zeulig
Dialettica - Il triangolo
dialettico non è ridicolo: sponda, controsponda, carambola. Qui siamo e qui
restiamo.
 
 Essere – È  divenire, certo, è in progress.
 Ciò che non è è ciò di cui non si può
dire. Lo dice Wittgenstein ma lo sapeva gia Parmenide, in Platone. Questo è il
paradosso dei paradossi, per chi si di-letta di logica, che non ha mai
inventato nulla, nemmeno nel senso di tro-vato. L’origine ama nascondersi.
L’ignoranza, meglio nasconderla.
 
 Marxismo
–
Era minato, ben prima del crollo del sovietismo, dagli stessi suoi seguaci ,
anche se eretici. La
filosofia della prassi di Gentile liberava il marxismo dalle incrostazioni,
naturalistiche, pa-leo materialiste, idealiste, e con Gramsci delineava il
marxismo migliore: la filosofia è
rivoluzione. Ma i risultati non hanno cessato di essere catastrofici, sia pure
sotto la specie fascista-sovietica: la filosofia del primato del divenire, o
della rivoluzione totale, si è rovesciata nel nichilismo.
 
 Anche perché, se il sovietismo si è dovuto
arrendere al mercato, al consumismo, il fascismo essenzialmente si è sconfitto,
per l’impazienza di Hitler. Dopo essere stato fenomeno mondiale, dice bene
Croce: “In tutto il mondo contemporaneo si è celebrato il Superuomo e il Duce”.
E dunque non si può liquidarlo. E non nel senso dell’irrompere nella storia dell’Anticristo,
il diavolo, il male assoluto, ma in senso storico: non è la barbarie dei pochi,
è la mostruosità di una cultura si vuole rivoluzionaria, radicalmente nuova,
antiborghese, irreligiosa, di massa. Alla fine del tempo non c’è la perfetta
società socialista, ma magnaccia e iene ridenti. 
  
 Nichilismo
-
Heidegger, intricandolo, l’annienta. Annienta il niente, dietro, sopra, sotto
di esso prospettando profondità e anzi abissi. Ma questa saracinesca tra l’io e
la vita, tra l’io e la verità, e la disarticolazione conseguente dell’io, hanno
radice filosofica? O non sono una vendetta della realtà sull’io factotum? Di
certo si radicano nel grasso. Il nichilismo viene con l’affluenza, là dove e
quando, per la prima volta nella storia, la borghesia ne è il motore, la creazione
della ricchezza. Il nichilismo è filosofia da sazietà. Quando la malattia e la
fame sono vinti, il filosofo e il poeta si guardano l’ombelico e si annoiano.
Pensano il pensiero del pensiero, la lingua della lingua, la poesia della
poesia. E gli gira la testa, se scopano si contano le pulsazioni. Si filosofa ora
nella brousse, negli Urali, e forse nel Gobi.
Il nichilismo è categoria reazionaria, l’abominio
dell’esistente, non innova, non libera, e non esplora. “Esser-là”
nell’esistenza, lo diceva Jean Paul per scherzo. Il
nichilismo d’autore suona falso. Per l’argomen-to da che pulpito la predica,
non del tutto volgare. Tale è la cura che la scrittura richiede, per creare, diffondere,
spiegare: non è roba da stanchi, o angosciati. Un professore universitario,
quali sono i filosofi oggi, ha poi impegni pratici doppi, con le fotocopiatrici
e le sessioni d’esame.
 
 Oggettivo – Il termine chiave del lessico marxiano, ora defunto ma dominante fino al
crollo  del sovietismo, sta per “destinale”,
“destino”? Nella lettura del marxista Canfora nel ciclo di conferenze tematiche
“Le parole della storia” (sul tema “libertà”, dopo “Risorgimento” e “fascismo”),
tenuto a Bari, riprodotta sul “Corriere della sera”. Indica l’insieme dei “«condizionamenti»
che stanno alla base di decisioni apparentemente «libere»”. Questo già nella
classicità,  quando l’articolazione della
società tra “liberi” e  “schiavi”
consentiva ai privilegiati, pochi secondo alcune scuole,per esempio gli stoici,
di essere “liberi” – “da vincoli, condizionamenti, bisogni fittizi, ambizioni,
etc.”. Per questo la libertà è “una faticosa marcia”, “un processo perenne che
non avrà mai fine pur essendo ineludibile e necessario”. Un pessimismo o messianismo
che Marx avrebbe sicuramente avversato: la libertà è qui e ora, a ogni istante
in ogni avversità, oggettiva oppure no. In uno stesso paesaggio ma con approccio
diverso – di azione e non di riflessione, di riflessione per l’azione.
 
 Verità - È “nelle sfumature”, spiega George Brandes a Nietzsche nella prima lettera
che gli scriveva: “Lei è molto
tedesco. Il suo spirito, di regola così brillante, sembra venire meno quando la
verità è nella sfumatura”.
  
 Si può essere bugiardi e dire
la verità.
La verità è che non c’è la
verità.
zeulig@antiit.eu
 
 

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