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Agnelli – “Non hanno lasciato
poi molto, come famiglia, all’Italia”, osserva Andrea Carandini, il padrone di
casa di Gianni Agnelli in piazza del Quirinale, parlando con Michele Masneri
sul “Foglio”: “Almeno Palazzo Grassi potevano lasciarlo a Venezia. Non c’è
molta etica protestante in quella famiglia”.
Commedia
all’italiana –
Finisce spesso con la morte. “Sono film che avrebbero potuto anche essere
drammatici” – il critico cinematografico Andra Minuz, autore con Andrea Nobile
della ricostruzione-evocazione de “I soliti ignoti”, che si decide abbia
avviato il genere, 1958: “Infatti, nonostante le risate, si muore sempre: si
muore ne ‘Il Vedovo’, nel ‘Sorpasso’, ne ‘La grande guerra’, e si muore anche
ne ‘I soliti ignoti’”.
Alberto Arbasino,
arbitrando nel 1977, nella sua trasmissione “Match!” sulla Rai 2, lo scontro
cui erano chiamati Monicelli e Moretti, osservava, anche per ravvivar e il poco
dialogo che c’era fra i due duellanti, che la commedia si sostituisce, nella rappresentazione
del carattere degli italiani, alla
sociologia e al romanzo.
Dolore – È di varia specie.
Si direbbe inesauribile, nella elencazione
che Guido Biasco ne fa presentando, nel 2014, la conferenza di U. Eco,
“Riflessioni sul dolore”, all’Asmepa di Bentivoglio, Bologna: “Il dolore del fisico e
il dolore dell’anima, il dolore percepito e il dolore provocato, la sofferenza
come viatico per la redenzione, il dolore desiderato, il dolore dell’amore perduto,
il compiacimento per il dolore altrui e il dolore per i propri difetti, la
raffigurazione del dolore e la descrizione del male, il dolore come generatore
di energie dello spirito, il dolore come strada per la conoscenza e il dolore
come mezzo di sopportazione, la cultura e il controllo dei sintomi” . che devono
essere affliggenti per gli ipocondriaci.
Hegel – Un “ciarlatano”
per Wagner, quando scoprì Schopenhauer: “Che cosa sono, dinnanzi a Schopenhauer,
quei ciarlatani tipo Hegel?” scriveva a Liszt il 16 dicembre 1854.
Jean Paul – Dario Borso, che
lo ha tradotto (“Il viaggio a Flätz”) ricorda sul “Robinson” che Carlo Dossi
“lo mise accanto a Shakespeare e subito dopo Omero. Kierkegaard amò tantissimo
Jean Paul e in particolare ‘Viaggio a Flätz’. Gadda provò a tradurlo ma poi
desistette. Italo Svevo nella ‘Coscienza di Zeno’
replicò ai limiti del plagio il finale di ‘Viaggio a Flätz’. Lo stesso Bobi
Blazen ne fu influenzato”.
Olio – È sinonimo di
purezza per sant’Agostino nei “Sermones”, dove paragona gli accidenti e le
passioni distruttive – “fame, guerra, carestia, morte, rapina e cupidigia” –
alla macina delle ulive: “Chi sopporterà con rassegnazione e perfino con gioia
il volere di Dio sortirà da questa terribile spremitura simile a olio lucente,
mentre chi si ribellerà non sarà che nera morchia”.
Pasolini – “Calvino è un
perfetto scrittore minore. Pasolini è un grande scrittore fallito”, è noto calembour
di Berardinelli, sul “Robinson” del 27 maGgio 2023. Meno noto è il seguito,
sul Pasolini poeta: “Trovo sia più poeta nelle Lettere luterane che
nelle Ceneri di Gramsci”. Giusto “la definizione che ne
diede Giovanni Raboni: Pasolini è sempre poeta fuorché quando scrive poesie”.
“Poeta civile da
situare accanto a Leopardi e Foscolo”, si appunta a mano a penna Moravia in un
foglietto pubblicato nel 2000 dal Fondo Moravia, in “Quaderni 2.0’0”. Un
appunto, non datato (e non ricalcolato dagli editori), probabilmente in morte
di Pasolini, per l’orazione funebre che poi Moravia terrà al funerale: “Poeta
civile che come i due succitati (Pascoli e Foscolo, nd.r.) esprime in maniera
elegiaca il suo dolore per la decadenza e la degradazione della sua patria.
Poesia civile dopo il Risorgimento sempre a destra e con influenza classica.
Con Pasolini abbiamo una poesia civile di sinistra mutuata dal decadentismo.
Esperienza decadente principalmente di Rimbaud. (usignolo della chiesa
cattolica) influenza di Machado.
“Ideologia di
sinistra populista – cristiana – marxista di Pasolini. Le borgate sono luoghi
in cui abitano i sottoproletari che sono come i protocristiani – delusione di
Pasolini – crollo delle sue speranze di fronte al consumismo delle borgate –
crollo dell’idea di una rivoluzione dal basso, comunista.
“Omosessualità di
Pasolini all’origine della sua «fissazione» culturale sulle borgate e sui
borgatari”.
Notevole
l’evocazione di Foscolo (che Gadda aborriva, ha scritto un libello contro),
trascurato del tutto nel secondo Novecento, per la parte retorica del
personaggio, nonché dell’opera. E del decadentismo (il Pasolini-Rimbaud non
sarà eco in Moravia della prima infatuazione di Elsa Morante, il “poeta
maledetto” Rimbaud non sembra proprio nelle corde di Moravia, sempre saggio).
Strade romane – “Facevano
sette volte il giro del mondo”. Così la rivista “Storica” del “National Geographic”
sintetizza “una mappa dettagliata e una serie di dati digitali pubblicati da un
team guidato da ricercatori dell’Università Autonoma di Barcellona e dall’archeologo
Tom Brughmans dell’Università di Aarhus (Danimarca)”, con una “cartografia
esaustiva che rivede e collega le prove archeologiche” - secondo gli autori, «include
qualsiasi percorso terrestre con una posizione verificata, ipotizzata o
ipotetica»”.
E così si può dire vero che “tutte le strade portano a Roma”. Lo studio
calcola che “l’Impero romano costruì circa 300.000 chilometri di strade, l’equivalente
di sette giri completi del pianeta Terra, una cifra che raddoppia le precedenti
stime sulla lunghezza della rete stradale romana”.
Wagner – “I testi wagneriani,
di per sé soli, non sono sempre eccelsi poeticamente e neppure linguisticamente,”
nota l’eccelso wagneriano Quirino Principe nel lungo saggio “Die Walkūre e il color
nero” che correda il programma di sala dell’allestimento a Santa Cecilia di “La
Valchiria”: “Ciò avviene per lo più dove la musica non c’è (recitativi e dialoghi
parlati) o non è intesa come funzione primaria. Nel pensiero musicale di
Wagner, e nel teatro d’opera che egli cominciò a realizzare quando aveva poco meno
di trent’anni, la parola, con o senza musica, agisce come attraverso vasi
comunicanti, ed ha una funzione secondaria, “orizzontale”. La musica, e non
soltanto attraverso i “Leitmotive”, in Wagner ha sempre una funzione
“verticale”, anche quando qualcuno (noi, per esempio) la troverebbe sciatta e
noiosa, come accade talvolta in ‘Die Feen’, nel ‘Liebesverbot’, in ‘Rienzi’” -
negli altri compositori ha una funzione “sghemba”?
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