letterautore
Adolescenti – La “morte
degli adolescenti” Gioacchino Lanza Tomasi, storico dell’opera lirica, trova
aver “prodotto tra i passi più alti di ogni letteratura e di ogni teatro musicale”
– “Lampedusa e la Spagna”, p. 88: “Varianti del tema biblico della figlia di
Jephte, storie dove il patetico estremo si manifesta come rito sacrificale della
gioventù minacciata”.
Dialetto – “L’Italia è un
Paese unico in Europa per quel patrimonio linguistico inestimabile che sono i
dialetti – purché non vengano usati come marche identitarie, destinati alla
tutela di un territorio” - Giuseppe Battiston.
Dolore
– Ha mille forme, e applicazioni. Una classificazione
quasi interminabile ne fa Guido Biasco, da direttore scientifico dell’Accademia
bolognese di Scienze Palliative, introducendo la conferenza di Eco “Riflessioni su dolore”: “Il dolore del
fisico e il dolore dell’anima, il dolore percepito e il dolore provocato, la
sofferenza come viatico per la redenzione, il dolore desiderato, il dolore dell’amore
perduto, il compiacimento del dolore altrui e il dolore per i propri difetti, la
raffigurazione del dolore e la descrizione del male, il dolore come generatore di energie dello spirito, il dolore come
strada per la conoscenza e la conoscenza del dolore come mezzo di sopportazione,
la cultura e il controllo dei sintomi”.
Duemila –“Se facciamo sbrigativamente
un bilancio dei primi venticinque anni del Duemila, la cosa che sorprende di
più è l’esiguità, la povertà culturale e intellettuale”, Alfonso Berardinelli,
“Il Foglio quotidiano”, sabato 26: “Il tempo attuale è soprattutto un rumore
informativo e informatico che non sembra richiedere più un perché”.
Don Giovanni - Tirso de Molina,
“L’ingannatore di Siviglia”, Lanza Tomasi dice che per Tomasi di Lampedusa era
“il padre di tutti i donjuanes” – “Lampedusa e la Spagna”, 89.
Editing – È la fine
della scrittura? Ed Dorn, il poeta, è quello che ha fatto emergere, e poi
rivalutato, Lucia Berlin. Un racconto non gli è piaciuto, “El Tim”. Glielo ha
rinviato, con ipotesi di riscrittura. Berlin
non dice niente per un po’, poi gli scrive: “Ricordi il racconto «El Tìm»,
senza più il «lieto» fine, o il caso problematico? Nessuna rivista (sul centinaio)
l’ha voluto, , dicevano che era troppo delicato, il «problema» cattolico – la monaca infoiata,
suppongo – e la scorsa settimana una rivista cattolica l’ha comprata per 150 bigliettoni.
Questa volta senza angosce o agitazioni “creative»”.
Fratelli Bandiera – “Dimenticati
– dell’epos risorgimentale resiste solo Garibaldi - i fratelli Bandiera sono
stati dei Garibaldi sfortunati”. Ritrovandosi nel 1931 presso Cosenza, “il funesto
vallone di Rovito che vide falciata quell’eroica primizia, una strada infossata,
all’occasione torrente”, che “un gran salice piangente ombreggia” – e sarà
morto anche quello, come tutti i salici – ma che “pioggia più feconda non
penetrò mai terra italiana”, Antonio Baldini (“Italia di Bonincontro”, p. 218)
li ricorda: “Intunicati di nero e a piedi scalzi marciano al supplizio i
fratelli Bandiera con gli altri sette e cantano a voce spiegata il coro della ‘Donna
Caritea’. Non meno di tre scariche di fucileria occorrono per far tacere quel
canto. Emilio cade alla prima, Attilio alla seconda”.
“Donna Caritea regina di Spagna” è un soggetto che fu musicato due volte
nel primo Ottocento, da Carlo Coccia e da Mercadante. Il riferimento è al coro
dell’opera di Mercadante al primo atto, “Aspra del militar bench’è la vita”, col
verso “Chi per la patria muor, vissuto è assai”, subito diffuso tra gli ambienti
carbonari, e poi per tutto il Risorgimento – in adattamento: il testo del libretto
era “Chi per la gloria muor….”.
Gattopardo – Per un “errore” si sa che propendeva Gioacchino Lanza Tomasi, il figlio adottivo dei Tomasi di
Lampedusa, per il titolo del romanzo - la parola dialettale in uno in Sicilia per leopardo. Errore in senso improprio, spiega in “Lampedusa e la Spagna”, perché “per Lampedusa la lingua astratta poteva anche
essere popolare, meglio ancora doveva essere popolare per poter mimare i
sentimenti comuni”.
Lady Chatterley – Era in
Shakespeare, nella “stregata Titania” del “Sogno di una notte di mezza estate”,
che finisce per innamorarsi di un “rude mechanical” - che sarebbe manichino, ma
rende l’idea? Ramie Targoff, “Le sorelle di Shakespeare”, p.42, non ne fa l’ipotesi,
ma l’accostamento rende naturale col racconto
degli intrattenimenti organizzati a Woodstock a fine estate 1575, da Sir Henry
Lee, un affarista elevato a dignitario dalla “vergine” regina per il
divertimento della stessa – a completamento della pausa estiva, summer regress:
la corte si muoveva in progress, in varie località del regno e in
diversi ambienti, anche se tutti altolocati, e soprattutto ricchi, dove veniva
ricevuta e intrattenuta con grandi spettacoli.
Longobardi – Il popolo
dalle “lunghe barbe”, langbart, che la Lega celebra(va), è nominato per
la prima volta di sfuggita da Tacito, fra le tribù germaniche con cui i Romani
combatterono negli anni di Augusto. Poalo Diacono, che ne ha fatto la storia in
sei “libri” dopo la loro fine per opera di Carlo Magno, li chiama Winnili,
sotto il soprannome tricologico, originari della Scania, passati in Germania,
nella regione della Scoringa, sul Baltico. Scontratisi coi Vandali li vinsero
con questa procedura: si allearono a Odino, il loro Dio, il quale allora spinse
sua moglie Gambara, sacerdotessa di Freya, a rivolgersi alla dea. Freya consigliò
di schierare anche le donne, con i capelli sciolti. La mattina fece in modo che
Odino si voltasse dalla parte dei Winnili, e ovviamente chiedesse: “Ma chi sono
queste lunghe barbe?” Al che la dea, furba, disse: “Hai dato loro il nome, dagli
anche la vittoria”. E così i Winnili si fecero Longobardi.
Lucio Piccolo di Calanovella – “Oltre a essere notevole poeta, era un personaggio eminentemente poetico”,
Gioacchino Lanza Tomasi, “Lampedusa e la Spagna”, p.58. Di conversazione
“sempre pronta all’iperbole… era un’antologia poetica vivente, poteva declamare
a memoria migliaia di versi, anche in lingue di cui non conosceva affatto la
fonetica, quali i testi persiani di Firdusi”. In questo caso aveva un metodo: “Dato
che non aveva mai incontrato nessun persiano, e quindi non aveva mai praticato la
conversazione in quella lingua, aveva inventato una propria pronuncia, in linea
con la libertà con cui imparava tutto”. Da una trascrizione fonetica dei
ghirigori dell’arabo-persiano?
Modestia e umiltà – “La
modestia e l’umiltà non sono affatto la stessa cosa”, Lucia Berlin scrive a
Helene e Ed Dorns nel novembre del 1960 (da New York, dove vive infelice, in una
topaia, lasciata sola dal compagno jazzista per il quale si trasferita a New
York”: “Non voglio la modestia, anzi proprio non mi piace. L’umiltà implica
rispetto per qualcos’altro”.
Spagna - La “leggenda
nera” (Inquisizione, oscurantismo) Lanza Tomasi trova, attribuendone la paternità
a Tomasi di Lampedusa (“Lampedusa e la Spagna”), “orchestrata dai profughi
fiamminghi in Inghilterra ai tempi della repressione del duca di Alba nelle
Fiandre”. D’impatto peraltro limitato: “Soltanto la Russia e l’Italia erano
rimaste attaccate alla teoria della leggenda”. Mentre el Siglo de Oro si
trovava avere “rappresentato un antefatto culturale per le maggiori letterature
europee, inglese, francese o tedesca”.
Storia
falsa – Luciano
Canfora, filologo, storico, se ne può dire lo specialista – un cacciatore,
proficuo, di storie false. “Il testamento di Lenin” che ora ripubblica è trecento
e più pagine per dimostrare che Stalin falsificò il testamento di Lenin a suo favore.
Dopo avere indagato, con acribia, il dubbio comunismo di Concetto Marchesi,
l’assassinio di Gentile, il massimo papirologo Goffredo Coppola, finito con
Mussolini a piazzale Loreto, specialista di tanti complotti nell’Atene della
(presunta) democrazia. Sempre volendosi comunista, e sempre polemizzando contro
chi non si vuole comunista. Non sovietizzante, non classista, e nemmeno
marxista – Canfora non si pone nemmeno il problema di sapere chi è Marx. O dell’impoliticità
dell’impegno, come usava dire?
Tomasi di Lampedusa – Uno
stratega, lo dice Gioacchino Lanza Tomasi, “Lampedusa e la Spagna”: “Stratega clausewitziano”,
“ammiratore incondizionato di Napoleone”, “fin da bambino aveva coltivato la
conoscenza della strategia napoleonica ed era in grado di ricostruire le
manovre salienti di tutte le battaglie del tempo”.
letterautore@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento