ai ragazzotti presuntuosi di Grillo, ignoranti per lo più, e scansafatiche, che sono onorevoli, senatori e ministri, nonché sindache, e chiedersi: com’è stato possible che li abbiamo votati? Che un italiano su due abbia votato Di Maio o Salvini. Che tutto il Sud abbia votato Grillo – che non sa nemmeno il Sud dov’è e non se ne cura – e che l’iperleghista Salvini sia senatore eletto in Calabria. 
La democrazia è cambiata, questo sì. È influenzata non più da assemblee e programmi ma da media e big data. Da chi le spara più grosse, per semplificare. Non dal fascismo, dall’opposto – a meno di non dire la rete una squadraccia, uno schieramento di squadracce. Il fascismo non si vede, siamo liberissimi, ma purtroppo si vede qualcosa di peggio: la stupidità al potere. Nostra, del popolo. Anche se è pure vero che si vota come si compra al mercato, fra quello che si vede.
L’ironia sulla democrazia è invece pericolosa. Murgia vuole andare oltre le intemperanze dei nonni Eco e Pasolini, e scrive cose come: “Scrivo contro la democrazia perché è un sistema di governo irrimediabilmente difettoso”. Nella vena ironica verrebbe da obiettarle: “Perché ha consentito la straordinaria carriera politica del tuo editore Berlusconi?” Ma lei non è in vena: “La verità è che è il peggiore e basta”, il sistema di governo democratico, non Berlusconi, “ma è sempre difficile dirlo apertamente”. Come no, si è sempre detto, dai tempi di Atene e degli oligarchi, quindi da 2.500 anni fa: come sistema di governo (governabilità) la democrazia è inefficiente, va sempre corretta, ma è l’unico strumento che democratizza il potere.

È invece vero che “manipolando gli strumenti democratici si può rendere fascista un intero Paese senza nemmeno pronunciare mai la parola fascismo”. Anzi, perché no, nel nome dell’antifascismo – Pasolini.  Ma questi “strumenti democratici” sono i media, di cui Murgia è reginetta. L’opinione pubblica, che si può considerare una disfunzione della democrazia, tanto è manipolabile - ma forse non è meglio di no?
L’uso disinvolto delle parole non è una buona cosa – si direbbe anche questo della sinistra che Murgia critica, per non dire di Grillo: si dà del fascista a chiunque dal 1968, prima che lei nascesse. Il suo impegnatissimo libello si affianca nelle pile in libreria con un romanzone storico (o fantasy, “Le nebbie di Avalon” è fantasy) che si avvale di questa fascetta della stessa Murgia: “Prima ancora che un romanzo è un atto di rivolta narrativa”. Tutto si può dire, ma up to a point. Ci sono limiti nelle cose, e di senso nelle parole.
Michela Murgia, Istruzioni per diventare fascisti, Einaudi, pp. 112 € 12

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