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Secondi pensieri - 562
zeulig
Cinema – “Il cinema è l’arte
della verità”, P.P.Pasolini. Lo è – l’arte della finzione suprema –
inattaccabile - che è la realtà. Come lo è di tutte le narrazioni. Ma al cinema
con l’“evidenza”, invce della “descrizione” – per quanto immaginifica.
Crimini
di guerra – Fattispecie diffusa postbellica, ora dilagante, sebbene
senza criterio o fondamento giuridico, solo l’autoproclamazione, di solito del
vincitore o del potente: il nemico è un criminale. È quello che emerge dall’applicazione
del crimine. E, a contrariis, dal fatto che gli Stati Uniti, che hanno inventato
e applicato la nozione, in tribunali speciali, non abbiano aderito alla Corte
Penale Internazionale dell’Aja e anzi la avversino – non intendono sottostare a
un giudizio “terzo”.
Un delitto
al plurale, quasi a indicare, onestamente, che si tratta di un criterio
politico prima che giuridico: sono i crimini del nemico - il nemico si vuole criminale.
Il nemico del vincitore.
È un
fatto che i bombardamenti Alleati, in Europa (in Sicilia e in Calabria su ogni
minuscolo centro abitato e su ogni quartiere e monumento cittadino), e di più
in Asia, per la “dottrina” specifica del generale Curtis LeMay, fino alla bomba
atomica contro un Paese già vinto, non sono, nonché giudicati, nemmeno mai
discussi. Benché avesere alla programmazione intenti “dissuasivi”, di scoraggiamento della
popolazione, e non militari.
Dei
bombardamenti sulla Germania WE. Sebald, “Storia naturale della distruzione”,
1997, ha fatto un calcolo”esatto”: un milione di
tonnellate di esplosivo, su 131 città, con 600 mila morti. Ma Sebald
è un romanziere, non un giudice.
Le bombe in città
le ha divisate la Luftwaffe, su Guernica, Coventry, Londra, Stalingrado, e
sulla Francia che fuggiva per le strade di campagna, mitragliata a vista. Pure
la strategia suona tedesca: a regimi di massa bombe di massa - Hitler, che
“alla radio aveva una bella voce”, attesta Peter Handke, amava pianificare con
gli slogan. Ma gli Alleati ne sganciarono di più – senza contare la Bomba. Sebald nel 1997 poneva il problema.
Addossava alla Germania di Hitler la prima teoria della guerra aerea totale e i
primi attacchi. Ma al contempo rilevava, da anglista, lo speciale impegno della
Raf negli attacchi aerei massicci notturni, a scopo di terrore, sulle città.
Sotto l’impulso di “Bomber Harris” o “Butcher Harris”, il Macellaio, sir Arthur
Harris, il maresciallo dell’Aria della Raf, l’aviazione britannica, a capo del
Comando Bombardieri. Harris, teorico dei “bombardamenti a tappeto notturni”, a
scopo di terrore, era molto influente su Churchill, che invece sui
bombardamenti dei civili aveva riserve.
L’equivalente
del maresciallo Harris fu nel Pacifico il generale dell’Usaf, l’aviazione
americana, Curtis LeMay. Il generale, di cui si è persa la memoria, che nel Pacifico teorizzò e utilizzò le bombe incendiarie, la sua
“dottrina” diceva “omicida”, diretta contro le persone più che contro gli
obiettivi bellici - il suo allora sergente George Wallace lo avrebbe voluto nel
1968 nel suo ticket, vice nella corsa alla candidatura alle
presidenziali, ma LeMay si tenne convenientemente alla larga. La sua dottrina
era che “non ci sono civili innocenti”. In sei mesi in Giappone distrusse 64
città con le bombe incendiarie, “missioni” facili perché le case erano
prevalentemente in legno. Hiroshima e Nagasaki, che erano in cemento, le
distrusse con l’atomica, un milione di morti. Mentre professava: “Se non
vinciamo saremo criminali di guerra” – i grandi criminali sono-fanno i cinici.
Opinione - Fluisce incontrollabile – si forma e
si trasforma. Contro o sotto ogni forma di limitazione o vincolo, parentale, relazionale,
religioso, sportivo, militare. Anche in prigione o sotto violenza, tortura
compresa. Si veda oggi nei paesi islamici, Algeria, Tunisia, Egitto, tre paesi
altrimenti diversi, per etnia, storia, lingua. O l’Iran, o l’Afghanistan. O la
Turchia, che pure si vuole europea. Accomunati dalla religione, e dalla repressione
dell’opinione. Che per nessun vantaggio, o per altro motivo di continuità,
continua a essere professata in libertà, per quanto sotto torchio.
È la forma - il fondamento e l’espressione, della libertà.
Storia – La storia è fatta dalla preistoria. Molta, se non
tutta. La guerra, p.es., tanto illogica fuori da famiglia-clan-tribù, e tanto
ricorrente. In qualsiasi assetto socio-demografico, per qualsivoglia motivo,
anche banale, e sempre radicalmente distruttiva - la dissoluzione del nemico, spesso
con dileggio, comunque senza pietà.
La storia ha cinquemila anni (scrittura)? La preistoria un milione
novecentonovantacinquemila.
Con una sola cesura, il Cristo. Che però è rifiutato - dileggiato – dalla sua
gente, gli ebrei. E anche dalla sua chiesa non è trattato granché bene. Specie
in fatto di guerre.
La preistoria, anche prima di Babele, della scrittura, è tutta la storia,
anche quella propriamente detta?
Cristo è la sola rivoluzione della storia. La sola rottura con la preistoria
– a parte l’applicazione ai segni, alla conservazione dei segni. Ma gli ebrei
lo deridono, il suo popolo. E i cristiani se ne fanno – se ne sono fatto - vessillo
sanguinoso, assassino, distruttivo.
Traduzione – Si aggiornano, come
è giusto, riproponendo un testo, poetico o narrativo, a una platea rinnovata, comunque
attuale, contemporanea. Ma la
traduzione non dovrebbe contemporaneizzare. Non il testo di cui si vuole
preservare, celebrare, l’originalità – la classicità. L’autore e l’opera sono
storicizzati, storicizzabili. Inevitabilmente. Il contemperamento dei due tempi
sarà il massimo inciampo della traduzione.
La patina fa parte del
linguaggio.
zeulig@antiit.eu
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