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martedì 26 febbraio 2019

Pirandello a Vigata, classista


Un racconto pirandelliano, la vena forse più corriva di Camilleri – oltre alle due più note, di Montalbano e dei romanzetti “di costume”. Di una vendetta consumata fredda, come vuole la frase fatta, ma insoddisfacente benché riuscita, e terribile. Filmato dal regista del “Barlume”. Quindi molto caratterizzato, di personaggi a una dimensione, esagerata. Ma qui bilanciato, la ricerca dell’effetto è contenuta.
Una programmazione fuori del consueto per Rai 1, tra soft porn, accentuando il lato sexy che Camilleri non disdegna, e vendette private. Che il pubblico apprezza, poiché ha seguito in massa il film.
Un curioso classismo dell’iperprogressista Camilleri il film evidenzia rispetto al racconto: i ricchi, o nullafacenti, sono buoni, i poveri cattivi. Il circolo dei nobili è di personaggi vacui ma simpatici. I marchesi Peluso non sono arroganti né stupidi – lo sono, ma non nell’equilibrio del racconto. Razzista è la loro serva cuoca, che non vuole in cucina “’sta pezza nigura”, la cuoca nera che il Peluso emigrato si porta dall’America. I contadini del marchese, marito e moglie, si prostituiscono con grazia, per mettere a frutto la sua mania dell’erede maschio.  
Roan Johnson, La stagione della caccia. C’era un volta Vigata

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