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La montagna Th. Mann
Il settimanale elegge Thomas Mann, di cui “non ricorre” niente, “la
coscienza dell’Europa” - “Thomas Mann la coscienza
dell’Europa” è il titolo del contributo di Manguel, che dà il tono alla
celebrazione. Incongruo, dato che Thomas Mann ha fatto “la coscienza
dell’Europa” tardi e malvolentieri, dalla Svizzera dove si era “rifugiato”.
Non una novità, è ormai un
modo di dire. Solo che stona nella nuova Germania, quella post-unificazione,
che all’Europa pensa poco o niente, giusto al bisogno – era diverso quando
stava a Bonn, e aveva i russi a Berlino. E riporta semmai al vero Thomas Mann.
Che era, e rimase anche dopo il Nobel e
nel secondo dopoguerra, un nazionalista convinto, solo deluso. Della Germania
prima della classe. Anche – anche – con Hitler, “fratello Hitler”, ben tedesco
cioè, benché austriaco. Di antipatia feroce contro la cosiddetta “latinità”, il
fratello Heinrich e la Francia a lungo, anche nel dopoguerra, e l’Italia – dove
pure passava le vacanze in famiglia, finché ne ha avuta una, e scriveva senza
sforzo (quanta fatica nella sua prosa più caratteristica, che si finge sia
aerea e perfino idilliaca, ed è limacciosa, una caricatura del tedesco).
Lo spunto alla celebrazione è una mostra che il Buddenbrookhaus di Lubecca, la casa museo della (presunta)
famiglia Mann, dedica allo scrittore al St. Annen Museum della stessa città, per
i 150 anni della nascita, che Mastrobuoni presenta entusiasta. Benché piena delle foto solite, a quel che si vede, dello scrittore accigliato, in posa, con i figli, con i quali non ha mai parlato - i figli della madre.
Figli numerosi, di cui si è
poco curato. E con distacco se non disprezzo. Perché mezzo ebrei, essendo la
moglie ebrea? Il tipo è anche su questo riservato, ma nei racconti, e ne
“L’eletto” (dell’incesto faceva “regalo” ala famiglia della moglie, mentre l’omosessualità
aveva finto autoreferente in “Morte a Venezia”, sempre attento alle “ragioni
del mercato”), ha molto ridicolizzato, senza simpatia, i cognati e l’ebraismo.
Recalcati spiega della “Montagna
incantata” (ma ora non è “magica”?) che “usciva lo stesso anno della «Psicologia
delle masse» di Freud", per una sorta di diagnosi congiunta, “il crollo dell’Occidente”.
Che un po’ è vero, ma è molto teutonico. E prima non c’era Spengler, che Th.Mann
e Freud non possono non avere letto, che il diluvio aveva annunciato alla sconfitta
della Germania, a fine 1918 – il tramonto è della Germania?
Manguel rende la lettura
accattivante repertoriando antifrasticamente Th. Mnn qual era. Della cerchia
intelletuale conservatrice in tutti gli anni 1920, frondisti contro la
repubblica di Weimar, e anche un po’ di più. Di Balzac annotando nel diario,
dopo un “tentativo di lettura”: “Troppe chiachiere inutili sulla società” – Balzac
è ben francese. Il “New Yorker” nel 1950 ne parlava come di “un grade
scrittore, ma non forse così tanto grande”. Peggio Borges: lo lesse “in età
avanzata e disse a Bioy Casares che …. era «un perfetto idiota»”. Italo Calvino
“sostenne che era davvesro «un autore del diciannovesnmo secolo»”, dell’Ottocento,.
E “Bertolt Brecht definì Mann «un colletto inamidato»”.
Alberto
Manguel-Tonia Mastrobuoni-Massimo Recalcati, L’Europa incantata, “Robinson”
€ 1,50
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