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La stanza vuota del golden power
Domani dunque i messi di Orcel hanno infine ottenuto udienza al
ministero del Tesoro sulla questione golden power opposta all’acquisizione
di Bpm. Vedranno Stefano di Stefano, che non conta nulla, non ha neanche nominato
i “giurati” del golden power, tutta gente della Lega, e della
questione ha letto, come tutti, sui giornali.
La questione è come dice il ministro Giorgetti: si è decisa a palazzo
Chigi. È qui infatti che ha sede l’apposito Ufficio golden power.
È diretto da Bernardo Argiolas, un avvocato cinquantenne, con un master dieci anni
fa alla Luiss, da cinque capo dell’Ufficio, nominato dal Conte I, per conto di
Salvini. Solo lui sa perché e per chi ha deciso quello che ha deciso – ha fatto
decidere all’apposito comitato, da lui creato e poi dismesso.
Di Stefano c’entra indirettamente: è l’interlocutore dell’attivazione Ue
sulla questione golden power, perché tiene per il Tesoro i rapporti con l’Unione
europea e gli altri organismi internazionali. E la Ue da qualche giorno mette
in guardia contro gli abusi del golden power. Ma non sul caso Unicredit-Bpm.
Si attiva su una bega tedesca-tedesca, nella quale un gruppo di private
equity, Triton Partners, si fa forte del golden power italiano.
Pur non avendo attività in Italia.
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