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martedì 23 aprile 2019

La domatrice delle tribù, alla nascita del nazionalismo arabo


“Le tribù della Mesopotamia”, uno dei paper  per il manuale “The Arabs in Mesopotamia”, a uso dei funzionari inglesi, sulle tribù irachene, all’ingrosso e al dettaglio, è quello che ci manca per la Libia di oggi. Anche per l’Iraq dopo la guerra a Saddam Hussein. Dettagliato, tribù per tribù, fattuale, realistico e acuto, come tutti i suoi scritti, preciso nei riferimenti, tutti veritieri e non inventati  - come T.E.Lawrence ha voluto dire di molti suoi scritti. Ancora oggi valido per l’Iraq, nella professione sunnita o sciita dei vari gruppi tribali. “I Sabei” altro capitolo a seguire, è valido e utile ancora oggi. Ma, soprattutto, sull’un tema e sull’altro, le tribù e i Sabei, nulla si sa oggi, un secolo dopo, più di quanto sapeva Gertrude, anzi non se ne sa nulla: l’Europa ha da tempo finito di scoprire il mondo, anzi in questo come in tutto il vasto mondo delle conoscenzse si pensa “nata imparata”.
Segue, in questa antologia, la “Review of the civil administration of Mesopotamia”. Come l’Iraq fu ricostruito dopo la liberazione dai turchi nel 1917. Quello che non è stato fatto, nemmeno tentato, in Iraq dopo l’abbattimento di Saddam Hussein – in Libia dopo Gheddafi: ricostruzione materiale, ricostituzione dell’amministrazione, eliminando la corruzione endemica, quindi con un guadagno, del fisco, della sanità, della scuola, delle forze di sicurezza, creazione di uno Stato unitario. Proprio così: in pochi mesi, ascoltando a facendo valere le intenzioni di tutte le tribù, una per una, un referendum vero, per una creazione nuova per loro, uno Stato. Con un re a capo – un re straniero, eletto: un miracolo. Nel mezzo avendo superato un  jihad, anti-britannico, anti-europeo, in tutto l’Iraq. Nel 1919 la produzione era quattro volte quella sotto amministrazione ottomana prima della guerra, le entrate fiscali dieci volte.
Gertrude Bell non ha la fama di T.E.Lawrence – non ha avuto un “creatore” analogo, il giornalista Lowell Thomas, che gli costruì una vita da eroe vivente, e lo propagandò in tutto il mondo. Ma con lui ha condiviso l’Ufficio arabo al Cairo dal 1915 in poi, per indurre gli arabi alla guerra contro i turchi. La mente vera della sollevazione araba, 1915-1917, e di Londra nel mondo arabo dopo la fine della guerra, che a differenza di Lawrence seppe portare sulla scena internazionale. In un percorso meno eroicizzante ma solido e di senso politico - che sarebbe stato molto più produttivo di quello che poi è stato se fosse stato seguito ovunque alla dissoluzione dell’impero ottomano. Lawrence non protesse e non difese a Versailles il principe Feisal, al seguito del quale aveva fatto la cavalcata liberatoria in Siria: la Siria fu passata alla Francia, Feisal fu lasciato solo in albergo, con la sola assistenza di Gertrude Bell, che invece ne farà il re, eletto, dell’Iraq, il primo Stato arabo indipendente, uno appositamente costruito per abituare gli arabi alla concezione dello Stato e all’indipendenza, gli arabi dell’area più tribale – insieme a quella libica.
Si dice Gertrude Bell perché è stata un personaggio eccezionale. Ma era la Gran Bretagna allora ad avere un occhio coloniale moderno: aperto, costruttivo, conciliatorio (la storia del colonialismo non è univoca, andrà rifatta). Era ancora il tempo in cui l’imperialismo poteva essere liberatore. Nella jihad del 1920 del futuro Iraq Londra – cioè Churchill, ministro dele Colonie - mandò a Baghdad un paleo colonialista, A.T.Wilson, che con le maniere forti stroncò il fenomeno. Ma già a fine anno lo sostituiva col vecchio governatore Percy Cox, di cui Gertrude Belle era aiuto e mentore. E in pochi mesi si ebbe un regno, costituzionale, con un parlamento e un governo.
L’antologia ha qualche testo utile di G. Bell, ma è è di fatto una sorta di autobiografia, che Georgina Howell ha costruito con gli scritti e, soprattutto, con le lettere della sua eroina. La parola non è un’esagerazione. Benché protetta dalla fortuna familiare, di grandi industriali metallurgici, Gertrude fece tutto da sola: laureata a Oxford nel 1888, a vent’anni, viaggiatrice un paio di volte in giro per il mondo, poi in Persia e nel deserto, siriano e arabico, con carovane da lei organizzate e gestite – “Gli scritti della regina del deserto” è il sottotitolo -, scalatrice dei quattromila delle Alpi, compreso il Cervino, o allora di vie non praticate, sette cime vergini in due settimane, con alcune “prime” ancora negli annali, scrittrice, archeologa, fotografa, la migliore arabista della sua epoca, innamorata infelice almeno un paio di volte, specialmente la seconda, poco meno che cinquantenne, femminista anti-femminista, infine letteralmente creatrice dell’Iraq, dalla politica tribale all’archeologia, fondatrice e curatrice del museo di Baghdad (quello dal quale 15 mila pezzi saranno rubati nel 2003), prima di morire nel 1926. Una biografia dal vero che sembra un romanzo. Qualche volta depressa, ma sempre combattiva, minuta, 1,64, e femminile, occhi verdi, capelli ramati, curata anche nel Quarto Vuoto, ma agile, attenta, studiosa, una forte mente politica in un mondo tutto maschile, non solo quello arabo – dagli arabi anzi per questo ammirata, e sempre onorata. Al culmine dell’età degli esploratori, barbuti e incontestabili, una donna. Intraprendente e informata, più che presuntiva. Intelligente. Costruttiva.
Gertrude Bell, A woman in Arabia, Penguin Classics, pp. XLV + 272 € 9,80

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