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venerdì 29 maggio 2009

Il Muro non è caduto vent'anni fa

Si celebra di tutto, perfino il decennale della morte di Wolfendotir, scrittrice islandese, per dire, ce ne sarà una, ma non i venti anni della caduta del Muro. Venti anni fa fuggivano i giovani e i non più giovani, in treno, in macchina, in barca e a piedi, dall’Ungheria, dalla Cecoslovacchia, dalla Polonia, dalla Germania Orientale, mentre i kapò del sovietismo allargavano le braccia rassegnati. Lilli Gruber ne intervistava pure che esibivano un sorriso umano e si candidavano a libere elezioni. Ma nessuna celebrazione se ne fa.
Dopo quasi un secolo si è ristabilita nel 1989 in Europa una situazione di pace non guerreggiata, e niente, la cosa non merita un ricordo. Nemmeno per l’estate, stagione solitamente vuota di eventi, se ne preannunciano: ricostruzioni, convegni, memorie speciali, libri, saggi. Non a Bruxelles, che naturalmente non esiste, ma neppure in Germania e in Italia, dove il silenzio si sente. Forse perché la caduta del Muro ha coinciso con il crollo del comunismo sovietico, e questo non si può celebrare: Germania e Italia sono Paesi per i quali il sovietismo è caduto ma non nei cuori. In Germania nel vecchio cuore di pietra anarchico, in Italia nel conformismo parrocchiale.
Ed è ancora la parte migliore della storia. Perché sicuramente verrà riesumato Gorbaciov, se non è morto, l’unica faccia presentabile di settant’anni di storia. E si dirà: visto, non tutto era bacato, il mercato ci ha portato alla crisi. L’oblio non è trascurabile, è una forma dell’ipocrisia: non si fa la storia (non c’è stata una storia libera del sovietismo, in venti anni), e anzi si contrabbanda con uno slogan, una faccia. Da sinistra: la sinistra, che si è formata politicamente per portare la verità nella storia, si esaurisce in piccoli artifici pubblicitari. Si può parlare di crisi del comunsimo, è vero, ma solo se riguarda la Cina e Tienanmen, che, non sappiamo bene cosa è successo, ma ci può commuovere tutti: la Cina è lontana.

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