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giovedì 21 luglio 2016

Il bianco frustrato di Trump

Quando il bianco diventerà un “colore” come gli altri? Fra non molto, due generazioni, la demografia è scienza esatta - 2055 è la data: i bianchi saranno negli Usa minoranza.
È una delle ragioni dietro l’incredibile Trump, l’incredibile successo del miliardario oltranzista. L’altra è la frustrazione, ormai alla seconda generazione, dei lavoratori bianchi. Non dei lumpen del Sud, i bianchi à pois dei romanzi di Faulkner, che non contavano e non contano, ma della aristocrazia operaia del Nord, ormai a tutti gli effetti ex, non più garantita: disoccupata o precaria.
È un aspetto che lo stesso Obama aveva spiegato nella sua prima campagna elettorale otto anni fa, a un incontro con i ricchi sottoscrittori del partito Democratico: “I posti di lavoro sono scomparsi da venticinque anni e  niente li ha sostituiti”, ha detto dei lavoratori delle piccole città del Mid-West, ma lo sguardo è più ampio: “Non sorprende che siano amareggiati, attaccati alle armi o alla religione, o all’antipatia contro chi non è nella loro situazione, o a sentimenti anti-immigranti o anti-commercio internazionale, per spiegare la loro frustrazione”. Obama ha moltiplicato l’occupazione (la disoccupazione è ai limiti fisiologici), ma non la soddisfazione.  
Il risentimento, a lungo tenuto a bassa frequenza dall’American Dream, è ora matter-of-fact, un dato della vita: la classe media è sempre meno bianca, le opportunità dei bianchi sempre più ristrette, di numero e qualità. E i bianchi sono sempre meno.

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