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La scrittrice desnuda
Curioso
libro “da banco”, da lettura. Tanto più per essere ben anteriore al Nobel,
quando Ernaux era solo la scrittrice de “Gli anni”. Raccoglie appunti,
notazioni, idee, piani, abbandoni, riprese, mutazioni di idee o progetti di
narrazioni. Un “laboratorio nascosto” o segreto. Anno dopo anno, dal 1982 al
2015. Anche molti appunti, le pagine sono dense. Che forse potevano servire a
un lavoro filologico sulla scrittrice, sui suoi modi e i suoi progetti di scrittura.
Non
una metodologia, o un modo di fare, di produrre, di scrivere. Una sorta di
raccolta di “varianti”, che, si vede, attraggono solo se poche e brevi, per un
verso, una sintassi, una parola, come curiosità. La raccolta confonde – si
direbbe, ma non si può giurarlo, che non accende la curiosità mai.
Ernaux
lo sa meglio del lettore, al quale premette: “Il lettore sarà colpito –
perduto? - dall’incastro di progetti, adottati poi scartati, ripresi in seguito
e che, per molti, finiranno per essere realizzati a più o meno lungo termine,
ma sotto altri titoli e dopo avere conosciuto molte metamorfosi”. Su un tema
peraltro ripetitivo, la propria vita della scrittrice: i genitori, con le zie e
le nonne, il paese, le scuole, l’aborto, gli amori, gli amanti, anche non russi.
Per raccontare, in definitiva, “tutta questa pena oscura, sprovvista della
grandezza che si figura nella creazione letteraria”. Pur sapendo che “c’è
qualcosa di pericoloso, se non di impudico, a svelare così le tracce di un
corpo a corpo con la scrittura”.
O
allora sarà che Ernaux è la scrittrice che si mette a nudo - realmente, fisicamente, non figurativamente,
come Colette p.es.: la famiglia, il paese, la costruzione sociale, lo stupro
forse a diciott’anni, l’aborto, il sesso, nelle forme più spinte. E la scrittura.
Annie
Ernaux, L’atelier noir, L’Imaginaire Gallimard, pp. 76 € 10
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