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Napoli è sempre Napoli con James Franco
Un
veterano delle tre gradi guerre americane, la seconda, la Corea e il Vietnam, ha
lasciato a Napoli nel 1945 un figlio. Che dopo una ventina d’anni le poste
bizzose gli ricordano, consegnando infine un vecchissimo telegramma della Croce
Rossa, passato atravwerso gli uffici dei Veterani, che gli notificava la morte
della madre del bambino, e il desiderio del bambino, ora ragazzo, di
conoscerlo. In crisi con la mglie e con la vita, come tutti reduci dalle guerre,
Joe decide di partire. Napoli è cambiata, ma non molto (il nostro eroe è “Joe”
anche se si chiama Dean), e col figlio ritrovato va incontro a molte peripezie,
dal contrabbando alle coltellate. E al cancello di partenza in aeroporto per
mettersi in salvo in America, ci ripensa, e rimane.
Una
trama semplice, con un solo significato, nemmeno tanto originale: Napoli val bene
una coltellata. Anche se è, senza sbavature,
cioè senza novità, “napoli”, tutto il colore ammonticchiato. Un “veterano”, un
reduce di tre guerre senza più stimoli, nemeno dall’alcol, si rigenera nell’affetto.
E i pericoli gli fanno da stimolo. Ma il racconto è superbo.
Il
film è stato danneggiato dal fatto che tra inglese e napoletano stretto va
visto con i sottotitoli, ma fa passare due ore senza mai una caduta d’attenzione.
Un miracolo di James Franco, che, dimesso, sempre un passo indietro, un “veterano”
che?, ha un’espressione per ogni inquadratura, in un esercizio naturalissimo ma
moltiplicato, apparentemente inesauribile, di minuti gesti, sguardi, pause,
ombre.
E
con lui, o col regista, tutt il cast funziona – uno si dimentica la
napoletanità, o napolitudine: Giulia Ercolini, la “salvatrice” dello spaesato “Joe”,
entraîneuse e traffichina (sa perfino fargli ritrovare il figlio), Giada
Savi, la ragazza innamorata del 1945, Francesco di Napoli, il figli ritrovato,
in quattro o cinque personalità diverse, Aniello Arena, il patrigno camorrista,
nella migliore arte della caratterizzazione.
Claudio Giovannesi,
Hey Joe, Sky Cinema
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