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venerdì 15 agosto 2025

La coscienza sporca dell’atomica

È in realtà un “notizie su Hiroshima”, vent’anni dopo l’atomica, un disvelamento di molte ipocrisie. La raccolta delle corrispondenze che il futuro Nobel fece dall’estate de1 1963, inviato a raccogliere le testimonianze dei sopravvissuti, a maggio 1965. Non dei sopravvissuti, il Giappone non li chiama così, ma hibakusha, vittime di un’esplosione – termine ritenuto meno offensivo, rispetto ai morti, di “sopravvissuti, superstiti”. Racconti di sofferenze, tra tanto coraggio o volontà di vivere. Ma, di fatto, testimonianza di come gli effetti del bombardamento atomico, benché gli Stati Uniti lo dicessero analizzato da esperti militari e fisici, in realtà non erano stati considerati.  Forse per l’onda d’urto, non per i tanti tipi di tumori provocati dalle radiazioni.
Ci fu anche  malafede. “Nell’autunno del 1945 il Nucleo ricerche dell’esercito statunitense sui danni causati dall’esplosione atomica diffuse una nota d’ottimismo, annunciando che «tutti i cittadini destinati a morire a causa dell’esplosione atomica e della ricaduta radioattiva sono già deceduti», e che si potevano inoltre escludere casi futuri di anomalie fisiologiche dovute agli effetti postumi delle radiazioni”. Un ottimismo fuori posto, subito condiviso localmente. L’ospedale di Hiroshima comunicava che, da un totale iniziale di 306.000 pazienti affetti da problemi generati dall’esplosione, il numero dei degenti è sceso a 300 nel mese di novembre e a 200 negli ultimi giorni”. Senza considerare che, essendo l’ospedale senza porte e senza finestre, all’approssimarsi dell’inverno chi poteva se ne era andato.
La corrispondenza del dicembre 1964 poteva annotare: “A tutt’oggi, dopo vent’anni, il quadro relativo agli effetti della bomba atomica sul genere umano risulta ancora assai frammentario”. Col terrore, anche per i medici, di connettere la varie forme di leucemia che venivano manifestandosi alle radiazioni. 
Un memento mori della scienza. Il racconto delle scemenze che si sono susseguite dopo l’impiego della bomba atomica in Giappone ridicolizza purtroppo la scienza. A margine naturalmente del dramma-non dramma, non detto, non celebrato, dell’uso della bomba. Che un comitato di scienziati, tra essi Fermi, raccomandò di utilizzare tranquillamente sui civili.

I bombardamenti aerei non sono “civili”, si sa anche se non si dice, non colpiscono il nemico, la forza del nemico, l’esercito del nemico, colpiscono chi capita. Il bombardamento atomico non fu nemmeno valutato – nella migliore delle ipotesi - nelle sue implicazioni e estensioni. A metà del racconto di Ōe, pp.156-157, si riassume il “dibattito” sugli esiti postumi del bombardamento atomico. Di una malafede sorprendente. Ma, ancora più sorprendente, mai denunciata o quantomeno abiurata. Io-e-il-mio-Dio non è mai giunto a tanto – Hitler, in fondo, non è chi non lo condanni.
Kenzaburō Ōe, Note su Hiroshima, “Corriere della sera”, pp. 215 € 9,90

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