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martedì 21 ottobre 2025

Letture - 593

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Bugia – "La bugia è un boomerang che non perdona” – Goliarda Sapienza, “Taccuini”, 22 gennaio 1990 (inediti, cit. da Angelo Pellegrino, “Ritratto di Goliarda Sapienza”, in appendice a G. Sapienza, “L’arte della gioia”, Einaudi, p. 557).
 
Ciclopi – “Occhi rotondi”: Savinio ne ricorda l’etimo in “Capri”, 17.
 
Coerenza - “Parola utopica a tutto tondo che già negli anni ’40-50 rappresentava una delle tante bugie ideologiche o certezze dogmatiche in nome delle quali innumerevoli lutti, crimini, dolori, ecc. hanno potuto essere perpetrati impunemente” – Goliarda Sapienza, “Taccuini”, 22 gennaio 1990 (inediti, citati da A. Pellegrino, “Ritratto di Goliarda Sapienza”).
 
Faraglioni – “Faraglioni non è il nome particolare dei due celebri scogli che emergono presso la costa sud di Capri: è un termine marinaresco. Faraglioni pure chiamano in Sicilia i grandi scogli che sorgono davanti Aci Castello” -A. Savinio, “Capri”, 67.
 
San Francesco – È tornato (di moda). Non col papa defunto, con la reintroduzione del giorno festivo. uelo che magnifica la povertà. Le rivisitazioni del santo si rincorrono, un po’ come anticipatore della green economy, un po’ come santo che rivaluta la povertà. Cazzullo, “Francesco, il primo italiano”, a capo di tutte le classifiche, romanzi compresi (naturalmente dietro il romance, della scrittrice sarda “Hazel Riley”, e l’obbligatorio, benché noioso, Dan Brown), Barbero, il vecchio Chesterston (e il vecchio Bargellini?) – in attesa di rivalutare infine anche Chiara Frugoni, che ne sapeva più di tutti?
 
Italia – “«L’Italia era coraggiosa, romanzesca, spirituale, generosa. Inoltre, si poteva trovare in essa tutte le bizzarrie di cui i sensi imperiosi e indigenti hanno bisogno per essere appagati o eccitati. Tutta la giovinezza dell’Italia si svolge senza piani, senza progetti, senza seguito, senza alcun controllo. Tutte le sue azioni avevano un carattere di frivolezza, mancanza di riflessione, corruzione, astuzia. L’Italia! Vorrei fare in questo libro il ritratto di una passione”, annotava Jean Giono del suo “Il disastro di Pavia” – “1525: la sconfitta di Francesco I in Italia”: “Passione politica, certo, ma prima di tutto passione”.
 
Leopardi – Fu anche comico - stroncatore, p.es., nei “Pensieri”, al XX: “Se avessi l’ingegno del Cervantes, io farei un libro per purgare, come egli la Spagna dall’imitazione de’ cavalieri erranti, cosí io l’Italia, anzi il mondo incivilito, da un vizio… non meno crudele… Parlo del vizio di leggere o di recitare ad altri i componimenti propri, (che) oggi, che il comporre è di tutti, e che la cosa più difficile è il trovare uno che non sia autore, è divenuto un flagello, una calamità pubblica, una nuova tribolazione della vita umana”. 
 
Letteratura impossibile – Ci sono romanzi “impossibili”, spiegava Nabokov nella postfazione alla prima edizione di “Lolita”, dopo una serie di rifiuti da molti editori: “Esistono almeno tre temi assolutamente tabù per quanto concerne la maggior parte degli editori americani”, scriveva spiegando la vicenda editoriale di “Lolita”, il suo primo romanzo americano (scritto in inglese), sulla pedofilia. “Gli altri due sono: un matrimonio tra negro e bianca o negra e bianco che sia completamente e luminosamente fortunato e dia luogo a un gran numero di figli e di nipoti; e l’ateo completo che conduce un’esistenza serena ed utile, e muore nel sonno all’età di centosei anni”.  Scriveva nel 1952. Oggi quei romanzi sono possibili, e anzi “hanno mercato”. Ma quel linguaggio non è più possibile, da tempo. 
 
Modesta – Alla protagonista de “L’arte della gioia” Goliarda Sapienza ha dato il nome di Modesta Maselli, pittrice, sorella di Citto Maselli, marito di Goliarda – “una figura femminile da lei un tempo amata”, secondo Angelo Pellegrino, “Ritratto di Goliarda Sapienza” (del “passaporto sottratto alla sorella di Maselli, che molto le somigliava”, la scrittrice si è anche servita per provare a vendere i gioielli sottratti a un’amica – nella farlocca vicenda messa su per “provare” il carcere, la vita da reclusa.
 
Noia – Segno di distinzione  - dal Settecento fino al secondo Novecento - in ambito intellettuale? Lucia Berlin, nel racconto “Andado”, al centro della raccolta “Sera in paradiso”, la rileva raccontando la sua vita agiata a Santiago del Cile dopo la guerra, e si chiede il perché. “Perché è segno di raffinatezza essere annoiati?”, si chiede del bello della compagnia, “altero, sdegnoso in tweed inglese”: “Viaggiatori eleganti e amanti del teatro affettano lo stesso corrucciato aspetto di noia. Perché non dire: «Il viaggio? una meraviglia! Bellissima rappresentazione!»”.
 
Platone - È venuto in gran voga, all’improvviso, quale araldo dell’amore: Matteo Nucci, “Platone. Una storia d’amore”. Pietro Del Soldà, “Amore e libertà”, Massimo Gramellini, “L’amore è il perché”.
 
Russia
– “Per me diventa sempre più chiaro che la Russia è la mia patria – tutto il resto è paese straniero”. Rilke lo scrisse nella foia per Lou Salomé, che gliel’ha fatta scoprire, la Russia dopo la sessualità a letto, in due lunghe immersioni, nel 1899 e nel 1900. Ma non si smentì a mente fredda – sempre legato a Leonid Pasternak, il padre pittore, nonché a Boris, e a Marina Cvetaeva soprattutto. E per i mesi terminali volle a segretaria e confidente una giovane russa, Genija Černosvitova.
 
“Sciti giganteschi e fulvi” trova Savinio a Capri, alla Marina Piccola, nel 1926, che “usano troneggiare  nell’acqua assieme con le loro donne non meno fulve e gigantesche” – i russi mezzo emigrati e mezzo no, come Gorki’j (che allora si era spostato a Sorrento).
 
Suicidio
– Un’“azione vitale” Goliarda Sapienza lo fa dire al (suo) analista (Ignazio Majore) ne “Il filo di mezzogiorno” – il romanzo di qualcuno che “muore perché ha vissuto”: “Ci sono suicidi veri e suicidi, come è stato il suo, che non sono altro che un’azione vitale, un gesto per uscire fuori da una morte lenta o da una situazione difficile. Cerchi di ricordare: lei non voleva morire, voleva solo cambiare”.
 
Telemaco
- L’eroe dell’ “Odissea” lo vuole Piero Boitani. Il “vero eroe”, non solo perché il poema si occupa esclusivamente di lui nei primi quattro canti, la “Telemachia”, ma di più perché la sua è la narrazione di come nasce un eroe, e il suo viaggio alla ricerca del padre è un vero viaggio di ricerca e di scoperta – il viaggio di Ulisse non è quello di Dante, oltre le colonne d’Ercole della conoscenza, ma un viaggio di ritorno, tra nostalgie e amnesie, solo accidentato, e di un personaggio non eroico, anzi poco volitivo, piuttosto anzi passivo. Ne ha trattato ne “Il grande racconto di Ulisse”, ne parla, in sintesi, e con più nettezza, sul “Sole 24 Ore Domenica”.

Specialista di Letterature Comparate, e di Odisseo-Ulisse, autore anche, prima de “Il grande racconto”, di un “Miti. Ulisse fonda l’Occidente”, Boitani vede da ultimo nell’“Odissea” una “metafora della vita”, e nella “Telemachia” il racconto di una ricerca, benché condita delle solite casualità, occorrenze impreviste.
La “Telemachia”, se non l’“Odissea”, come primo “romanzo di formazione”, nella ricerca di un sentiero nella vita?
 
Ulisse
- “Eroe di sopportazione”, lo ricorda Savinio (“Capri”, 13), citando Omero, “i canti iniziali, del viaggio di Telemaco”.

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