domenica 17 agosto 2025
Ombre - 787
Non
sappiamo che cosa Meloni, e gli altri europei, si sono detti con Trump, a proposito
del vertice con Putin. Ma “la Repubblica” lo commenta aspramente con
Provenzano, una pagina – Provenzano, chi?
Caduta e ascesa del disoccupato Tano
Quando
tutto è perduto, col lavoro, il presente e anche i ricordi, una rinascita si ripropone.
Magari sotto una forma canina, di guardiano notturno di cani, che parlano con
la luna.
L’inventiva
narrativa – la disposizione teatrale – di Camilleri qui viene meno, per la traccia
corretta, del politicamente giusto. Ma l’aneddoto, non eccelso, viene sbalzato
con interesse – con tempi sapienti. Mentre si avverte già, era inevitabile, la stanchezza
per il “vigatese”, la “lingua” di molto Camilleri.
Uno
dei racconti post-Montalbano, raccolti dieci anni fa in “La guerra privata di
Samuele”.
Il
titolo è del romanzo di Corrado Avaro, 1939, il proto-romanzo del totalitarismo
dieci anni prima della “Fattoria degli animali”- probabilmente per caso, Camilleri,
fiero comunista, non avrebbe approvato il romanzo che Alvaro, per passare la censura,
dovette dichiarare di ambiente sovietico.
Andrea
Camilleri, L’uomo è forte, “la
Repubblica”, pp. 44, gratuito col quotidiano
sabato 16 agosto 2025
Il mondo com'è (484)
astolfo
Banine
–
A Parigi, durante l’Occupazione e dopo, Ernst Jünger ebbe una lunga relazione
con una scrittrice, Umm-el Banine Assadoulev, di origine azera, allora
quarantenne. Non si sa di che natura – se ne sa solo quello che Banine ne ha
scritto nei suoi libri (di cui almeno uno, “I miei giorni nel Caucaso”, le è
sopravvissuto e si traduce, anche in italiano).
Figlia di ricco petroliere dell’Azerbaigian, che fu anche ministro nella
breve vita della repubblica, tra la dissoluzione dell’impero ottomano e la trasformazione
dell’impero russo in sovietico, adottò il nome d’arte Banine. Molto in vista nei circoli parigini di
emigrati dal sovietismo, iperletterati come Bunin, Zinaida Gippius, Cvetaeva,
Bendjaev, Lev Sestov, ma accettata pure, per l’avvenenza e l’intraprendenza,
dall’intellettualità parigina. Si vuole che sia stato Malraux, allora giovane
avventuroso, a spingerla a pubblicare. Dopo la guerra, e dopo Jünger, assedierà
anche Montherlant – tradizionalmente refrattario agli incontri ravvicinati. Ma
soprattutto scriverà di Jünger. Come di un amore “assoluto”, ma non corrisposto.
A Jünger dedica ben tre libri: “Rencontres avec Ernst Jünger”, 1951, “Portrait
d’Ernst Jünger”, 1971, e “Ernst Jünger aux faces multiples”, 1989 (morirà quasi
novantenne tre anni dopo).
I
biografi di Jünger ne riconoscono il rapporto, ma in chiave quasi persecutoria,
da vergine folle. Allan Mitchell, nella monografia sullo Jünger negli anni parigini
dell’Occupazione, “The Devil’s Captain, Ernst Jünger in Nazi Paris 1941-1944”,
ne fa un rapporto di stima intellettuale. Per Heimo Schwilk, “Ernst Jünger. Una
vita lunga un secolo”, Banine, che incontra Jünger nel 1942, “è la chiave
giusta che apre le porte dei salotti intellettuali della città”. Ma non di più.
Se non che, involontariamente, fa conoscere a Jünger la sua amante parigina, la
pediatra Sophie Ravoux, 35 anni, sposata – e parte attiva della Resistenza…..:
“Tra i due si instaura, e quasi si scatena, un rapporto di natura intellettuale
e anche erotica: insieme scoprono il quartiere, frequentano i luoghi di divertimento,
e passano le notti in un appartamento segreto in rue de Bellechasse”.
I
toni delle lettere di Banine lasciano invece supporre una relazione non
propriamente amichevole.
Mitchell
ne utilizza due piuttosto esplicite. A luglio
del 1959: “Sono ancora la tua schiava? Ho paura che lo resterò per il resto della
mia vita, qualunque cosa accada, anche se altri uomini entreranno nella mia
vita, anche se mi risposassi… Questa schiavitù è la punizione per la mia non certo
irreprensibile condotta con altri uomini”. E il 2 ottobre: “Non ti chiedo se
sarai a Parigi in autunno, per non scocciarti, che tu sappia, però, che sono
sempre la tua schiava, pronta a raggiungerti in un gelido appartamento, a fare
ciò che vuoi, a soddisfare ogni tua fantasia”.
Nello stesso anno, pubblicando “Ho scelto
l’oppio”, per dire della “scoperta” di Dio nel cattolicesimo, abiurando l’islam,
qualche anno prima, nel 1956, non manca di legarsi a Jünger, in qualità di
vittima. Di un
“amore assurdo, impossibile, che
ha preso in me il posto del mito, della religione, della vita”. Il tormento – “Più che amore, fu idolatria. Ma gli idoli
non fanno soffrire i loro fedeli, il mio, invece, fu un carnefice… Sono
congelata nel profondo. Cerco una fuga – non la trovo – sbocco nell’urlo”.
Della
relazione resta pubblica la causa per diffamazione che Céline intentò contro la
pubblicazione in francese di “Irradiazioni”, il diario jüngeriano degli anni
parigini, perché Banine, traducendo il diario in francese nel 1951, aveva messo
al posto di Merline, lo pseudonimo che Jünger aveva inventato per il disprezzato
Céline, troppo antisemita, il nome vero. Jünger testimoniò al processo che
doveva essersi trattato di un semplice refuso, lui non aveva mai inteso
denigrare Céline.
Hiroshima
e Nagasaki - L’uso dell’atomica nel 1945 contro i civili ha implicato
molte personalità nella decisione, politiche e scientifiche, oltre che
militari. Nessuna obiezione all’uso dell’atomica, si discusse l’obiettivo. Un
Comitato Obiettivo (Target Committee) studiò varie ipotesi di bersaglio, tra
cui il palazzo dell’imperatore a Tokyo. Presto scartata fu l’opzione dimostrativa,
di esibire il potenziale dell’atomica su un sito deserto, un’isola disabitata –
opzione subito minoritaria, non se ne conosce nemmeno il proponente o i
proponenti. A maggio del 1945 un Interim Committee fu creato dal ministro della
Guerra Stimson col compito di consigliare il presidente Truman sull’uso migliore
della nuova arma. L’Interim Comimttee si avvalse di un comitato scientifico,
Scientific Panel, animato da Robert Oppenheimer, con la partecipazione di
Fermi, Arthur Compton e Ernest Lawrence. Tre mesi di analisi e studi e la
decisione di bombardare Hiroshima e Nagasaki, obiettivi unicamente civili, in
quanto città grandi ma non molto. Lo Scientific Panel fornirà anche, dopo il
bombardamento, un breve rapporto sul futuro dell’armamento nucleare, spiegando
che il potenziale distruttivo si sarebbe presto accreciuto (col passaggio
dall’atomica al nucleare) e consigliando, come unica forma effettiva di difesa,
la costituzione di un arsenale tale da “rendere la guerra impossibile”.
Lo
studio degli effetti distruttivi dell’esplosione non si fece prima. Singolarmente
assenti, nelle
carte note di questi Comitati, gli effetti della radioattività. Una commissione di studio
sugli effetti dell’atomica, dopo il bombardamento, formata a Washington da
Truman nell’ambito della National Academy of Sciences – National Research
Council, una sorta di Cnr americano, la Atomic Bomb Casualty Commission, decide
di occuparsene. Si dotò a Hiroshima di un enorme edificio-laboratorio, ma
lavorò poco. Era una commissione di ricerca e studio, che non forniva
assistenza medica, per questo avversata dai sopravvissuti e anche dalle autorità
giapponesi – è sopravvissuta a se stessa per trent’anni, avversata anche in patria
(succeduta nel 1975 da una commissione congiunta nippo-americana sugli effetti
delle radiazioni, Radiation Effects Research Foundation, a nessun risultato
pratico).
Nucleare
femminile – Anche il nucleare è stato, era, femminile. Era
inevitabile e la fisica sperimentale Angela Bracco, presidente della Società italiana
di Fisica, ne fa il quadro nella polemica
che ha avuto con Carlo Rovelli sul “Corriere della sera”, il 5 e il 14 agosto, a proposito di Fermi,
del suo ruolo nella fisica e nella vita civile. È “la chimica Ida Noddack”, la
chimica tedesca, “che nel 1934
suggerisce a Fermi, non ancora premio Nobel, che il nucleo si è spezzato in due…
Quell’idea richiedeva una dimostrazione in laboratorio che la Noddack non cercò
di realizzare, che avvenne solo alla fine del 1938 a Berlino da parte di Otto
Hahn e Fritz Strassman… Furono (poi) Lise Mettner, con il nipote Otto Robert Frisch, a interpretare correttamemte
questi risultati come fissione nucleare (nel 1939, n.d.r.), anche se solo Otto
Hhn ricevette successivamente il Premio Nobel”. Nel suo lungo intervento contro
Rovelli, Barcco illustra, senza dirlo, come la Germania fosse avanti nella
fissione nucleare, e quindi sui suoi impieghi, ma i suoi chimici e fisici non
fecero nulla per prospettarne l’uso bellico, e anzi evidentemente ne nascosero
con cura le applicazioni distruttive –giusto al cinema si è potuto ricostruire
avventurosamente (acqua pesante, Norvegia,
notturni, giganti della Resistenza) una caccia nazista fallita alla
Bomba.
Occitania
– “L’Occitania va dalla Catalogna alla provincia di
Cuneo”, Gianni Mura, “Giallo su giallo”, 138. E il cassoulet è il suo dio.
L’Occitanie ritorna, come una sorta di Terra Promessa, in alcune prose di Simone Weil, dispersa a Marsiglia, in attesa di
imbarcarsi per l’America. Come centro spirituale neogreco o magnogreco che la
violenza capetingia – assimilata all’Occupazione tedesca in corso – strangolò, agli inizi del secondo millennio. E
negli anni 1976 come una delle “lingue tagliate”, le lingue della minoranze,
conculcate da quelle nazionali, imposte a fini politici, di uniformità,
sottomissione. Singolarmente assente però dalle rivendicazioni catalane, pure
molto vaste – per non indispettire la Francia?
In tema cassoulet
wikipedia ha molte pagine, su come è e si può fare. Mura opina che ogni
città o anche paese ne faccia uno proprio, la sua esperienza di nomade del Tour
de France gli dice questo. Gli diceva, perché dopo vent’anni non se ne parla
(quasi) più.
Primicerio
– Matematico
in cattedra, sindaco anche di Firenze, la sua città, di cui si è annunciata la morte
a 85 anni, ebbe a 24 la possibilità di mediare la guerra in Vietnam. Dove si era
recato al seguito di Giorgio La Pira, l’ex sindaco di Firenze del dopoguerra,
il “sindaco santo”. Che aveva voluto e saputo raccogliere a Firenze buon numero
di teste pensanti e personalità politiche dell’allora Terzo Mondo, contrarie al
comunismo e all’imperialismo.
Le
tante “chiese” cattoliche del Vietnam illusero forse La Pira, sicuramente il
giovane Primicerio, che una pace fosse possibile. Col patrocinio di Fanfani,
che, giubilato da Aldo Moro dalla guida del centrosinistra con i socialisti (da
Fanfani costruito, da Moro avversato), era stato fatto ministro degli Esteri, e
in quanto tale presidente dell’Assemblea dell’Onu, carica formale senza responsabilità
politiche, per la sessione autunnale 1965. L’11 novembre 1965 La Pira veniva
ricevuto a Hanoi da Ho Chi Min, accompagnato dal ventiquattrenne Primicerio, e
la cosa sembrò fatta. Fanfani trasmise le impressioni di La Pira e Primicerio –
la disponibilità di Ho Chi Min a trattare anche senza il previo ritiro dei militari
americani dal Vietnam – al presidente americano Lyndon Johnson. Quando la cosa
si riseppe in Italia, il dileggio fu unanime.
La
vicenda è più nota per la “improvvida iniziativa di un familiare” – un familiare
di Fanfani – che la suggellò, nel ridicolo. La moglie di Fanfani, Maria Rosa,
pensò di rilanciare La Pira con una intervista a Gianna Preda, grande firma del
“Borghese”, il settimanale (allora) neofascista. Il “sindaco santo” parlò come
faceva, di un mondo tutto suo: il ministro degli Esteri americano “non sa
niente, non capisce niente”, Nenni è “estinto”, Moro “molle”, il futuro un monocolore
Fanfani “appoggiato da tutti”, missini e comunisti. Non una cosa seria, ma l’intervista
era stata fatta a casa di Fanfani. Fanfani lamentò la “improvvida iniziativa” e
si dimise – per due mesi, fino al previsto rimpasto di Moro, dovette lasciare
la Farnesina.
Stephen
Storace – Un anglo-napoletano del Settecento. Musicista inglese,
nato a Londra da padre di Torre Annunziata, Stefano Storace, contrabassista, che
poi lo farà studiare a Napoli, al conservatorio di Sant’Onofrio, nonché
direttore dei Vauxhall Gardens, e da Elizabeth Trusler, figlia del proprietario
dei Marylebone Gardens. Fratello di Anna “Nancy” Storace, la soprano forse più
famosa dei suoi anni. Bruttarello, specie al confronto con la sorella. Visse poco, 33 anni, tra il 1762 e il 1796, e non se ne sa
molto, se non che musicò una decina di opere che non si eseguono, su libretto di
James Cobb, una di Lorenzo Da Ponte, e si suppone anche con materiali di Metastasio.
E che fu attivo pure a Vienna attorno al 1784, quando organizzò una festa per
Haydn, con l’esecuzione di alcuni dei quartetti di Mozart dedicati a Haydn, con
lo stesso Haydn al primo violino, e Mozart alla viola.
astolfo@antiit.eu
Giallo Chandler, resuscitato
Bandi,
microbiologo alla Statale, debutta a sessant’anni con un calco di Raymond
Chandler –vittorioso al premio Tedeschi 2025 (ex aequo con Daniele Pisani, “L’ombra delle due colonne”). Non c’è
Marlowe, c’è uno Slaytor, che però è il suo gemello, solo un po’ meno lagnoso. C’è
Los Angeles, in dettaglio – così sembra, si opina. C’è la borghesia bene di Los
Angeles - qui l’Università di California. E c’è, forse, un caso di pedofilia –
o di lolitismo?
Dà
subito l’idea del calco, lento, quasi svogliato. Ma subito prende ritmo. E
dolenza - l’afflizione caratteristica di Chandler, più che malvagità: Chandler
non avrebbe difficoltà a fare suo il racconto.
Resta
il sapore di falso che hanno queste location
esotiche, per quanto classiche. Da narrazione “internazionale” senza anima,
alla Baricco. O come già il primo Scerbanenco, che a Milano preferiva una
ignota e insipida Boston. Questa Los Angeles un po’ le somiglia, giusto un conglomerato
di avenue, boulevard e street, ammesso che corrispondano al
vero – somiglia alla “immagine” di LA.
Claudio
Bandi, La città e l’abisso, Il
Giallo Mondadori, pp. 223 € 7,50
venerdì 15 agosto 2025
L’Occidente non esiste senza Trump - 2
L’“Economist” decreta con Trump “la
fine dell’America”, nientedimeno – saranno gli americani a pagare i suoi dazi
eccetera. E, quasi, un altro passo verso la “fine dell’America”. Di fatto, in
economia Trump ha solo successi: nel secondo trimestre più 3 per cento (la Ue
solo 0,1). Per l’enorme crescita degli investimenti – generata dai dazi. Senza
inflazione. E non ha incassato il dividendo Federal Reserve, la riduzione dei tassi
che era già scontata per giugno, e forse ancora prima, per aprile. Ha anche ottenuto
un dollaro indebolito, per facilitare le esportazioni. Senza minare la fiducia nei Treasury, nel debito americano (dopo uno sbandamento iniziale, ma di carattere speculativo). E dazi su misura con
Giappone, Europa, e prossimamente la Cina.
Non ha ottenuto i risultati promessi
in politica estera, la fine delle guerre. Non poteva, ma è ancora in corsa. E
bizzarramente è la sole voce “occidentale” che ancora pesa negli affari
internazionali, in Medio Oriente come in Europa orientale, l’Europa confermandosi
imbelle, se non in fatto di buona volontà – che è tanta, ma senza idee, progetti,
proposte, forza contrattuale, e un po’ è ridicola.
Il vertice oggi con Putin nell’ez
Alaska russa non risolverà naturalmente il conflitto in Ucraina, ma il fine
principale della riunione forse sì: portare la forza militare della Russia dal
lato occidentale, comunque non schierata, non in supporto della Cina. Che è la
vera potenza mondiale, con la quale gli Stati Uniti, già prima e anche dopo
Trump, sanno di doversi confrontare.
P.s. - È curioso il tono dei Grandi
Corrispondenti italiani che trattano Trump come una volta gli agrari i commercianti,
specie se ricchi (il genere “Gattopardo”), il “tycoon”, arricciando il naso.
Anche se ha vinto, da solo, due elezioni. E poi, non vale anche per lui come
diceva Fo, “un conte è un conte, anche se nudo è il conte”? Trump è il
presidente degli Stati Uniti.
La coscienza sporca dell’atomica
È
in realtà un “notizie su Hiroshima”, vent’anni dopo l’atomica, un disvelamento di molte ipocrisie. La raccolta
delle corrispondenze che il futuro Nobel fece dall’estate de1 1963, inviato a
raccogliere le testimonianze dei sopravvissuti, a maggio 1965. Non dei
sopravvissuti, il Giappone non li chiama così, ma hibakusha, vittime di un’esplosione – termine ritenuto meno
offensivo, rispetto ai morti, di “sopravvissuti, superstiti”. Racconti di
sofferenze, tra tanto coraggio o volontà di vivere. Ma, di fatto, testimonianza
di come gli effetti del bombardamento atomico, benché gli Stati Uniti lo
dicessero analizzato da esperti militari e fisici, in realtà non erano stati
considerati. Forse per l’onda d’urto, non per i tanti tipi di tumori
provocati dalle radiazioni.
Ci
fu anche malafede. “Nell’autunno del
1945 il Nucleo ricerche dell’esercito statunitense sui danni causati
dall’esplosione atomica diffuse una nota d’ottimismo, annunciando che «tutti i
citadini destinati a morire a causa dell’esplosione atomica e della ricaduta
radioattiva sonp già deceduti», e che si potevano inoltre escludere casi futuri
di anomalie fisiologiche dovute agli effetti postumi delle radiazioni”. Un
ottimismo fuori posto, subito condiviso localmente. L’ospedale di Hiroshima
comunicava che, da un totale iniziale di 306.000 pazienti affetti da problemi
generati dall’esplosione, il numero dei degenti è sceso a 300 nel mese di
novembre e a 200 negli ultimi giorni”. Senza cosidserare che, essendo
l’ospaedale senza porte e senza finestrre, all’approssimarsi dell’inverno chi
poteva se ne era andato.
La
corrispndnenza del dicembre 1964 poteva annotare: “A tutt’oggi, dopo vent’anni,
il quadro relativo agli effetti della bomba atomica sul genere umano risulta
ancora assai frammentario”. Col terrore, anche per i medici, di connettere la
varie forme di leucemia che venivano manifestandos alle radiazioni.
Un
memento mori della scienza. Il racconto delle scemenze che si sono susseguite
dopo l’impiego della bomba atomica in Giappone ridicolizza putroppo la scienza.
A margine naturalmente del dramma-non dramma, non detto, non celebrato,
dell’uso della bomaba. Che un comitato di scienziati, trta essi Fermi,
raccomandò di utilizzare tranquillamente sui civili.
I
bombardamenti aerei non sono “civili”, si sa anche se non si dice, non
colpiscono il nemico, la forza del nemico, l’esercito del nemico, colpiscono
chi capita. Il bombardamento atomico non fu nemmeno valutato – nella migliore
delle ipotesi - nelle sue implicazioni e estensioni. A metà del racconto di Ōe,
pp.156-157, si riassme il “dibattito” sugli esiti postnmi del bombardamento
atomico. Di una malafede sorprendente. Ma, ancora più sorprendente, mai
denunciata o qantomeno abiurata. Io-e-il-mio-Dio non è mai giunto a tanto –
Hitler, in fondo, non è chi non lo condanni.
Kenzaburō
Ōe, Note su Hiroshima, “Corriere
della sera”, pp. 215 € 9,90
giovedì 14 agosto 2025
Letture - 587
letterautore
Borges – “Ritorna come il sogno di un visionario ciclotimico”, Arbasino a una certo punto ricorda in “Baires dopo Borges” (ora in “Passeggiando tra i draghi addormentati”), il suo primo viaggio in Argentina, nel 1997, testimonial del premio Grinzane Cavour, “benché sia registrata e trascritta ala Rai, una vertiginosa conversazione à bâtons rompus con Borges vent’anni fa sul pratino di San Gregorio al Celio. Scelto da lui. Per sentito dire; e per sentirsi in un’atmosfera giustamente magica, anche se vedeva solo ombre senza contorni”.
Calcio-ciclismo – “Il ciclismo non è come il calcio, dove dicono che conta solo il risultato”, Gianni Mura, “Giallo su giallo”, 195: “Nel ciclismo la grandezza della vittoria è misurata sulla grandezza degli sconfitti”. Ogni corsa è come un mano a mano.
Dante –“La ‘Divina Commedia’ è un’allucinazione… Macché rispecchiare le cose, macché riflettere la realtà…” – Borges a Arbasino, in “Passeggiando tra i draghi addormentati”, 259.
U. Eco – De “Il nome della rosa” era Sean Connery l’autore per molti spettatori – non lettori – del film tratto dal romanzo, Giuliano Vigini ha scovato in un sondaggio “Gli italiani e la lettura” (di cui non dà la data, ma effettuato probabilmente attorno al 1990, non molto tempo fa). Alla domanda “Chi ha scritto «Il nome della rosa», con quattro opzioni di risposta, Hemingway, Connery, Busi, Eco, il 47 per cento era andato a Connery”, uno su due, “con Eco al terzo posto, con il 18 per cento”, dietro Hemingway evidentemente.
Nello stesso sondaggio la domanda: “Cos’è il Decamerone? Un libro di novelle; un appartamento di dieci stanze; un vino rosso; un tipo di autobus”? per un intervistato su tre, il 36 per cento, era un vino rosso.
Fantastico – È reale, spiega Borges a Arbasino (“Passeggiando tra i draghi addormentati”, 257): “Il Barocco è molto artificiale, molto ‘self-conscious’, mentre il Fantastico non lo è affatto. La letteratura fantastica è molto più naturale, perché i sogni sono reali, come lo stato di veglia…. E la grande tradizione della letteratura è sempre stata fantastica: è incominciata con la cosmogonia, la mitologia, racconti di dei e mostri. Nessuno scrittore ha sognato di essere un proprio contemporaneo: forse questo inizia nel secolo scorso (nell’Ottocento, n.d.r.). Prima si parlava sempre di altri tempi e altri paesi, ed era del tutto naturale… Questa tradizione fantastica è la tradizione principale della vera letteratura, tranne che per un periodo brevissimo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento… e continua ancora coi suoi postumi nell’America del Nord e anche del Sud…. Mentre l’altra letteratura è piuttosto giornalismo, storia, sociologia, non è vera letteratura; anche se si rifà alle esperienze di Faulkner, che del resto non mi piace molto. Il realismo vediamo che è un episodio, solo un momento nella storia letteraria. La grande letteratura non è mai stata realista”. Prima del memoir e dei selfie…. “Si comincia con la Musa, si comincia con lo Spirito Santo, coi Re, per gli Ebrei della Bibbia; e poi si lavorano questi materiali”.
Grenoble – “Quando farò una classifica delle città europee più deprimenti sarà ben piazzata” . Gianni Mura, “Giallo su giallo”, 103 – l’unico “voto” negativo delle tante località del e attorno al Tour. La città di Stendhal.
Gruppetto –Parola italiana in uso al Tour de France per gli ultimi in corsa - G.Mura, “Giallo su giallo”, p. 147: “Parola italiana che definisce una pattuglia di ritardatari che contano sulla mutua assistenza per non arrivare fuori tempo massimo, adottata dal ciclismo internazionale. Prima, i francesi la stessa cosa la chiamavano autobus”.
Italiani americani – Wikipedia ha 200 biografie di “American writers of Italian Descent” -, “su un totale di 425”. E venticinque biografie di poeti nella stessa categoria.
Multe – “Se due persone fumano sotto il cartello «divieto di fumare» gli fai la multa; se venti persone fumano sotto il cartello «divieto di fumare» chiedi loro di spostarsi; se 200 persone fumano sotto il cartello «divieto di fumare» togli il cartello” – Winston Churchill.
Picasso – “Dipingeva Emoj” ultimamente - Dieter Buchhart, curatore della mostra “Picasso –The Code of Painting” a Trondheim. Una mostra concentrata sugli anni dal 1961 al 1973. In questi dodici anni Picasso produsse circa 3.100 “opere”, che non sconvolsero la critica né il mercato. Picasso anticipa il linguaggio emoji, secondo il curatore. Il cui pensiero Antonio Tocca riassume così sul “Robinson”: “Se gli emoticon, nell’età di internet, hanno schiacciato la polivalenza del simbolo sul segnale, gli scarabocchi picassiani continuano a pencolare sull’abisso disteso tra amore e morte”.
Ratto – “Il Ratto” è Trump nel lungo racconto di Emmanuel Carrère “In viaggio con il Président” – è al centro, si può dire, del racconto. Carrère assimila il presidente americano, da lui scrutato da vicinissimo al G 7 in Canada a luglio, a un personaggio inventato da uno dei suoi “autori del cuore”, Philip K. Dick, per le figlie: “Quando le sue figliastre erano piccole, lo scrittore di fantascienza Philip K. Dick inventò per loro una variante del Monopoli, con l’obiettivo di rendere meno noiosi gli eterni acquisti di immobili di cui andavano pazze. Il Banco, in questa variante, si chiama il Ratto e, invece di accontentarsi del ruolo di arbitro detiene il potere discrezionale di modificare le regole del gioco. Quando vuole, come vuole, senza che nessuno abbia il diritto di chiedergli conto di questi ukase, e senza che lo impegnino a nulla per il seguito. È la tabula rasa perpetua, la dittatura allo stato puro, la negazione dell’idea di diritto. Perché una partita sia riuscita, i giocatori hanno interesse a scegliere come Ratto il più vizioso e il più inventivo tra loro. Un ratto degno di questo nome deve saper dosare i tormenti che infligge ai giocatori, lasciare loro supporre che un piano guidi le sue decisioni arbitrarie e, passando per crudeli delusioni e incoraggiamenti ingannevoli, strapparli alla loro pratica abituale del Monopoli, senza che l’interesse diminuisca, per farlo sprofondare nel caos”.
Roma – Borges a Roma, nel 1977, a colloquio con Arbasino, ne traccia una sorta di immortalità (A. Arbasino,“Passeggiando tra i draghi addormentati, 262): “Ci sono molti racconti di Kipling
dove tratta dell’Impero Britannico, però lo fa con la metafora di Roma. Credeva che tutta la Storia fosse una sola storia dell’Impero Romano e che cambiasse di nome, di razza, di indirizzo, ma si trattasse sempre dello stesso Impero. E anche Stevenson.... arriva dalla Scozia al Far West e cosa dice? «Sono qui alla frontiera della cultura occidentale, o se preferite dell’Impero Romano». E certo, decadenza e caduta, declino dell’Occidente. E crollo dei valori europei… Ma, intanto, noi siamo qui a conversare in lingue neolatine, a scelta… Allora, insomma, non abbiamo niente di meglio che quell’Impero”.
letterautore@antiit.eu
Cronache dell’altro mondo – fiduciarie (352)
Pew Research, la società di sondaggi,
trova che chi ha votato Trump, i giovani e gli operai, lo rivoterebbe. E che –in un esercizio di ricerca meramente
ipotetico – Trump oggi avrebbe vinto anche tra chi a novembre si è astenuto,
specie se “giovane o non bianco”.
Un giornale estremamente anti-Trump,
“The Atlantic”, si interroga sul perché gli americani votano Trump. E si
risponde con un manifesto del 1932, della Germania pre-Hitler, pro-Hitler, come
se la crisi del 1931-32 fosse come oggi: mamme con bambini, lavoratori
disoccupati, vecchi, giovani inerti, e lo slogan “La nostra ultima speranza è
Hitler” - nelle intenzioni della rivista probabilmente una critica a a Trump,
novello Hitler.
Vite in maschera – o la valanga bio
“Biografo,
conosci te stesso!”, così Hermione Lee condensava la tesi di uno dei numerosi
libri del genere biografico che recensiva per la rivista nel 2001: “Quali sono
le tue motivazioni nella scelta del soggetto, quale posizione etica adotti, che
toni sceglierai?”.Qualche anno prima “John Updike aveva aperto la sua
riflessione sulla biografia letteraria con la domanda: «Perché ne abbiamo
bisogno?»”.
Una
riflessione curiosa ora che tutto è bio,
nel senso di vite delle persone illustri, specie al cinema e in tv. E in
letteratura con la dittatura del genere selfie
– specie dell’infanzia, che è facile da ricostruire, non oppone
resistenze. Siamo in epoca egotista, direbbe Stendhal, e la bio, altrui o
propria, è d’obbligo. E dunque?
Il
saggio resta ai margini, della biografia classica. Una sorta di scultura di un
personaggio. Molte per uno scrittore le motivazioni possibili per dedicarcisi – una forma, p,es., nuovissima è quella di
Carrère, che he esaltato la vecchia formula degli uomini non illustri,
“illustrandoli” lui, Limonov e Philip K. Dick.
Curiose
spesso anche le recensioni delle biografie. Bizzarre. All’uscita della prima biografia
di Georg Wilhelm Friedrich Hegel in inglese, un recensore Anthony Quinn poté ipotizzare
che il disinteresse per la vita del
filosofo fosse dovuto “al fatto che non sembra avere avuto un nome proprio
funzionante”. Una biografia di Mozart fu scritta, proclamò W.H.Auden nel 1965,
da «un pazzo anale»”. Oppure rivelatrici: “L’immagine folcloristica di Lincoln
che ara i campi e spacca le staccionate, coltivata tanto dal presidente quanto
dai biografi, James McPherson ha potuto spiegarla come “un simbolo potente di
ciò che gli americani vogliono credere sulla mobilità sociale, sull’opoprtunità
di progredire nella loro società”.
È
cambiato qualcosa col dilagare del genere bio?
“Traduttore traditore” pare amasse ripetere la regina Elisabetta - quella di
Shakespeare, che parlava l’italiano. E del biografo? Giù la maschera?
Lauren
Kane, Get a Life, “The New York
Review of Books”, gratuito online, leggibile anche in italiano, Fatti una vita)
mercoledì 13 agosto 2025
Secondi pensieri - 567
zeulig
Adiafora
–Gli
“a parte” degli stoici, i quali distinguevano fra ciò che uno può fare, ciò che
non può fare, e le cose appunto indifferenti. Tra esse c’era il sesso. Ma non
la politica, che è un dover essere.
Non si vive nascondendosi, quella è
un’altra scuola.
Amore – Raccontato, è sempre più inverosimile – “fa ridere”, diceva Pessoa (che però
non amava, se non se stesso, in quattro o cinque persone diverse). O altrimenti
sfiora comico, negli approcci e la ginnastica sessuali.
Va bene solo in poesia. Perché è “inconsistente”, di una
consistenza immateriale. Le “cose” che lo manifestano o realizzano non sono
“amorevoli”, o induttori di amore – che non sia dichiarato.
Don
Giovanni – È il personaggio di tanti personaggi – quello di Da Ponte-Mozart
svettante su tutti gli altri, in parole e musica.
Si confonde con Casanova – il dissoluto libertino
“storico”, vero o falso che sia, gli si sovrappone. Mentre è tutt’altro, più
Faust che Casanova.
Il rapporto tra i due veneziani, Casanova e Da Ponte,
sarà stato sicuramente indagato. Ma Goethe, il “Faust”? Quanto è l’esito di
tanto Dr. Faustus, e niente di Casanova,
o di Da Ponte? Casanova memorialista sarà edito molto tardi, Da Ponte era in
scena da tre o quattro anni.
Si può anche pensare a un Casanova memorialista modellato
sul mito di don Giovanni, anche se sembra veridico, narratore di cose viste e
vissute.
Immaginazione
– Si direbbe di fatto sempre “al potere”, buono o
cattivo. O il potere non è altro che immaginazione - e volontà, certo, ma allora occorrono
accorgimenti.
Infinito
- L’infinito è ineguale. Cartesio ci trova la prova dell’esistenza di
Dio, come colui che ci ha messo in testa l’idea d’infinito. Mentre non si mette
in testa a qualcuno un’idea senza avercela già trovata, la cosa è stata
dimostrata da Socrate, o Platone che sia.
Morte
-
“Nella paura della morte
c’è qualcosa che fa pensare a un senso di colpa: con essa si manifesta forse la
vendetta della vita non abbastanza amata. La morte è un pregiudizio” – Lou Salomé.
Può
essere: parlano di morte i preti e le beghine, astinenti.
Dio ha creato l’eternità, il tempo è degli
orologiai. L’attesa, o paura, della morte è parte della storia degli orologiai.
Reale – È tutto, anche l’inesistente? Si può argomentare con Boerges, in
conversazione con Arbasino (“Passeggiando tra i draghi addormentati”, 257): “I
sogni sono reali, come lo stato di veglia. Le fantasticherie sono reali, il mio
passato è reale, come la memoria e la storia”.
Rivoluzione
- La rivoluzione vuole un altro
alfabeto e questo non è possibile.
L’ultima, il Sessantotto,
ci è andata vicino. Ha la pretesa di avere aperto nuove dimensioni, e questo è
possibile, se ci sono le undici del pazzo Gödel. Ma più quella dell’ordine che
ritorna: dopotutto il ‘68 è etico, cioè sistematico.
Storia – “È un sogno e un incubo «da cui cerco di svegliarmi», come diceva Joyce”,
Borges in A.Arbasino, “Passeggiando tra i draghi addormentati”.257.
È mutevole, ma è segnata dall’eternità, da
percorsi a noi esterni e ignoti – il vincolo non viene mai meno.
Suicidio - È bizzarro che si sia passati dal delitto, ecclesiastico e giuridico (“istigazione al
suicidio”) all’approvazione con tanto di raccomandazione, come a una pratica sociale,
socialmente utile e procurata – la Consulta che fa alle Asl l’obbligo di attrezzarsi
di strumentazione tecnica in grado di obbedire ai movimenti dell’occhio o della
testa del candidato suicida.
Una pratica sociale matura all’improvviso? I cambiamenti
radicali sono nella storia istantanei?
“Bisogna amarsi molto per suicidarsi”, A. Camus.
Verità - Il sapere assoluto è un’idea da uguali.
Da uguali e distinti. Nella verità l’essere è invece intrecciato.
Il nostro rapporto con
l’infinito non è un sapere, è il desiderio. E il desiderio è un bisogno che non
può essere soddisfatto, si nutre del suo stesso appetito.
zeulig@antiit.eu
Cronache dell’altro mondo – cripto (351)
La nuova legge
americana sugli stablecoin è così
buona “che le hanno dato il mio nome”, ha potuto scherzare Trump firmando il Guiding
and Establishing National Innovation for the Us Stablecoins (GENIUS).Gli stablecoin sono una forma vera di
valuta, con un prezzo stabile, grazie a un ancoraggio reale – se ancorati al
dollaro sono progettati per valere un dollaro.Le critovalute
sono piene di truffe. Basate sul nulla – come quelle della famiglia Trump,
$TRUMP, una moneta meme che oggi
varebbe 1,9 miliardi di dollari. Gli stablecoin
al contrario sono una delle innovazioni necessarie del sistema dei pagamenti internazionali,
una delle più efficaci. Di grande utilità, p.es., in paesi come la Turchia e la
Nigeria, dove non c’è fiducia nei governi e la paura dell’inflazione e degli
espropri è costante.(“The
Economist”)
Fabbrica e sindacato, storia faceta in memoriam
Sindacalisti
persi, puri e duri, che boicottano il sindacato giallo, anche a costo di
rimetterci in qualifiche e gratifiche – e in turni facili. Finché, “una buccia
di banana via buccia di banana” via un’altra, il sindacato giallo scompare. “Ma
non ci sono prove che Traveylo (il padrone, n.d.r.) gli abbia fatto una combine
con Cgil Cisl e Uil”. Nasceranno i sindacati di base… E via così, con scrittura lieve, allusiva, significante
soprattutto in prospettiva storica, della storia nel suo svolgersi già vista o
sentita nella sua verità, che resta pregna e allettante. Anche se non racconta che
la vita senza storia dell’operaio in fabbrica – quando c’erano le fabbriche.
Un
racconto del 1987, del genere inaugurato trent’anni prima da Ottieri con
“Donnarumma all’assalto”, poi drammatizzato da Volponi in “Corporale”, visto
dall’operaio, quale Pennacchi è stato – o comunque si vuole - invece che dal
sociologo (Ottieri, Volponi), che si legge come conclusivo di fatto di un’epoca
– già la fabbrica cominciava a non essere più “centrale”.
Si
legge per le verve della scrittura,
anche se il tema è la vita quotidiana degli operai. La guerriglia sindacale
(contro il sindacato più che contro la proprietà), il lavoro di notte, la
ripetitività. Con piccole parentesi: il picchetto, l’occupazione stradale, l’occupazione
della centtrale nucleare di Latina, il secondo lavoro. Per finire la casa, per
comprarsi una macchina più grande – l’elenco
delle seconde occupazioni (negli anni in cui il sociologo del lavoro Luciano
Gallino lo scopriva) prende cinque pagine fitte.
Sempre
arguto più che drammatico – non come in Volponi. Un’antistoria, faceta e seria,
del lavoro in fabbrica – e del sindacato. Quando c’erano, ieri.
Antonio
Pennacchi, Mammut, “Il Sole 24 Ore”,
pp. 147 € 12,50
Mondadori,
remainders Ibs, € 8,50
martedì 12 agosto 2025
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (602)
Giuseppe Leuzzi
“Finché ci saranno, gli uomini continueranno a
rapportarsi con le mafie”, Nicola Gratteri, Procuratore Capo a Napoli. Da
Napoli in giù, naturalmente.
Lo dice ai festival ma lo insegna anche nelle scuole.
Meglio arrendersi subito?
Per la morte di Alessandra
Balocco evocazioni rispettose di tutti i giornali e tg - sviluppo dell’azienda, rispetto
delle maestranze, qualità dei prodotti. etc. Senza ma ricordare il fatto per cui
Balocco è soprattutto nota, il falso messagio per vendere il pandoro uno o due
anni fa. Tutta colpa di Chiara Ferragni, il messaggio promozionale ingannevole per
cui la stessa è indagata? Ma è giusto; delimitare il danno. A una Balocco di
Palermo non sarebbe stato concesso.
“Mi persuado sempre più”, nota Borges a un certo punto
ne “L’Aleph”, che la poesia moderna esige il balsamo del riso”. Lo fa dire a
Carlos Augusto, un cugino dell’amata Beatriz morta troppo presto che l’autore
va ogni anno a riverire, un piccolo bibliotecario di periferia, un po’ trombone
– un po’ Borges. “Decisamente ha la parola Goldoni!”, lo fa concludere. Ma è
“‘a zannella” che molti al Sud privilegiano, l’ironia benevola, non è lo
“scherzo” italiano che incuriosiva Borges, ma gli si sarebbe meglio adattata.
Lo Stonewall Inn, il bar gay del Greenwich Village a
New York entrato nella storia della liberazione omosessuale per la resistenza
opposta dai frequentatori alla Polìzia che ne voleva lo sgombero nel 1969, era
tenuto dalla mafia. Senza scandalo, ne dà notizia Edmund White, fra i più
frequenti frequentaori in “Gli amori della mia vita”, le memorie postume. Tante
storie della mafia e manca l’essenziale.
Quando si scopre il cadavere,
all’inizio del “Giallo sul giallo”, Gianni Mura ha, rivolto al suo alter ego, presunto colpevole,
il rituale insulto “porco assassino” pronunciato da “una voce con l’accento del
Midi”. Che non è un indizio. È un di più, riflesso condizionato leghista, da
bravo brianzolo – il giallo il giornalista dedica al padre, maresciallo dei
Carabinieri, “Il Maigret della Brianza”.
L’idea del Ponte
– ultimi scavi in Magna Grecia
No,
il Ponte non è di Salvini. È anche di Conte – chi era costui? Insomma, quello reddito di cittadinanza. No, era già del Pd: Delrio quando era
ministro se ne occupò molto, e poi Paola De Micheli, e poi Enrico Giovannini.
Il prof. Cascetta, professore infuente
dei Sistemi di Trasporto alla Federico II, l’università di Napoli, già
assessore di Bassolino, membro della “struttura di missione” del ministro dei
Lavori Pubblici del primo Conte, presidente dell’Anas, che pure non sembra un
fondamentalista, del Ponte precisa: ”Un’idea di Berlusconi? No, di Cavour”.
Che
però si può giustificare, allora nessuno sapeva dello Stretto –figurarsi
Cavour, che del Sud aveva cognizioni vaghe. Tanta unanimità, di fronte al nulla
(ancora), significa che il Ponte è popolare. Ma è un mostro. Tanto più sapendo
che si faranno i “piloni”, di 150 metri di altezza – se si faranno, dopo aver
scavato qualche miliardo di metri cubi (se ne farà una montagna, un’altra in
Calabria, e dove?) – e poi più nulla, la campata unica di tre km. e mezzo
(sic!) non esiste.
Un
Ponte da 13 miliardi preventivi, che poi saranno 130, per servire,
ipoteticamente, un traffico modesto, e per lunghi periodi inesistente. Solo una
scommessa ingegneristica. Certo un record. Sia che si faccia veramente (1 per
cento di probabilità) sia che rimanga ai piloni, anzi forse solo agli scavi – il movimento terra lo sappiamo fare. Sarà
l’abitudinario “Ultimi scavi in Magna Grecia”.
Milano capitale della protezione
Ritorna sul “Corriere della
sera l’ovvietà che Milano è la calamita dell’Italia. Però questo
dell’urbanistica sarà
pure l’ennesimo episodio di protagonismo giudiziario, di “giustizia a
orologeria” (ma l’orologio della giustiza è semovente), etc., ma alcuni fatti ci
sono. La Corte dei Conti aveva già a processo i funzionari comunali che hanno
avallato progetti di “sviluppo immobiliare” poi fasulli. Il megaedificio di sette
piani su larga fronte, che ha sostituito come ristrutturazione, all’interno di un
cortile, una villetta-opificio di due piani e mezzo. Una Leontina srl è fallita, sotto sequestro da un anno per abusi
di ogni tipo - comprese cospicue caparre per abitazioni da consegnare a
novembre e di cui mai aveva iniziato la costruzione.
Tutto
questo altrove non sarebbe stato possibile.
I
fatti c’erano già prima, solo i media,
pure così sensibili alla cronaca nera, non se ne erano accorti. E non ne
parlano, se non a denti stretti, non ci fanno ampi servizi, giusto parole
smozzicate, qua e là. Niente scandalismi, Milano si protegge. Da chi, da che?
Il Ratto di Philip K. Dick e “padrone e sotto”
Nella cronaca dell’ultimo G
7 in Canada, lo scrittore francese Carrère che ha avuto il privilegio di
seguire il vertice da presso, volendo dare un’immagine negativa del presidente
americano Trump lo assimila al “Ratto”. Un personaggio, dice, inventato da
Philip K. Dick –di cui Carrère è stato biografo
- per movimentare il noioso Monopoli di cui erano entusiaste le
figliastre. E lo spiega così:
“Il
Banco in questa variante si chiama il Ratto, e invece di accontentarsi del
ruolo di arbitro detiene un potere
discrezionale” totale. Decide “quando vuole, come vuole, senza che nessuno
abbia il diritto di chiedergli conto dei suoi ukase, e senza che lo impegnino a nulla per il seguito. È la tabula rasa perpetua, la dittatura allo
stato puro, la negazione dell’idea di diritto”.
Ma è il gioco della romana
“passatella”, detto in Calabria del “padrone e sotto”. A Roma non più in uso,
non essendoci più le osterie, in Calabria invece sì, essendosi sempre giocato
nei bar, e con la birra. A una passata di carte da briscola, diventa “Padrone”
chi ha la più alta. La carta più alta della mano successiva designa il “Sotto”.
Il Padrone decide chi e
perché può bere, e quanto. Il Sotto può bloccare la scelta del Padrone,
motivandola, ma non può determinate chi può bere.
Umanesimo greco in Italia - 2
Proseguendo nella rassegna
degli studi di Anna Meschini Pontani sull’umanesimo italogreco, uno dei
contributi maggiori, che hanno segnato tutta la vita della studiosa, è sulla
vita e l’opera del protagonista forse maggiore di questa esperienza culturale, Giano Làskaris, costantinopolitano, filologo,
bibliofilo, poeta e diplomatico, studioso
di codici, autore di epigrammi, nonché di copiosa corrispondenza. Girò a lungo per
l’Europa nel tentativo di creare un’alleanza contro i turchi - e a questo
effetto, purtroppo, al servizio di Carlo VIII quando invase barbaramente
l’Italia. Ma visse prevalentemente a Roma, fino quasi ai novant’anni, primo editore
anche di opere greche in Itaia, in traduzione e in originale.
Un gruppo di cinque umanisti
greci attivi in Italia tra la fine del ’400 (Demetrio Mosco) e i primi decenni
del ’500 (Cristoforo Kondoleon, Michele e Manuele Sofianòs, Teodoro Rendios) ha
meritato un’altra serie di indagini di Meschini Pontani. Prima assai poco noti
agli stessi studiosi, sono stati autori di opere a vario titolo interessanti, di
poesia, di filologia e filosofia, nonché collezionisti di opere a vario titolo
poi importanti. Forse il lavoro di scavo più incisivo della studiosa, che ha
reperito testimonianze autografe o comunque originali, editiones principes di
trattati, lettere, cataloghi, epigrammi, epilli, commentari.
Corona l’umanesimo italogreco una serie di studi studi
di Anna Meschini Pontani attorno alle esegesi operate sugli epigrammi
dell’Antologia Greca. Alle annotazioni, definite “fondamentali”, di Marco
Musuro, cretese di Candia (e, in misura minore, su quelle di Giano Làskaris e
Angelo Poliziano), altri dotti greci e italiani del primo Cinquecento sono
riscoperti, in quanto filologi, epigrammisti, versificatori: Matteo Devarìs (“Matteo di Bari”, “Matteo Greco”), corfiota, Lazzaro Bonamico, o da Bassano, il senese Lattanzio Tolomei,
ambasciatore di Siena in Vaticano, Niccolò Leonico Tomeo, greco d’Albania.
Cronache della differenza: Napoli
Brucia il versante alberato
del Vesuvio, il tutto in pochi giorni. Nella disattenzione. Il governo ha mobilitato la Protezione civile nazionale. Ma
niente di drammatico, non abbastanza, l’Italia non è stata in pena per Napoli.
Non c’è delitto.
È solo un secolo, anche meno,
malgrado Gladstone e la scombinata unificazione dell’Italia, che era meta di
predilezione di molta intellettualità europea, la città e le isole. Fra i tanti,
il supplemento “Mimì” de “L’altravovce” può ricordare Celeste Somerville,
astronoma e matematica – quella per la quale fu coniato il neologismo “scienziata”:
“Sul finire dell’Ottocento, lungo la spiaggia di Chiaia si poteva spesso
incontrare un’elegante ultraottantenne, seduta su una sedia in legno, intenta a
scrivere…”
Il giudice Gratteri, che è
calabrese, quando dirigeva le Procure in Calabria era specializzato in arresti
di massa – la maggior parte abusive. Pescava a strascico. Adesso che ha
culminato la carriera a Napoli non più.
Non ci sono delinquenti a Napoli.
Da Napoli, calcola Laura Valente
sul “Robinson”, tra il 1860 e il 1960
“ha preso vita l’esodo di circa trenta milioni di italinai”, che vi si
imbarcavano per gli Stati Uniti. Non solo italiani, si partiva per la Terra
Promessa da Napoli soprattutto, più che da Marsiglia, nel Mediteraeo, e da Le
Havre sull’oceano. A Napoli arrivava in Europa tutta l’Asia, Cina, India,
Giappone.
Scomparsa nel “colore”, resta presente nel
linguaggio e negli usi. C’è ora anche l’aperitivo “sospeso”, come tradizionalmente
il caffè – e la pizza, pare, secondo la rete, e il giocattolo.
Saviano celebra sul “Corriere della sera” lo scudetto
del Napoli: “Tutti i napoletani in diaspora e in città hanno rancore per la
propria città”, afferma entrando in tema, dopo il ricordo commosso del padre,
che per lui bambino ci passava il tempo. Possibile? La città è “difficile,
incasinata, piena di miseria e imbroglio, niente che funziona mai”. Era “Napoli
gentile”, anche “Napoli nobilissima”, benché gravata da lazzari, circumvesuviani,
e casertani.
Ma poi aggiunge:“Ogni volta che il Napoli vince,
soprattutto con squadre del Nord, sento come un riscatto”. Proprio lui, che è
“Saviano” grazie al Nord, al tradimento di Napoli con “Gomorra”, e le
successive puntate. Tanto gradite al Nord.
Il Napoli Calcio vincente è prima di tutto opera imprenditoriale
e manageriale. La passione conta, ma poco – si veda l’As Roma, che ha il (grande)
stadio sempre pieno, 63 e 65 mila spettatori, anche con l’Avellino, e non vince
mai.
Prima
Caivano, poi l’America’s Cup – e magari ripuliscono anche Bagnoli. Berlusconi che
al tempo liberò la città dai rifiuti in pochi giorni – e poi anche dalle costossissime
ecoballe. Napoli si può dire ben governata da destra – anche se a distanza.
Cose solide, niente a che vede col “Rinascimento” del Pci-Pds-Ds che deindustrializzò
la città – per l’“economia dei camerieri” dello sconsolato, e vero compagno, economista
Mariano D’Antonio. Ma vota sempre a sinistra.
leuzzi@antiit.eu
Se l’IA si fa servopadrona
Il
settimanale affronta l’intelligenza artificiale dal punto di vista
dell’innovazione, e quindi con ottimismo: ogni innovazione ha creato problemi
ma l’effetto generale è stato di miglioramento. Anche perequativo, con una più
ampia distribuzione della ricchezza creata con la novità. Di processo o di
produzione. Ma ogni novità comporta degli adattamenti, e delle linee-guida, dei
manuali d’uso. Dal punto di vista dei codici, ma anche da quello della
produzione, degli effetti economici complessivi. Sul lavoro, dalla
programmazione ai controlli, costanti; sulla produzione (organizzazione,
massimizzazione dei fattori): sulla distribuzione del reddito.
I rischi già prevedibili dell’IA sull’economia sono
presto detti: l’imprevedibilità, la radicalizzazione degli effetti.
L’intelligenza artificiale è un servocomando che può riuscire essere
utilissimo, per abbreviare i tempi decisionali, e anche queli esecutivi, anche
quelli ripetitivi. Ma è rischioso.
Il settimanale non dice come, ma sarà come già avvenuto
in Borsa con i servo automatismi. Per cui può avvenire che un movimento
limitato su un titolo o una valutazione di indicatore di mercato scateni (ha
scatenato, anche se pochissime volte), movimenti ampi incontrollati. Un
servocomando a rischio servo padrone.
The
Economics of superintelligence, “The Economist”
lunedì 11 agosto 2025
C’è i cinesi
“Cècinesi” è vecchio calembour livornese contro gli abitanti di Cecina, i quali al primo comizio democratico della neonata Repubblica, scapparono alla seconda parola dell’oratore: “Compagni, Cecinesi” - avendo capito: “C’è i cinesi”. Fuori di scherzo, ora “c’è i cinesi”: è bizzarro, al limite dell’incredibile, poiché evento fausto prospettato su “la Repubblica”, sul “Corriere della sera”, come soluzione auspicabile, felice, di grande futuro – forse nel quadro del giornalismo “anti-Trump” (interesserà a qualcuno?): quanto sarebbe più conveniente per l’Europa farsi partner privilegiato della Cina, invece di restare legata agli Stati Uniti. Della stessa Cina dove Liu Jinchao, direttore onnipresente del dipartimento Internazionale del partito Comunista Cinese, conosciuto in mezzo mondo, semplicemente è stato fatto scomparire.
È così, tutto è Stato in Cina. E lo
Stato è l’insondabile partito Comunista. Di cui è capo inossidabile, costituzionalmente a vita ma non si sa mai, Xi
Jinping – uno che è stato ai vertici e anche ai campi di lavoro, forzato.
Si faccia a meno del “comunismo” – in Cina è dichiarato ma non più di fatto, il partito è solo la cerniera del potere - del regime, la Cina esemplifica l’ideale, e l’incubo, dello Stato (quasi) perfetto. Per molti aspetti il sogno di molti. P.es. il finanziamento senza limiti della ricerca scientifica e tecnica - in bianco, senza limiti di spesa o di ritorno economico. O le partnership “incondizionate” con gli istituti di ricerca stranieri – i programmi “Confucio”. Il sostegno incondizionato della produzione, fino a che non sarà leader di mercato. Di cellulari, di quinta o sesta generazione. Di automobili elettriche (gli altri produttori- cinesi - sono in causa col governo per avere stratosfericamente finanziato uno di loro, la Byd, ora vincente e imbattibile, anche sui mercati esteri). Di gestione dei porti e di controllo del traffico marittimo – che sembra assurdo, i porti avendo rilevanza “militare”. O del Canale di Panama – che, certo, è un affare, gestito da una società cinese privata, ma questa società non è libera di rivenderselo, a caro prezzo.
È incredibile, e non può essere solo
frutto di ignoranza, come e quanto si sottovaluta la Cina. Che avrà raggiunto lo
stadio di pace armoniosa dell’ultimo Orwell, “1984”, ma allora a maggior ragione
da incubo – i tre slogan della grande Oceania orwelliana che si leggono al
contrario: “la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”.
Cronache dell’altro mondo – nucleari (349)
La prossima centrale nucleare può crearsi
in giardino. È un trasporto pesante, ma le dimensioni di tutta la centrale vanno
bene per un camion a pianale, un normale autoarticolato a cinque semiassi. Rinforzato
per la pesantezza e da scortare, come carico pericoloso, ma di dimensione trasportabile.
I regolamenti in America non escludono
la localizzazione parcellizzata dell’industria, anche energetica.
La miniaturizzazione è il nuovo grido
dell’industria elettrica. Puntata sulle fonti di energia pulite. E quindi sul
nucleare – all’improvviso, da appestato, diventato la fonte di energia più pulita,
e produttiva, di tutte (a prova di bombardamento russo).
Miniaturizzazione e nucleare si sono
ora in conttrati negli Small Modular Reactors.
Resta il problema del finanziamento.
Ma la miniaturizzazione sarebbe la chiave per un decentramento dell’industria
energetica, per comunità, aziende, agglomerati urbani anche piccoli.
Giallo Casanova
Siamo
nel 1754, il giorno di Ognissanti, Casanova vecchio ricorderà con rimpianto, e
lui giovane è collaboratore volenteroso, assistito dal servo Le Duc, della
Quarantia Criminal, anche per ingraziarsi, virtuoso-già-vizioso, gli Inquisitori
di Stato a futura memoria (due anni dopo finirà ai Piombi, se è vero il
racconto della fuga rocambolesca), e tocca a lui indagare. Una patrizia Gritti
è stata assassinata nel suo palazzo, benché assistita da numerosa servitù e
parentela, che nulla ha visto né sentito. Un pretesto per far rivivere Venezia
a metà Settecento, il potere anonimo, occhiuto, e i palazzi, i giardini, le piazze,
le calli, i nobili, gli astuti servitori, la bella fioraia.
Alla
bella, triste, fioraia, il venezianista Pisani dà un seguito, come fosse nelle “Memorie”. Giacomo la incontra qualche
anno dopo, sposata a un conte austriaco, sempre bella e non più
triste, ma sempre inaccessibile. Corredata di figlia, la piccola Agata di un
tempo ora nel fiore, di anni e di gioie, naturali, preda facile e
volenterosa.
Daniele
Pisani, L’ombra delle due colonne,
Giallo Mondadori, pp. 254 € 7,50
domenica 10 agosto 2025
Ombre - 786
Costruiti
i rigassificatori, si scopre che il gas liquido americano costa troppo. Cioè si
dice quello che si sapeva, ampiamente, intuitivamente. Ma bisognava fare la
guerra alla Russia (di cui l’Europa s’è fatto il Nemico, mentre gli Stati Uniti
la corteggiano). Poi si dice che gli Usa sono imperialisti. Ma c’è troppa stupidità nel mondo – in Europa, in Italia,
trova praterie.
Tutta
stupidità però non è: il carogas è un buon business,
anche se mette mezza industria fuori mercato. Non all’insaputa del governo e
dell’apposita Autorità.
Raccapricciante
colonnino di Staglianò (un grande servizio ridotto a poche righe?), in calce a
una eulogia prolungata sul “Venerdì di Repubblica” dei poveri coscritti
israeliani in licenza o in congedo che si riprendono in India con l’hashish e i rave delle brutture della guerra: un altro gruppo di coscritti, o
sono gli stessi?, piantano su instagram “lo sterminio”: un palazzo appena
bombardato, la camera da letto di un palestinese che non c’è più, la bandiera
con la stella di Davide sulla spiaggia. “Nei profili tinder o simili, per trovare
l’anima gemella o comunque una sveltina”.
Proteste
ovunque contro i “parchi eolici”, “gigantesche macchine del niente”. No, degli
“oneri di sistema”, giganteschi fondi pubblici, in regalo. Ma non tutti sono
contrari, Legambiente, p.es.: “Chi protesta fa gli interessi dei veri speculatori,
cioè dei petrolieri”. Mancano le “sette sorelle”.
“Bova”,
dopo due settimane “si muove il Garante della Privacy”. Cioè, non è che si
muova, comincia a considerare di muoversi. Ma il resto del tempo che fa? Eccetto
l’Antitrust, Amanto ha creato e non Prodi, tutte le altre Autorità sono perfino
dannose, oltre che costose.
Ora
sembra che siano stati i servizi segreti a garantire per Al Masri: “Le sue
milizie collaborano sui migranti”, hanno assicurato i servizi italiani. È
possibile. Quel che è certo è l’ignoranza che della Libia c’è in Italia, nei
giornali, ma anche negli studi. E nessuna voglia di sapere, che pure sarebbe
facile, la Libia è anche vicina. Non c’è più uno studioso di affari
internazionali, di scienza politica, di geografia.
Si
ridicolizzano gli eurodeputati, appena eletti, che la sinistra vuole schierare alle
Regionali. Ma il problema non è che questi vadano a Bruxelles e poi se ne
tornano a Catanzaro. È che la sinistra non ha candidati, ha sempre gli stessi.
Più che leader politici, marcaposto.
Rievocazioni
a centinaia, o centinaia di migliaia, in America, in tv, nei giornali e nei
social, del bombardamento atomico di Hiroshima ottant’anni fa. Ma senza una,
una sola, ammissione di colpa - giusto qualche pacifista, ma sperduto, isolato.
L’“eccezionalismo” americano è a prova di bomba, atomica.
Si
fanno ancora inchieste negli Usa, su “The Atlantic”, sul “New Yorker”, sul Russiagate
facendone una colpa a Trump. Anche se è vero il contrario. Uno scandalo
inventato dalla campagna elettorale di Hillary Clinton, con un dossier commissionato a una spia inglese
in pensione? Che ha tenuto impegnata la giustizia americana, ordinaria e
politica, e i media, per quattro
anni, senza mai un filo di verità. Poi dice che la democrazia la mette in pericolo
Trump. Che sembra quello invece che ha aperto le finestre, il cesso è ancora
intasato.
Ma,
a prescindere, come si fa la guerra a Putin con un falso dossier di una spia
inglese in pensione – ammesso che sia sobria, in genere quelle inglesi bevono al
mattino.
Ballano
le Ferrari a Budapest, ingovernabili sia a Leclerc sia a Hamilton. E non è il motore, né il telaio, né le manovre
errate al pit-stop. No, è la pista che ha cambiato, l’asfalto, il vento, le
temperature. E perché non Orban, quello
è capace di tutto? Ferrari è l’ultima cosa che Elkann non ha (ancora)
disastrato.
Dopo
Budapest l’ha comprata in Borsa in masssa, per sostenere la quotazione, ma il
titolo resta sempre un centinaio di euro sotto il massimo di qualche mese fa,
quando ancora illudeva gli sportivi.
La
verità su Israele e Netanyahu il “Corriere della sera” confida alla rubrica della
posta, al tuttologo Cazzullo (o ha
scritto un libro anche su Israele a Gaza?). Ma l’elenco delle cose resta lo
stesso impressionante.
L’Agenzia
delle Entrate notifica, con raccomandata da € 7, ingiunzione di pagamento di
una rata Tari 2014 da una cinquantina di euro, con un testo di sette cartelle
fitte, a spazio uno. Dove non si riesce a trovare come pagare – è scritto in
sei parole complessive, mezza riga, in mezzo al testo.
La
burocrazia fa paura, tutta stupidità non è.
“Capii
che cosa è Roma”, spiega Alessandro Profumo, parlando della sua stagione al governo di Unicredit, a Paolo Bricco sul “Sole”, “alla seconda telefonata del segretario di Stato
vaticano cardinale Tarcisio Bertone, che si spendeva a favore del salvataggio
della Roma, la squadra di calcio di proprietà della indebitatissima famiglia Sensi”.
Presentito come candidato Pd alla Regione Calabria, il
giudice Gratteri, rercordman delle
carcerazioni abusive, nega: “Ho un bergamottetto e quando andrò in pensione mi
ci dedicherò. Magari andrò a qualche trasmissione in v perché quando ci sono io
lo share aumenta sempre”, I giustizialisti sono un pubblico mediatico – ma sono
sempre gli stessi, Gruber, Fazio, Floris, Fomigli.
Non
ci sono mai state probabilmente tante querele, contro politici e giornalisti,
quante quelle della destra al governo in questa legislatura. La stessa che non
ha – non a torto - fiducia nei giudici.
La storia si fa muovendosi
“La
storia dell’emigrazione è la storia dell’umanità e il suo progresso. È una
storia di cooperazione pacifica e di scambio reciproco, ma anche di violenza.
Cose terribili sono state fatte per costringere la gente a emigrare, contro la
loro volontà. E tuttavia, malgrado le sofferenze, l’emigrazione resta la chiave
del successo della nostra specie.
Un remainder dei fondamentali
del fenomeno migratorio, oggi che se ne contesta la legittimità di fronte
all’immigrazione selvaggia, e indotta dal malaffare. L’uomo non è stanziale. O lo
è ma nel quadro di una mobilità comunque assicurata.
Un
saggio breve ma pregnante. Golding è a Oxford l’autorità di globalismo e sviluppo.
Ian
Golding, A Moving History, Imf
“F&D”, free online
sabato 9 agosto 2025
Cronache dell’altro mondo – antisemite (349)
A fine luglio il senatore democratico
Bernie Sanders, del Vermont, ha denunciato “lo sterminio di Gaza del governo di
Netanyahu”.
Una settimana dopo il gruppo pro
Israele Aipac, American Israel Public Affairs Committee, ha denunciato il commento di Sanders come “uno sfogo pieno di odio” e una “spregevole sanguinosa
calunnia”
Sanders, 84 anni fra un mese, da sempre
capofila della sinistra radicale nel partito Democratico (“sono socialista”),
alle primarie presidenziali del 2016 sfidante all’ultimo voto di Hillary Clinton,
che era la candidata dell’organizzazione di partito, è ebreo –figlio e nipote
di immigrati polacchi che ebbero familiari vittime della Shoah.
La Dc ritorna in banca – 2
Ricorda sul “Sole” Alessandro Profumo,
il creatore di Unicredit, da ultimo manager di Finmeccanica-Leonardo, ma una
vita in banca, delle sue prime esperienze nel mondo del lavoro, quindi dei tardi
anni 1970-primi 1980: “Nessuno dei nostri impiegati e nessuno dei nostri
clienti poteva avere il vizio del gioco”. Succedeva al Banco Lariano.
Il controllo era ovviamente più
accurato nelle rurali, le popolari, le risparmio. Per la moralità, certo, ma
non si poteva essere comunisti, neanche socialisti, neanche repubblicani. In Lombardia
e nel Veneto – in Toscana e in Emilia non si poteva non essere comunisti, al peggio
socialisti.
Curiosamente, lo stesso schieramento
si propone oggi. Fermi restando la Cariplo e il San Paolo baluardo bianco nella
pancia di Intesa, due fronti “bianchi”, un tempo democristiani oggi popolari,
si costruiscono attorno a Mps (Tesoro, Caltagirone, eredi Del Vecchio, e altri
minori) e sull’asse Bpm-Crédit Agricole. Bpm, ex Popolari milanese e veneta, è
anche parte importante di Mps.
Considerandoci assieme anche Intesa,
la banca “bianca” copre oggi abbondantemente più della metà del credito.
Al vecchio fronte opposto, tosco-emiliano,
si lascia solo Bper, l’ex popolare Emilia-Romagna. Sotto l’ombrello dell’assicurazione “compagna” Unipol. Con il contentino della
popolare Sondrio – dall’anima più “bianca” che si può.
Quanto basta per tacitare il Pd di Schlein,
che pure voleva essere di sinistra, se non più comunista. Si spiega così il silenzio
del Pd e dei suoi media sulla
stramberia del governo, che ha usato il golden
power per dare Bpm al gruppo francese “popolare” Agricole - democristiano del
resto anche il metodo di governo nella fattispecie, la nessuna considerazione delle
leggi.
Prova d’amore universale
Le
pene d’amore di Nené al liceo – Nené è Andrea. Con una campagna di scuola. Che
gli dà tutto. Ma poi si dà a tutti.
Dirlo
non è guastare la lettura. Come spesso in Camilleri l’aneddoto è da poco, è la
maniera di “inventarsi” la narrazione
che fa premio.
Il
racconto è uno dei due inediti – l’altro è quello del titolo – dell’ultma
raccolta di racconti approntata postuma da Sellerio, nel 2023, “La guerra
privata di Samuele e altre storie di Vigata”. Notevoe che un quotidiano si
promuova con un racconto – questo è il primo di una serie settimanale estiva,
di sei o sette uscite.
Andrea Camilleri, La prova, “la Repubblica”, pp. 45 gratuito col quotidiano
venerdì 8 agosto 2025
Cronache dell’altro mondo – gramsciane (348)
Con più determinazione, e con qualche argomento in più, rispetto ai neocon un quarto di secolo fa, la destra americana coltiva la cultura come terreno di dominio. Nella battaglia a tutto campo anti-woke - sulla storia, le minoranze, il genere, la sregolatezza in genere (alcolismo, droghe, promiscuità) - e in tutti gli ordini dell’istruzione, dalla scuola materna all’università.
Un’offensiva generalizzata, a partire
dal linguaggio Anche nelle materie e gli ambienti più ostili, i media e la giustizia. Sui media attraverso
la pubblicità, che segue il gradimento del pubblico. Giacché questa strategia
paga, a sorpresa col voto popolare a Trump, in crescendo sulla base dei
sondaggi.
Non è proprio Gramsci, il teorico
dell’“egemonia” culturale, ma è come se, il disegno è lo stesso: dominare le
menti prima che la scheda alle urne.
Il disegno egemonico conservatore
s’identifica col vice-presidente Vance, sui temi rappresentati dieci anni fa
col suo best-seller “Elegia americana”, e con Christopher F. Rufo, un quarantenne
figlio di un bracciante emigrato dalla Ciociaria, ideologo formato alla Georgetown,
l’università dei gesuiti, e anche lui a Harvard, come Vance. Ex regista
apprezzato di documentari sociali, è da anni vedette su tutti i media delle cause conservatrici – ha costretto
alle dimissioni la rettrice di Harvard, con accuse di plagio, ed è l’autore
della fake news (in cui poi è caduto
Vance) degli immigrati che si mangiavano i gatti.
L’argomento in più è che il
conservatorismo, la tradizione, è migliore baluardo per i ceti più
sfavoriti. Rufo ha condiviso come
documentarista l’esperienza di vita (e di scrittura) di Vance, l’America hillbilly,
della rust-belt o cintura industriale
abbandonata, dell’isolamento, della deprivazione.
Curdi e turchi uniti da Israele
Il lampo si è acceso col raid israeliano su Damasco e la Siria, considerato l’anticipo di una offensiva tutti azimut, se non una guerra, di Israele contro la Turchia (il regime siriano è stato creato e si mantiene col supporto turco). I curdi siriani si sono immediatamente allineati su Ankara. E lo stesso avrebbe fatto, dall’isola-carcere di Imralik nel mar di Marmara, dove è detenuto da venticinque anni, Abdullah Öcalan, leader del Pkk curdo, la principale forza di opposizione, finora separatista.
L’abbrivo è venuto da Devlet Bahceli, il presidente di
Movimento Nazionalista, il maggiore dei partiti della coalizione con l’AK di
Erdogan in Parlamento: costituire una sorta di union sacrée, contro Israele, insieme con i curdi. Ocalan si sarebbe detto d’accordo.
Bahceli –prima ancora di Erdogan - e Öcalan, ottantenni,
più o meno, si sono combattuti per cinquant’anni, dai tardi anni 19970.