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venerdì 18 ottobre 2019

Letture - 400

letterautore

Austria-Vienna – Il paradiso dei mitteleuropei è rifiutato dai suoi Autori, il Nobel Handke e il Nobel-di-tutti Bernhard , come già da Ingeborg Bachmann. Anche l’altra Nobel, Jelinek, non è tenera. Handke e Bernhard si può supporre per motivi personali: entrambi illegittimi, nati da madri nubili con uomini sposati. Entrambi cresciuti con un patrigno, con la sola autorità paterna, a distanza, del nonno materno. Bachmann e Bernhard in polemica col tiepido antinazismo austriaco, bollato come nazismo. Handke, di madre slovena, arrivato al punto di coltivare lo slavismo, almeno fino alla guerra contro la Serbia, a preferenza del germanesimo. Bachmann e Handke hanno scelto di vivere fuori dell’Austria, Bernhard in continua polemica.

Auto elettrica – Gadda si diverte, scrivendo nel 1931, su una vecchia foto del principe di Galles, il futuro Edoardo VII, che all’Expo di Parigi nel 1900 “siede pieno di bonomia in una elefantesca carcassona ad accumulatori, che doveva certo raggiungere i 12 km. orari”. Velocità ritenuta temeraria.

Balzac – Ha 2.060 personaggi, secondo un “Répertoire de la Comédie Humaine” di Cerfberr e Christophe, citato in Pierre Abraham, “Créatures chez Balzac”, che qualche anno dopo prendeva le misure dell’autore sotto tutti i possibili aspetti scientifici – statistici, psicologici, etici, eccetera.

Burgess – Ha tradotto in italiano Joyce, “Finnegans Wake”, ha cominciato a tradurlo, insieme con la moglie Liana. Ne diede l’annuncio alla rivista “American Scholar” nel numero Inverno 1971-72: “Il nostro titolo di lavorazione, a proposito, è pHorbiCEtta: forbicetta significa «earwig»; si possono vedere le iniziali di Humphrey Chimpden Earwicker saltare fuori dalla parola in tutto o in parte”; si rivolge al mondo – orbi; è insieme papa e insetto”. 
Qualche anno dopo, 1975-77, Burgess collaborerà con Zeffirelli per “Gesù di Nazaret”. 
La Fondazione Burgess conserva una traduzione in italiano di 11 pagine. Una col titolo,  “pHorbiCEtta. James Joyce”, manoscritto e illustrato da Burgess, e forse dal figlio Andrew. Quattro pagine di prova di traduzione manoscritte, che corrispondono alla pagina 70 di “A shorter Finnegans Wake”, col dattiloscritto della stessa prova di traduzione, con una correzione autografa. Una pagina di traduzione provvisoria, corrispondente alla prima pagina del romanzo, con correzioni manoscritte di Burgess. Cinque righe di traduzione della prima pagina, con correzioni manoscritte di Liana Burgess e Anthony Burgess.  

Dialetto – Ha dato i migliori risultati nella prosa novecentesca con scrittori di cui non era la lingua madre, il romanesco di Gadda e Pasolini. Mentre il napoletano Eduardo italianizza. E il Pirandello siciliano è stato presto desueto – Camilleri non fa testo, il suo “siciliano” è legato a personaggi caratterizzati del ciclo Montalbano.  
Gadda nel 1954 faceva della pratica naturale del dialetto la condizione della sua riuscita letteraria. Recensendo l’“Hypnerotomachia Poliphili” del “trevigiano Francesco Colonna, frate, il tipo di umanista claustrale”, “una sorta d macchinone allegorico-fantastico-sensorio di una rara stoltezza,  redatto in un italiano-latino-greco della più strana qualità, nato dalla solitudine e dalla follia letteraria”: “La prosa del dissennato umanista perviene (involontariamente?)  ai confini della maccheronea e del grottesco…. Ci mostra in quale «impasse» è venuto a cacciarsi lo scrittore da tavolino che vuole inventare una lingua su documenti letterari senza tener conto della realtà realmente linguacciuta  di Padania, o di Toscana, o di Napoli”. 

Diritti – Verdi ebbe un anticipo di un milione di euro per “Otello”, mantenendo per sé i diritti d’autore – da documenti di Casa Ricordi esposti a New York, alla mostra “Verdi” alla Morgan Library and Museum.
Manzoni “ha fatto meno soldi di Moravia e Pasolini e Germi e Fellini”, secondo un indispettito Gadda (ne scrisse in tal senso a Citati il 26 luglio 1960). Indispettito contro Moravia che aveva diminuito Manzoni presentandolo nei Millenni Einaudi. “Il Manzoni era un signore, malato d nervi, un po’ fissato sulla cioccolata…come conservatore ha fatto meno soldi….”.

Fenici – Sono sconosciuti a Roma. Negli stessi luoghi, il Colosseo e il Foro Romano, dove una insistente pubblicità dice che sono celebrati in una grande mostra. La richiesta d’informazioni a due addetti all’informazione del Foro Romano, perfetti nelle divise, compiti al tratto, non due coatti rivestiti, sul dove la mostra annunciata fosse visitabile ha prodotto sguardi smarriti e non so. Non meglio è andata allo 060606, il centralino di informazioni di Roma Capitale, solitamente servizievole. Allo 060608, il centralino di Roma Capitale per gli spettacoli e “gli eventi”, uguale incertezza. Dissipata all’ultimo, per caso, per aver detto “Ma sì, i Fenici, i Cartaginesi”. L’operatrice si è allora illuminata: “Allora lei intende la mostra Carthago”.
Scontato che l’operatore pubblico è pagato per non lavorare, però: non deve avere la terza media?

Finnegans Wake – Fu subito indovinelli e sciarade. Mentre era ancora in mente a Joyce. Già nel 1929, mentre la scrittura era agli inizi, più programmatica che realizzata, il riferimento era a un “work in progress”, si pubblicava una corposa raccolta di saggi esplicativi, col debutto nelle lettere di Samuel Beckett. Non spessa, una ottantina di pagine, ma dal titolo finneganiano, “Our Exagmination round his factification for incamination of Work in progress”, e si avvaleva di una decina di contributi. Tra essi quelli di William Carlos Williams, Eugene Jolas, Marcel Brion, Robert McAlmond – si segnalava per l’assenza Pound, ostetrico e mallevadore dell’“Ulisse”.
Beckett apre la raccolta con otto pagine sulle influenze italiane maturate da Joyce: “Dante… Bruno. Vico… Joyce”.

Il volume, tradotto nel 1964 da Francesco Saba Sardi, con una prefazione di Sylvia Beach, era stato già segnalato da Eco nel 1962, con la parodia “My exagmination round his factification for incamination to reduplication with ridecolation of a portrait of the artist as Manzoni”, in cui fa attribuire “I promessi sposi” a Joyce – che ha poi incluso in “Diario minimo”.

Generazione X - Lamenta Scurati sul “Corriere della sera” “l’infecondità” della sua generazione, di quaranta-cinquantenni, la Generazione X, oggi “padri senza figli”. Curioso lamento in contemporanea col ritorno dei padri contro i figli, Del Vecchio e De Benedetti. Dopo il ritorno, qualche tempo prima, di Luciano Benetton e del poi defunto Caprotti. Di padri che si sono riprese le aziende che avevano legato ai figli. Troppi casi per essere “casi”: l’Italia è un Paese bloccato, anche generazionalmente. Non per colpa dei vecchi, dato che al ritorno sono migliori dei giovani.

Giallo  - “La Lettura” si dedica al giallo. Con cinque giallisti di fama, De Giovanni, Lucarelli, Lagercranz, Fiona Barton, Michael Connelly. Che sottolineano ognuno una ragione del successo di pubblico di questo genere, in Italia a lungo marginale. Ma nessuno che dica quella probabilmente più importante: la “popolarità” dei personaggi, più che gli intrecci, anche morbosi, o gli inquirenti, anche di peso, come Montalbano o Maigret. È il successo tv che lo dice: i gialli sono visti da “tutti”. Perché fanno partecipare “tutti”, la portinaia e il bifolco, il drogato e la ragazza pia. Si dice il realismo del giallo un realismo nuovo, non il “naturalismo” fine Ottocento, alla Zola, alla Verga. Ma in una vena ordinaria, della quotidianeità. Epico di fatto, ma dei piccoli e ignorati.  

Nievo – Gadda ne era conoscitore e estimatore, che lo apparenta più volte a Stendhal, nelle recensioni dei primi anni 1930 ora raccolte in “Divagazioni e garbuglio”. Recensendo il cugino Piero Gadda, gli trova (ironicamente) patrons Stendhal e Nievo, “i quali non sono così lontani fra di loro, almeno se si pensi a certo Stendhal della ‘Certosa’”. Per poi dire che Piero “va avanti benissimo per conto suo”, senza scomodare Stendhal, e senza Nievo: “Né il Nievo gli ha prestato la sua prosa robusta, elegantissima e classica, polposa e icastica, ma forse un po’ del suo tono e del suo clima, e di quel brio così dolcemente umano e satirico a un tempo,e di quella così chiara aura come chi dicesse una luce d’Italia, malinconica e serena oltre il migrare delle tempeste”.

Stendhal – “Livio e Cesare sono stendhaliani più che uno non pensi”, C.E.Gadda (“Divagazioni e garbuglio”, 60-61). Anche se “il senso tragico ed ossessivo della morte e dello scannamento vi domina (jam ad necem pervenerant) e quell’altro del presente volere, opposto al destino”.

letterautore@antiit.eu

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