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La scoperta della musica in America, a opera di Da Ponte
Due secoli
fa, nel 1826, la prima esecuzione di musica classica, d’opera specialmete, in America.
La prima manifestazione culturale di New York, spiega Martin Scorsese, che
commenta la ricostruzione fungendo da filo conduttore, che apre alla città un’assoluta
novità, e quella che prelude al suofuturo sviluppo come centro interculturale e
in continuo fermento, la capitale del’immaginario e delle arti del mondo intero.
Un
film breve, poco più di un’ora, in forma di documentario, che ricrea un mondo:
New York nel 1826, avviata alla ricchezza ma senza ombra di cultura. La vita nei
quartieri segnata dalle comunità d’immigrazione. Gli irlandesi che si
costruiscono al loro chiesa di Saint Patrick a Mulberry Street, limitrofa poi
di Little Italy e di Chinatown, una cattedrale monumentale che ancora resiste,
uno degli edifici più antichi degli Stati Uniti, allora in un terreno disabitato
un po’ remoto. Grazie ala munificenza di Pierre Toussaint, uno schiavo haitiano
liberato e ricco, che finanziò largamente la costruzione, che la chiesa ha poi proclamato
Venerabile – onorato con la tomba nel cimiterino parrocchiale. Accetto per questo,
per le generosità, agli irlandesi, che invece a lungo non soffriranno i “siciliani”,
gli italiani quando cominciarono anche loro a scoprire l’America.
E in
parallelo la storia di Lorenzo Da Ponte, che a New York finisce la vita
tribolata, di debiti e di fughe, pizzicagnolo anche lì fallimentare, poi astuto
e abile promotore di cultura, di musica, del belcanto, localmente ignoto, e
quindi in contatto cn le autorità e i maggiorenti. Sua l’idea nel 1826 di un
oratorio-concerto nella cattedrale, con molte arie d’opera. A cui affluiscono grandi
folle. E la scoperta è fatta, della forza della cultura. E di Maria Malibran
giovanissima, poi regina del belcanto, non solo in America.
Una
narrazione semplice e appassionante. Legata dai ricordi di Scorsese, che sa
unire il vecchio evento, dimenticato, alla sua propria vita a Little Italy, e
attorno alla cattedrale. Supportato dall’ingegnere del suono Jared Lamenzo,
accordatore e organista del venerando Henry Heron, il gigantesco organo a canne,
che in qualche modo riesce ancora a far risuonare alla messa – cattedrale è
sempre in attività, St.Patrick Old. È lui che ha scoperto per caso, sfogliando da
musicologo curioso vecchie pubblicazioni, il programma del concerto-oratorio
tenuto nel 1826. Di cui non c’era più memoria. Con qualche “pezzo” di cui, malgrado
le estese ricerche sue proprie e del musicologo Zimei, non è riuscito a
riscovare la partitura. Il teatro Lirico di Cagliari e il maestro Renzetti arrangiano
i brani ancora noti.
Presentato
senza pretese – il film era pronto per il 2019, fu bloccato dal covid, e
successivamente dimenticato - è una forte narrazione. Ricostituisce la vita d’immigrazione,
la fedeltà alle origini, le radici, e le divisioni etniche, un’America senza cultura alta dapprima e poi in rapidissima crescita, il forte legame unitario della religione,
la figura romanzesca del dimenticato Da Ponte, e la musica, operistica e non,
che anima New York, le sue periferie.
Originariamente
questo “Oratorio” era seguito da un “Da Ponte’s Oratorio: a concerto for New
York”, con l’esecuzione di tutte le musiche del programma 1826 recuperate,
Cimarosa, Zingarelli, Haydn, Haendel, Arne, etc., con l’orchestra e il coro del
Lirico di Cagliari, concertata e condotta da Renzetti, e i cantanti Francesca
Dotto e Salome Jicia, soprano, il tenore Patrick Kabongo, i baritoni Pier Luigi
Dilengite e Daniele Terenzi. Il secondo “Oratorio” è qui ridotto a una
coda di due minuti, per “dare l’idea”.
Alex
Bayer, The Oratorio, History Channel, Now
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