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Il mondo com'è (482)
astolfo
Émilie du Châtelet
(seconda
parte) - Non solo i caffè, luogo privilegiato di discussione fra matematici
e fisici, era all’epoca interdetta alle donne anche l’Accademia delle Scienze
di Parigi – l’accettazione all’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna
è eccezionale, anche perché basata sulla “chiara fama”, e attestata dalla
documentazione, alcuni lavori che la marchesa aveva pubblicato. Non ammessa formalmente
nei cenacoli scientifici e all’Accademia di Parigi, tuttavia era riconosciuta e
apprezzata dalla comunità – e perfino pubblicata dall’Académie des Sciences.
Un’altra stranezza
è che la scienziata, pubblicata, discussa e apprezzata in vita, fu subito poi dimenticata.
Se ne è tornato a parlare, delle sue esperienze e teorie scientifiche, cinquant’anni
fa, per l’applicazione che ci ha messo Elisabeth Badinter, per recuperare le
sue opere e farne oggetto di rivalutazione – in un’ottica di rivalutazione della
condizione femminile e degli apporti delle donne allo studio e alla ricerca negli
anni dell’illuminismo.
La convivenza con
Voltaire si sa che fu feconda per entrambi anche sul piano intellettuale. Nella
lettura critica delle Scritture, e anche nelle riflessioni
filosofico-scientifiche. Definivano insieme i temi d’interesse comuni, poi
ognuno ci lavorava autonomamente, e alla fine comparavano le rispettive
conclusioni. Per esempio per “Gli elementi della filosofia di Newton”, la prima
volgarizzazione in francese dell’opera di Newton, a cui Voltaire ha cominciato
a lavorare nel 1736: pubblicandoli nel 1738 precisava nella prefazione che vi
aveva contribuito Madame du Châtelet – la quale peraltro procederà alla traduzione
e a una sua propria lettura di Newton, che sarà pubblicata postuma, nel 1759.
I contributi della
marchesa, che allargava la sua riflessione a Locke e Mandeville, sono sui
termini della conoscenza – ricostruiti e indagati da una sua studiosa recente, Ruth
Hagengruber, “Emilie du Châtelet between Leibniz and Newton”. Contro Locke,
insisteva sulla necessità di verificare la conoscenza con l’esperienza: “L’idea
del celebre Locke sulla possibilità della materia pensante è …. astrusa”. Arrivava
alla critica di Locke commentando Bernard de Mandeville, “La favola delle api”.
Ma ne contestava anche la negazione del principio di contraddizione, e l’avversione
per le idee innate e i “principi anteriori”. Prendendo posizione a favore di
quello che sarà chiamato “innatismo”, nella forma di un “presupposto universale”:
di principi universali che pre-condizionano la conoscenza e le azioni umane,
una legge innata, un fondamento senza il quale ogni sapere è relativo.
Le “Istituzioni di
Fisica”, 1740, sono l’opra considerata maggiore di Émilie du Châtelet: un’esposizione
e un confronto di Descartes, Newton e Leibniz, con intenti pedagogici, per “insegnare
le nuove idee in fisica” al figlio, allora tredicenne. Pubblicate nella
primavera del 1741, le “Istituzioni” furono avallate da Maupertuis, ma
aspramente criticate dal cartesiano astronomo e geofisico de Mairan, segretario
dell’Accademia delle Scienze. Con Mairan la controversia sulla natura delle “forze”
fu pubblica per un paio di anni. Ma l’opera ebbe successo: nel 1744, tre anni
dopo l’uscita, risulta tradotta in più lingue. Tra cui l’Italiano – è del maggio
1746 l’elezione di Émilie du Châtelet all’Accademia di Bologna, per chiara fama.
In Francia il suo
nome nelle scienze era rimasto, prima della riscoperta avviata da Badinter, per
la traduzione di Newton, dei “”Philosophiae naturalis principia mathematica”.
Una traduzione pubblicata postuma, nel 1759, dieci anni dopo la sua morte. In
due volumi, per complessive 400 pagine. Di cui la traduzione prende un volume e
mezzo, il resto è costituito dalle annotazioni della traduttrice e dai suoi complementi: Emilie du
Châtelet aveva tradotto il latino di Newton, e ne aveva rifatto i calcoli, condensando
le sue osservazioni in un saggio intitolato “Principi matematici della
filosofia naturale”. Ua prima edizione del suo Newton si era avuta, sempre postuma,
nel 1756, con una prefazione di Voltaire, ma non era il testo definitivo.
Malgrado le restrizioni
regolamentari, anche all’Accademia delle Scienze parigina Émilie du
Châtelet trovò riconoscimento. Con una “Dissertazione sulla natura e la
propagazione del fuoco” – tema evidentemente ancora aperto, se la California
non riesce a venirne a capo. Pubblicata in un primo momento anonima dall’Accademia,
nel 1739, ripubblicata successivamente col suo nome, nel 1744, e nel 1752. Fu
una sorta di beffa, all’Accademia e anche a Voltaire. Nel 1737 l’Accademia
aveva bandito un concorso in tema, la natura del fuoco e la sua propagazione.
Voltaire si iscrisse, e provò a dare un riscontro fisico alla teoria dei
quattro elementi di Aristotele. Con una serie di esperimenti - a Cirey, dove
risiedeva nel castello degli Châtelet - inconclusivi. Mandò quindi al concorso una
memoria con una ipotesi che non convinse l’Accademia. Émilie du Châtelet, che aveva
assistito Voltaire negli esperimenti, non ne condivideva le ipotesi. E redasse,
senza consultarsi con Voltaire, una sua propria memoria, di 139 pagine, che
inviò anonima al concorso. L’Accademia
premiò Eulero, ma pubblicò sia la memoria di Voltaire sia quella di Émilie du
Châtelet, entrambe nel 1739. Quella di Émilie in forma anonima – sarà ripubblicata
col nome dell’autrice nel 1744, e ancora dopo la morte, nel 1752.
(fine)
Harry Martinson - Scrittore
svedese, poco tradotto, è stato premio Nobel per la Letteratura nel 1974. Ex
aequo con un altro scrittore svedese, Eyvind Johnson. Entrambi, Martinson
e Johnson, erano membri dell’Accademia Reale di Svezia, la stessa che
attribuisce i Nobel. Anche se non avevano partecipato alla seduta decisiva,
furono insolentiti dalla stampa svedese dopo l’attribuzione del premio. Martinson
non resse allo scandalo, si isolò, e tre anni dopo, nel 1978, si uccise (un
suicidio barbaro, con le forbici, nell’ospedale di Stoccolma dove era
ricoverato per cure)– Johnson era già morto, nel 1976, un anno dopo aver
ricevuto il premio.
Alla seduta decisiva dell’Accademia, si sa
ora dai verbali desecretati dopo cinquant’anni, era stato valutato anche un ex
aequo al femminile, tra Nadine Gordimer (poi premiata nel 2001) e Doris
Lessing (Nobel 2007). Terza scelta Saul Bellow, insieme con Norman Mailer. Quarta
Montale, che sarà premiato l’anno successivo, 1975 – Bellow lo sarà nel 1986.
Muckracker - Theodor Roosevelt nel
1906, lo stesso anno in cui si fece conferire il premio Nobel per la Pace, dopo
varie guerre per impadronirsi dei Caraibi, coniò questo termine, “spalaletame”,
per caratterizzare quello che sarà il cronista giudiziario, il giornalista che
prosperava negli angiporti delle questure – ora detto giornalista
investigativo, a caccia di segreti, scandali, delitti. È il soprannome di un
personaggio del romanzo secentesco “Il viaggio del pellegrino”, del teologo e
predicatore inglese John Bunyan.
Gaston Oulmàn – Il portavoce ufficioso della Pubblica Accusa Alleata al processo
di Norimberga, il “giornalista” inviato dalla radio di Monaco di Baviera che
quotidianamente dava alle centinaia di giornalisti il resoconto della seduta
del Tribunale redatta dagli Alleati, era uno pseudonimo. Quasi cinquantenne all’epoca
del processo, si faceva chiamare anche Oulman, senza accento, o Oullman, ma era
stato famoso come “Jo Lherman”, o Lhermann, o Yo Lehrmann, mentre di suo faceva
Walter Ullmann. Un fregoli o un houdini dei nomi e delle identità, che mutava
continuamente, anche non a scopi fraudolenti. Anche se la sua costante era la
frode.
Morì poco dopo
il processo, nel 1949 a Parigi, dopo aver disseminato di sé varie tracce:
portiere di bordello in Nord Africa, spia sovietica a Tangeri, suicida a
Casablanca, pugnalato a morte nella kasbah di Algeri. A Parigi è invece documentata
la morte nell’aprile del 1949, per problemi polmonari, nonché un’intervista a sensazione
su “Le Monde” il 19 febbraio con Friedrich Gaus, il direttore generale del
ministero degli Esteri tedesco negli anni 1920-1930, sul patto Ribbentrop-Molotov.
“Il Camaleonte” s’intitola la biografia che se ne fece negli anni 1970, quando
ebbe in Germania un ritorno di popolarità - sottotitolo “L’uomo che si faceva
chiamare Dr. Gaston Oulman”. Non era naturalmente neanche “dottore”, titolo che
in Germania era – ed è – il nostro dottore di ricerca. L’unica costante era la
truffa, un susseguirsi di truffe, anche minime, in tutte le identità che si
veniva costruendo.
Per i vecchi, e
neo, nazisti era la caricatura di un ebreo - “un uomo piccolo e magro con dita
lunghe e sporche e denti gialli” sarà per il negazionista austriaco Franz
Joseph Scheidl. Di famiglia ebraica, era nato a Vienna, dove a vent’anni,
subito dopo la Grande Guerra, aveva subito la prima condanna per truffa. Molte
accuse per truffa e qualche condanna si portò dietro poi per un paio d’anni in tutta
la Germania. A Berlino nel 1923 emerge come “Lherman”, in qualità di uomo di teatro,
attore, capocomico e regista. Mette in scena Strindberg, Wedekind, Sternheim,
viene recensito benevolmente da Alfred Döblin, frequenta Brecht, che gli riduce
“Il pastore Ephraim Magnus” di Hans Henny Jahnn da sette ore a due, e di cui pubblica
“Il ricordo di Marie A .” in una delle riviste da lui fondate, di uno o due numeri
poiché non pagava gli stampatori, “Das Dreieck” - con Brecht pubblica anche Ernst
Toller, Carl Zuckmayer, Iwan Goll. A Berlino fu più stroncato che accettato, ma
per tutti gli anni 1920 riuscì a segnalarsi nella scena teatrale. Fino alla
rappresentazione de “I fanatici” di Musil, che non trovava esecuzioni per via
della durata, quattro ore. Chiese una riduzione a Musil, che la rifiutò. Mise
allora lo stesso il dramma in scena, ridotto della metà. Musil provò a bloccare
la rappresentazione per via giudiziaria, ma non ci riuscì. Le ultime messe in
scena sono del 1930: a Monaco Claudel, “Il pane duro”, a Berlino Joyce, “Exiles”.
Poi scompare, avendo lasciato parecchi insoluti.
A Vienna nei primi anni 1830 ritorna Ullmann
e lavora nell’editoria. Poi scompare, forse in Spagna, nella guerra civile. Poiché
nel 1937 risulta arrestato a Barcellona, dove si diceva inviato dell’agenzia di
stampa americana United Press, per intese con i franchisti. A Madrid viene arrestato
nel 1941, ricercato per frode, ed estradato a Vienna. Dove il 16 settembre 1942
per frode risulta condannato a cinque anni
di carcere. Alla liberazione si dice cittadino cubano, con la nuova identità “Dr.
Gaston Oulmàn”. Riconosciuto perseguitato dal nazismo, usa il suo nuovo status
per trafficare con i membri in disgrazia del partito Nazista, cui fornisce a
pagamento tessere sanitarie, e assicura alienazioni sottobanco di reperti artistici.
Da Vienna passa poi a Monaco, dove si acquista la fiducia dell’ex famiglia
regnante dei Wittelsbach, e del commissario americano di Radio Monaco, Field
Horine. Da qui il suo ruolo a Norimberga, al processo. Dove continua a mettere
a frutto il legame con gli Alleati per fornire contatti e altri servizi utili alle
mogli di accusati eccellenti, von Blomberg, von Schirach, Hans Frank, Göring. Finito
il processo fece in tempo ad alimentare un nuovo scandalo nella Saar, allora in
semi-occupazione francese, direttore politico di radio Saarbrücken: in una
perquisizione gli trovarono lasciapassare in bianco della frontiera con la
Germania, di cui faceva commercio. Nell’agosto 1948 ci fu chi lo disse l’autore
dei falsi “Diari di Eva Braun”.
astolfo@antiit.eu
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