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mercoledì 27 febbraio 2019

C’era il Levante, tra intrighi e ardimenti

C’era il Levante, di intrighi e ardimenti
L’avventura estrema di un’avventuriera. Dalla vita eccentrica all’inversomile, testimone una Annemarie Schwarzenbach per una volta divertita nel racconto “Beni Zainab” della sua prima raccolta, 1933 - poi pubblicata postuma col titolo “La gabbia dei falconi”:  un ritratto vivace, come di una zia pazza, nel momento in cui “fonda” fuori Palmira una sua propria tribù di beduini, i Beni Zainab.
Il racconto è di un’avventura comica finita in tragedia. Che un’avventuriera francese nel Levante fa di se stessa, anni 1920-1930, delle lotte tra i servizi segreti francesi e inglesi per il dominio della regione, Egitto, Palestina, Siria, Iraq. Del matrimonio di comodo con un mussulmano per il capriccio di entrare alla Mecca nel pellegrinaggio. Di compiere un sacrilegio, niente di meno. Nel territorio allora impenetrabile del rigidissimo Ibn Saud, che stava costruendo il suo regno a partire da Gedda e la Mecca sulla base del fondamentalismo wahabita. Accusata a Gedda della morte del marito di comodo. Salvata dalla lapidazione, dopo una prigionia infetta durata dal 21 aprile al 25 giugno 1933,  all’ultimo momento utile, dall’ambasciatore francese Roger Maigret, al quale il libro è dedicato. Scritto l’anno dopo i fatti, “prigioniera a Parigi”, che dopo l’avventura saudita non la vuole più in Siria e non vuole ridarle la cittadinanza. Pubblicato nel 1947, quando Marga si è ristabilita in Francia e segue altri affari - morirà assassinata un anno dopo a Tangeri, da ignoti, sul suo yacht, a 55 anni sempre piacente.
Un racconto pieno di “cose utili”, ancora oggi. Gli intrighi europei, tra baronesse e militari, per il controllo del Levante. Il matrimonio mussulmano. L’harem - una vita sciocca e meschina, povera. Il wahabismo – il fondamentalismo saudita. Il moderato rinnovamento avviato da Saud. La reggia con mobili scompagnati da rigattiere e fili elettrici pendenti – erano pendenti ancora nei tardi 1970 in albergo a Riad, la capitale che non aveva alberghi, un appartamento appena intonacato sopra un magazzino, nel quale bisognava entrare dalla terrazza perché la porta era bloccata dalla serratura rotta. La colonizzazione ebraica, che ha già fatto un giardino della Palestina desertica. Il mercato degli schiavi neri a Gedda – nei tardi 1970 erano neri i soli manovali al lavoro a Gedda, a erigere muri, a bitumare le strade. Con una presenza ancora distinguibile dell’Italia: il Banco di Roma a Gerusalemme, la nave “Dandolo” da Suez a Gedda, il direttore delle saline di Massaua, profetico, o solo esperto, su cosa l’aspetta a Gedda.
Un racconto subito e volutamente capriccioso, nel ritmo, nelle cose, nei punti di vista. Arrivata in Siria dal Cairo, Marga è considerata dai connazionali francesi, che controllano quella parte del Levante, una spia inglese. Tra baronesse e ufficiali di Sua Maestà, di cui è l’amica e, lascia intendere, qualcosa di più. Una fedelissima dell’Action française, al punto da non essere ammessa in chiesa alla comunione del figlio. Marga è infatti madre, di almeno due figli, e moglie, del conte d’Andurain – di suo fa Jeanne Clérisse, francese di Bayonne, paesi baschi, detta “Marga” dalle Orsoline in collegio. Una foto la mostra longilinea, mora, di eleganza stravagante. Il risvolto la dice sempre in fuga, già a quindici anni con un ufficiale. A diciassette, nel 1910, le biografie la dicono sposa del biscugino Pierre d’Andurain, ricco e ecccntrico – che risposerà in chiesa dopo un divorzio per finta e il matrimonio “passaporto” . In Argentina faranno gli allevatori di cavalli, così raccontano. Al Cairo, siamo nel dopoguerra, 1925, aprono un salone di bellezza, “Mary Stuart”. In Siria, un paio d’anni dopo, rilevano un albergo, lo ribattezzano “Zenobia”, la regina di Palmira, e ne fanno un must per turisti intellettuali. Per i locali Marga diventa “la castellana di Palmira”, nonché signora del “deserto siriano, che percorre continuamente, comprando cavalli, prestando denaro”.
È a Palmira, forse per la noia, che decide di intrufolarsi nel pellegrinaggio alla Mecca. Oltre che di costituire una propria tribù di beduini – per incamerare le rendite che il governo francese paga ai beduini per sedentarizzarli. Un’originale alla ricerca dell’originalità, di molti precetti, morali e legali, ma senza scrupoli. 
Il romanzesco è in ogni piega, anche minima, anche di questo racconto del pellegrinaggio. Sul modello, questo riconosciuto, di Gertrude Bell, la prima donna laureata di Oxford, archeologa, scrittrice, politica e agente segreto di Sua Maestà in supporto a Lawrence d’Arabia, la “madre dell’Iraq”, il regno che creò per la dinastria hascemita, scacciata dall’Arabia, disegnandone anche il territorio, col compasso e il righello.

Marga d’Andurain, Il marito passaporto, Fandango, pp. 329 € 17,50

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