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domenica 9 novembre 2025

Letture - 595

letterautore


Bloomsbury – È Bloumbsburry nell’argotico francese di Céline, “Londra”, la pronuncia più corriva per un latino, e più condona al “parlato” dello scrittore – altrove detto correttamente Bloomsbury, ma è uno dei quartieri dove la “feccia” della narrazione si sviluppa.
 
Bovary all’opera – “Madame Bovary e l’opera italiana” è un seminario, della serie “Drama Queens”, annunciato dalla “New York Review of Books” con Daniel Mendelssohn, per una sessione di tre sedute dal 7 gennaio. Si parlerà di “Lucia di Lamermoor”, “La Traviata”, “Madame Butterfly”, e di “Madame Bovary” di Guido Pannain, 1955.
 
Carciofi fritti – In uso a Roma in alternativa a quelli “alla romana”, avevano fatto gola a Colette. Lo scopre Giuseppe Scaraffia (“Sole 24Ore Domenica” del 12 novembre) alla mostra parigina “Le mondes de Colette”. Era a Roma durante la prima guerra mondiale per scrivere corrispondenze giornalistiche, e vi aveva conosciuto D’Annunzio -  di cui poi ha tenuto “sempre sulla sua scrivania” la foto con dedica: “Una volta chiarito che non era disposta a cedere alla sua corte, lo scrittore si era trasformato in una perfetta guida della capitale, di cui Colette aveva molto apprezzato i carciofi fritti”. Il vate dei carciofi?
Sono tornati “fritti” invece che “alla giudia”, come comunemente si chiamano, dopo Gaza?
 
Graal Un residuo dell’epoca delle reliquie, di quando si credeva alle reliquie. Prima Sacro Catino. Poi Calice di Antiochia, o coppa eucaristica dell’Ultima Cena, “resa leggendaria dai romanzi cavallereschi del Medio Evo”. Ora è la coppa col sangue di Cristo che Giuseppe d’Arimatea portò con sé quando sbarcò in Inghilterra – tenuta in custodia “in un centro benessere ispirato alle filosofie New Age”. Il filologo, “specialista di materia arturiana”, Claudio Lagomarsini sintetizza così sul “Sole 24 Ore Domenica” la sua storia “Come scoprire il Graal. Storie di cavalieri, occultisti, cercatori”.
Il Sacro Catino proveniva dalla cattedrale di Genova - attesta Jacopo da Varagine (da Varazze), l’arcivescovo della città famoso autore della “Legenda aurea”, la raccolta di vite dei santi, spesso spericolata - dove era arrivato alla fine del Duecento. Come reliquia prelevata in Terrasanta, bottino di guerra intorno al 1100: “I libri degli inglesi chiamano questo vaso Santo Graal”. Il vaso si è poi scoperto essere di vetro soffiato, forse del IV secolo.
Il “calice di Antiochia”, con la figura del Cristo, emerge nel 1910: “Acquistato da un antiquario siriano a New York, il manufatto è data al I secolo da Gustav Eisen, naturalista svedese massimo esperto di fichi” (vero).
Quanta letteratura su falsi.
 
Inglesi – “Sono strane mescolanze all’interno degli inglesi”, sbotta a un certo punto Céline, giovane mutilato di guerra del 1914 inviato in vacanza - in missione - a Londra, nel racconto “Londra” che ora si pubblica: “Shakespeare è così”. Così come? “Pioggia o no, sono felici di aspettare gli inglesi. Farebbero non importa che per il loro piacere anzitutto quelle persone, ma tristemente…Guerra o pace, gli inglesi amavano la fila, il teatro, se ne abbuffavano, kaki del fronte, della caserma accanto, prendevano spesso fino a tre rappresentazioni dello stesso, in fila, e dodici tè al limone durante, sempre senza parlare. Si votavano al piacere, alla ruminazione e alla morte. Shakespeare lui è così”.
 
Marx – C’è Marx nell’opera del (giovane?) Céline, “Londra. Nella persona del suo grande amico anarchico, un vecchio Borokrom, che è stato di tutte le rivoluzioni, ora sempre battagliero ma deluso: “Vedi, Ferdinando”, Céline si fa spiegare da Borokrom, “non c’è più niente da fare con gli uomini, non hanno più umiltà,… ciò che gli piace in Marx, ora te lo dico, è il gigante d’orgoglio, qualcosa come Victor Hugo ma allora da briccone, capisci, un romantico delirante con numeri e precisazioni. Triste!”.
 
Pasolini - Recensendo la raccolta degli articoli originali di Pasolini come pubblicati ora dal “Corriere della sera”, “Pasolini e il «Corriere della sera» 1960-1975”, Emanuele Trevi rileva che rieditando buona parte di questi articoli per i due volumi  “Scritti corsari” e “Lettere luterane”, “opportunamente rivisti e spesso scorciati”, o anche solo cambiando il titolo, quello del “pezzo” più famoso (“Io so”), che sul giornale era “Che cos’è questo golpe?”, in “Il romanzo delle stragi”, “Pasolini diede un esempio luminoso della sua lealtà verso i lettori”. Perché l’“io so” è contrappuntato in finale da: “Ma non ho le prove”. E “fuori dal romanzo”, chiosa Trevi, “oggi più che mai è necessario ricordarlo, il sapere privo di prove è ripugnante”.
 
L’idea di “Petrolio” sarebbe nata quando Piero Ottone invitò Pasolini a collaborare al “Corriere della sera”. È probabile: la Montedison, cioè Cefis, era la proprietà reale del “Corriere della sera” (stante l’impecuniosità della proprietà formale, di Giulia Maria Crespi), e la cosa era indigesta a Ottone e al sindacato dei giornalisti che lo sosteneva. Ottone si professava liberale ma era soprattutto uno snob, che disprezzava gli affari, quindi Montedison, quindi Cefis (pessima prova se ne ebbe qualche ano dopo, da presidente dell’Editoriale la Repubblica, di Formenton-Mondadori). Cefis si voleva, dai rivoluzionari dell’epoca, lui come altri imprenditori, Pesenti (Italcementi) o Monti (petrolio), il Grande Burattinaio che combatteva la “rivoluzione”, naturalmente d’accordo con i servizi segreti, e anzi voleva “i colonnelli” – è su questa base che proliferò il brigatismo. Facile associare questo Cefis agli eccessi di ogni tipo che Pasolini assommava nel “romanzone” – quello che faceva, in parallelo, al cinema col progetto di “trilogia della morte”: “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, “Porno-Teo-Kolossal”, e un titolo ancora da definire.
La persona di Montedison che si occupava del “Corriere”, come di ogni altro giornale, era Gioacchino Albanese, mitissimo direttore delle relazioni esterne, socialista. Cefis era stato un capitano dell’esercito, nel 1944 nella Resistenza, distintosi nella Repubblica dell’Ossola - Mattei, che era un politico, se l’era messo a fianco all’Eni per questo suo passato nella Resistenza bianca – queste cose allora non si potevano dire o sapere.
 
Dr. Spock – Maria, Marjorie e la narratrice, tre vicine di casa nel racconto-memoir di Lucia Berlin del suo primo matrimonio da adolescente ad Albuquerque (il racconto “Lead Street Albuquerque”, nella raccolta “Sera in paradiso”), nella casa di adobe in mezzo al nulla, tutt’e tre incinte, che poi avranno il bambino a distanza di uno o due giorni l’una dall’altra, passano il tempo bevendo tè ghiacciato “mentre ci leggevano a vicenda il Dr. Spock”. Il “Dr. Spock” è stato il manuale pratico per le giovani coppie al primo figlio, negli anni 1960-1970, quado si tendeva ad allontanarsi dalla famiglia, e quindi si rinunciava all’esperienza dei genitori.     

letterautore@antiit.eu

Calvino è un po’ Galileo

Non solo “il più grande scrittore della letteratura italiana di ogni secolo”, ma anche il genio combinatorio - e uno in grado di tenere testa all’Inquisizione. Maestro di Calvino non solo per la scrittura asciutta, giusto il necessario – l’exploit Galileo si produce in un secolo verboso come il Seicento, quello calviniano in un secolo ideologizzatto come il Nvecento (miriadi di libri illeggibili).
Un saggio in forma di recensione del “Galileo eretico” di Pietro Redondi. Già pubblicato su due pagine di “la Repubblica” il 13 ottobre 1983, è ripreso nella raccolta “Mondo scritto e non scritto”).
Italo Calvino, How They Got Galileo, “The New York Review”, 8 ottobre 1986, in libera lettura (disponibile in traduzione italiana)