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martedì 18 marzo 2008

L'euromuro della stolida Europa

S’immagini l’euro a 0,80 sul dollaro, o alla pari, come sembrava destinato, invece che a 1,60 qual è oggi, staremo peggio o staremmo meglio? Non potremmo stare peggio: l’euro caro è il pilastro principale della tendenza al rialzo delle materie prime, agricole e minerali, in atto ormai da quasi un lustro. Nonché dell’inflazione, che il paniere Eurostat non riesce più a nascondere. La Fortezza Europa si vuole protetta, ma il Muro sarà stata l’ultima sua devastante ideologia. Quello di Berlino, quello di Gerusalemme, per il teutonismo ebraico indefettibile, quello di Zanonato e altri strateghi nordici, e quello dell’euro. Che ora vale due volte il dollaro, ma senza alcun buon motivo. Il Muro è certo meno peggio del lager, quello dell’euro poi è autolesionista, ma quanti danni.
L’euro che vale il doppio del dollaro (aveva debuttato a 0,80 pochi anni fa, ricordate?) dovrebbe proteggere l’Europa dall’inflazione, questo vuole la stolida ideologia tedesca, e invece non fa che moltiplicarla. Quella domestica per ovvi motivi: agricoltori, allevatori, mediatori agroindustriali, per quanto potenti, industriali della meccanica, dell’abbigliamento, dell’elettrotecnica, di tutti i comparti di consumo, per rincorrere condizioni di produzione sempre più onerose, in un mercato sempre più ristretto, per la contrazione dei consumi e delle esportazioni. Ritorna lo schema anni Settanta, quando prezzi e salari si rincorrevano lungo la scala mobile. Oggi prezzi e produzione si rincorrono a causa dell’inafferrabile e caro euro.
Ma il caro euro è anche all’origine di buona parte dell’inflazione da importazione da cui dovrebbe proteggere l’Europa: petrolio, granaglie, metalli, preziosi. A motivo del caro-denaro che esso ingenera e protegge. E per agire da comodo piedistallo alla speculazione al rialzo sulle materie prime, tante sono le ricchezze che essa ha accumulato in cinque anni contro le stolide certezze di Trichet & co.. E quando, dopo i quattro anni di magra seguiti all’infausto decollo dell’euro, un minimo di ripresa del lavoro e della produzione, e quindi del reddito e dei consumi, si è manifestato, l’ha spento come se fosse un focolaio infetto. Il masochismo dell’euromuro è evidente se si guarda alle condizioni della produzione: quale area economica si sega da sé dal “mondo”? Dal mercato nordamericano cioè, che è sempre un buon terzo del mercato mondiale, e da quelli asiatici, del petrolio compreso, che sono legati a quello americano?
Gli speculatori che l’euromuro arricchisce lasciano volentieri la loro liquidità in euro, ma giusto per lucrare il cinque per cento e più, i tanti fondi sovrani che i produttori esportatori di materie prime hanno dovuto mettere su per gestire una così enorme liquidità. Si tengono liquidi in euro, pronti a scappare, capitalizzando una forza che ritengono pretestuosa, improduttiva, e probabilmente intenibile. Non comprano, non investono, dove c’erano – in Borsa – scappano via, cedole e capitali, tenendosi sempre ben stretti malgrado tuoni e tempeste all’area del dollaro, dove si fa la vera ricchezza, si investe, si produce, si consuma. Si denominano in dollari, ne fanno incetta per le loro banche centrali, investono in dollari, almeno per il 90 per cento del totale, gli investimenti eurovestiti si contano.
La politica della Bce è una non inconscia politica di tagliarseli. Per orgoglio, certo. Per stupidità: la spesa per interessi sul debito pubblico, oggi la peggiore aggravante del debito italiano, è passata dal 4 per cento del pil del 2005 al 5 per cento nel 2007, con un aumento in un solo anno di 17 miliardi in più sacrificati all’euromuro, che sono andati per oltre la metà nelle tasche dei fondi esteri e dei fondi sovrani. Per impotenza anche, malgrado la superbia, se il raddoppio di valore nominale rispetto al dollaro impoverisce e non arricchisce l’Europa. Una politica di vecchi dispettosi, che quando hanno detto male degli Usa, svolto il compitino dei loro nonni, e creato dei cordoni sanitari, si dicono grandi statisti e soddisfatti. Che l’Asia, un terzo dell’umanità, si stia portando d’un colpo al livello dell’Occidente non possono capirlo, la globalizzazione basta deprecarla, e tutto finisce – non siamo europei per niente.

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