domenica 2 novembre 2025
L’Italia gioca in difesa
Non ci sono molti calciatori italiani in giro per l'Europa, o non sono molto apprezzati, Mente ci sono molti allenatori, nel calcio che conta, Inghilterra e Spagna, e anche Francia, Dopo la famosa prima di Trapattoni al Bayern di Monaco, col suo fantatedesco.
Si vince al calcio con la lingua
Si vince al calcio nel Millennio con la lingua: o squadre inglesi, che pescano nel vastissimo
mondo dell’anglofonia, o squadre spagnole, che pescano in America latina. Si dice
che inglesi e spagnoli vincono per i soldi, ma i soldi sono ovunque, e altrove non vincono – vedi Commisso a Firenze, mentre il
Psg ha vinto, male, dopo un quarto di secolo di spese forsennate (fallendo con
enormi campioni, Neymar, Messi, Mbappé, etc,). La lingua condivisa rafforza lo
spogliatoio e dà sintonia alle squadre in campo.
In Italia gli innesti
stranieri sono stati a lungo limitati, del tempo in cui l’impero aglo-ispanico
non si era consolidato, e hanno agito come “innesti”, fuori serie: Platini, i tre olandesi, Cristiano Ronaldo (innesto
costosissimo non riuscito), e poi gli argentini, da Sivori a Maradona, Batistuta,
Higuaìn, Tevez, Dybala – ma qui per un’affinità sempre etno-linguistica.
Essere un autore non è essere un genio
È
un “romanzo” per dire che l’autore “non avrebbe scritto un romanzo” – e “in
fondo non voleva scriverlo”, non voleva dargli quell’importanza. In effetti
svagato, molto, a parte l’antipatia, si direbbe niente – divagazioni.
Elkann
vuole scrivere di Pound, poeta e antisemita, e non gli bastano le due donne, la
moglie Dorothy, madre del figlio Omar, e la compagna di una vita (Elkann dice
“l’amante”), madre della figlia Mary, che ne è la traduttrice in italiano e l’erede
sentimentale e letteraria, gliene inventa una terza, Vera – e forse una
quarta, Marcella. Vera è una cinquantenne dai capelli lunghi, ricca, avventurosa,
ebrea. Dopo aver simpatizzato, il muto Pound del tardo esilio a Venezia, con un
“amico siciliano”, Alfio, che si reca a Venezia a parlare lungamente col poeta,
poi se ne torna in Sicilia, e si uccide. Ma anche qui senza drammi: Pound si è
servito di Alfio a Venezia come “uomo dello schermo”, per sfuggire al controllo ferreo dell’“amante”
Olga, e ritrovare in albergo Vera.
Il
silenzio, dunque? Ci sono anche Beckett e la moglie al ristorante, “in albergo
in valle d’Aosta”, in silenzio. Ma nemmeno questo è. Il fulcro è un dialogo,
anzi due dialoghi. Uno con l’“amico siciliano”: E uno con l’amante giovane
“Vera”. Il primo è un dialogo tra un padre e un figlio. Il secondo tra un
amante attempato e l’amante giovane - quello che uno vorrebbe sentirsi dire in
tarda età, o solo si sogna.
Senza
simpatia per Pound, acculato all’antisemitismo. Ma senza capo né coda. Elkann
fa
i conti col proprio essere ebreo, come una rivendicazione di identità. E di
Pound muto non ha timore: “Il silenzio di Pound a Venezia non voleva dire che
si fosse pentito o che non avesse più niente da esprimere. Era l’ultimo capitolo
di un narcisismo sfrenato”. Può darsi, ma non vediamo come.
Di
fatto non è vero: Pound, semplicemente, non aveva più nulla da dire - non la
lasciato nemmeno un appuntino volante. E il silenzio, perché no, potrebbe anche
essere una maniera di proteggersi, dalla vergogna.
Il
silenzio è del genio. Tra esseri speciali che non parlano. È il silenzio, in realtà,
di Elkann, dell’autore. Dell’esilio a Londa. Al tempo del Covid. Con tre amici,
lontani. Sul tema del perché (non) si è un genio. Pound non è e non è stato
poeta di chiara fama: “Pound era invece l’artefice e la vittima della sua
storia”.
Pound
come una proiezione di sé, di quello che l’autore è, buon giocatore di tennis e
di scacchi?
Alain
Elkann, Il silenzio di Pound, Bompiani, pp. 158 € 15
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