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La buona scuola fatta dai bambini
“L’insegnante
meccanico, già in funzione, la stava aspettando….
“Lo schermo era
illuminato e stava dicendo – Oggi la lezione di aritmetica è sull’addizione
delle frazioni proprie. Prego inserire il compito di ieri nell’apposita
fessura. Margie obbedì con un sospiro. Stava pensando alle vecchie scuole che
c’erano quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di
tutto il vicinato, ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in
classe, tornavano a casa insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse
cose, così potevano darsi una mano a fare i compiti e parlare di quello che
avevano da studiare. E i maestri erano persone...
“L’insegnante
meccanico stava facendo lampeggiare sullo schermo: – Quando addizioniamo le
frazioni 1/2 + 1/4...
“Margie stava
pensando ai bambini di quei tempi, e a come dovevano amare la scuola. Chissà
come si divertivano!, pensò” (Isaac Asimov, “Chissà come si divertivano!”, in “Tutti
i racconti”, Milano, 1991 - Titolo originale “The Fun They Had!”, in “Magazine
of Fantasy and S.F.”, 1954)
La scuola come un
laboratorio meccanico? Automatico? L’insegnamento e l’apprendimento come una partita
doppia, di dare e avere? È l’incubo del momento, con l’avvento dell’intelligenza
artificiale. Ma ci sono già degli antidoti.
Per i bambini
della scuola materna il primo è in questo libro, superbamente edito e
opportunamente illustrato. Sottotitolo “How to deep Learning through Inquiry
and Play”, come migliorare l’apprendimento con la curiosità e il gioco.
L’insegnamento come una sorta di autoapprendimento, di sviluppo della personalità
e delle doti naturali o inclinazioni particolari.
Renée Dinnerstein,
educatrice d’infanzia di lunga esperienza, con numerosi workshop anche a
Reggio Emilia, del Reggio Emilia Approach, riflette e amplia
la metodologia pedagogica elaborata nella città emiliana negli anni 1970. Dal
pedagogista Loris Malaguzzi. Con una lunga esperienza pratica, che si è condensata
negli anni 1990 in “Reggio Children” e il Centro Internazionale a lui
stesso intitolato. Diffusa ormai come metodologia principe, più che pilota, in
molti contesti. Una filosofia educativa che guarda al bambino come a un
soggetto di diritti, con forti potenzialità di sviluppo. Da favorire aprendolo
ai “cento” linguaggi dell’umanità, in una relazione a fecondità moltiplicata.
Renée Dinnerstein
rielabora il metodo innovativo del Reggio Emilia Approach applicandolo al
“Choice Time”, il doposcuola libero in cui i bambini della materna possono organizzarsi
autonomamente, per un gioco, un lavoro pratico, una ricerca, un’avventura. E lo
rielabora con la proposta di creare degli spazi autonomi, per ogni tipo di “comunità”
infantile, di condivisione di curiosità e interessi. Con l’obiettivo di ampliare
le conoscenze, o comunque di stimolare con la curiosità l’intelligenza, le
propensioni, le passioni, attraverso gli scambi reciproci. O anche soltanto di
divagare con la fantasia, nella creazione di mondi immaginari-reali. Mini-centri
d’interesse, creati o disposti sulle domande dei bambini, che promuovano il
libero esercizio della curiosità (l’inquiry-based play) o delle fantasie.
Per radicarli in questo modo in se stessi, nella loro “natura” e nelle pulsioni,
ancora inavvertite ma presenti. E comunque aprendoli al maggiore sviluppo
possibile delle proprie potenzialità, caratteriali, consociative e di
adattamento. Alla buona cittadinanza.
Renée Dinnerstein,
Choice Time, Heinemann, pp. 164, ill. $ 35
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