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Il papa della fede in Cristo, e di Maria
Non è facile
costruire in pochi giorni una biografia, per giunta di un papa, per di più “venuto
d al nulla”, praticamente uno sconosciuto, Vecchi non ci prova. Molto qui è di
papa Francesco. E di sant’A gostino. Con spigolature del conclave. E
naturalmente con la “pace”, la prima e intensa parola, specialmente oggi, che
Leone XIV ha pronunciato dal balcone. Ma forse molto i vaticanisti dovranno
riabituarsi ad analizzare, di un papa in Vaticano. Che per adesso a loro sfugge
- si vede ogni giorno: molte pagine, molte ore in tv, molti concilii e conciliaboli,
e l’animus del papa e il senso che vuole imprimere al suo papato, che
pure sono tangibili, ancora sfuggono.
Un papa – ha detto
subito, all’annuncio, alle prime parole del primo discorso, vibrate ma calibrate,
scritte, lette – che il cristianesimo intende quello del Cristo-Dio, dell’uomo
che vive nell’amore e nella fede di Dio. Subito dopo intonando – intonando, non
recitando, cosa mai successa – l’“Ave Maria” con tutta la folla in attesa. Per
un senso corale della professione di fede – no divisorio, non “correntizio”. E
per l’amore particolare della Vergine, proprio di chi è cresciuto con la madre,
e quindi nel rispetto o venerazione della donna (un amore e un culto che
intensificherà nei secondi e terzi atti, le prime uscite dal Vaticano, e col “Salve
Regina” anch’esso intonato, e sempre in coro con gli altri fedeli).
Un papa che canta
molto, in coro. Non un papa giornalistico, uno cioè che parla molto e ogni giorno
prepara una sorpresa. Un papa della fede. Che sarebbe una novità, ma poco “giornalistica”.
Gian Guido Vecchi,
Leone XIV, “Corriere della sera”, pp. 63, gratuito col giornale
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