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domenica 3 agosto 2025

Come Céline divenne antisemita

Il racconto di come e quando Céline divenne antisemita. Dopo l’insuccesso, in Francia, di “Morte a credito”, il secondo suo romanzo, attesissimo da lettori e critici dopo il botto del primo, che Céline attribuì al malvolere di critici ebrei. E la revulsione verso il comunismo (in cui in qualche modo confidava, va aggiunto), subentrata a Mosca dove si era recato per spendere i diritti d’autore dello stesso romanzo – che invece in russo era stato un grande successo.
Sotto forma di recensione di uno dei tanti libri che Maurice Bardéche dedicò a Celine, tradotto infine dalle edizioni Italia, dopo quarant’anni, Mughini rievoca una sua visita, circa quarant’anni fa, all’autore, e una lunga conversazione con lui su Céline diventato antisemita. Bardèche, fascista impenitente, cognato di Brasillach, processato anche  lui nel 1945 per collaborazionismo, ma in qualche modo graziato, al contrario del cognato, fucilato, non fa di Céline un fascista nato. No, più che altro deluso, e per questo rancoroso, contro un nemico indistinguibile, massone, anazionale, intrigante, cui diede il nome di ebreo, in linea col sentiment del tempo.
Manca – manca anche in Bardèche – il fatto essenziale: l’esperienza pregressa di Céline, pregressa al “Viaggio”, alla scrittura, come funzionario della Società delle nazioni, in quella che oggi è l’Oms, che scoprì plumbea e arrogante, il tipico potere dei burocrati, che dirigenti massoni, ebrei e quant’altro specialmente gestivano. Prima dei libelli, ne ha fatto ritratti divertiti ma devastanti – se ne può leggere ne “I sottouomini”, i testi sociali da noi curati nel 1993.
Giampiero Mughini, Le stramberie dalle quali si salvò uno dei più grandi scrittori del Novecento, “il Foglio” online

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