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martedì 21 febbraio 2017

Letture - 293

letterautore

Barney – “The New Yorker” riesuma un ricordo degli anni parigini della sua vecchia corrispondente dalla capitale francese, Janet Flanner. Che celebra con gusto gli anni 1920, con Hemingway, Gertrude Stein e gli altri. Tribade rinomata, amante dei cappotti e dei berretti militari, Flanner evoca anche Djuna Barnes, che affettava invece modi femminili. Ma, pur dicendosi frequentatrice assidua di rue Jacob, non ne menziona la patrona del luogo, la ricca scrittrice Natalie Clifford Barney, bella e intrepida cantora de “la bocca di su e la bocca di giù” - “Almanach des dames”. La concorrenza può essere spietata in certi ambiti.  

Céline – Sartre, che sarà il grande nemico di Céline nel 1944, nel 1938 aveva debuttato nella narrativa col suo poi più celebre testo, “La Nausea”. Un testo molto riscritto, controllatissimo, all’ombra di Céline, che cita in esergo: “È un giovane senza importanza collettiva, è soltanto un individuo”. Del Céline di “L’Église”, la “farsa” della dirigenza a Ginevra delle Nazioni Unite – la chiesa. Un testo del 1926, a cui Céline teneva molto benché lo rubricasse derisoriamente, ma gli fu rifiutato da Gallimard, ed era stato pubblicato da Denoël qualche mese prima della “Nausea”.
Nel 1938 Céline non era ancora il sulfureo fascista antisemita delle future polemiche di Sartre. Ma aveva pubblicato già tre libelli, “Mea culpa”, “Bagattelle per un massacro” e “La scuola dei cadaveri”.
Forse non è opportunista, il Sartre tra l’osanna e l’indignazione, per un motivo. Il motivo è che l’antisemitismo negli anni 1930 non era ancora un peccato, non uno grave: “La chiesa” ha, tra i luoghi comuni sulle massonerie, l’ebreo cinico Yudenzweck (“la cosa ebraica”), uomo senza emozioni. Senza dire che su Yudenzweck sembra ricalcato il Solal di tanti libri di Albert Cohen, anch’egli per qualche tempo ginevrino, anche alla Società delle nazioni – Cohen all’Ilo, l’organizzazione del lavoro, Céline alla futura Oms, l’organizzazione mondiale della sanità).

Messkirch è vicino Sigmaringen. Nella riserva naturale dell’Alto Danubio. Tra le due località, ideale raccordo all’interno del parco, il castello di Wildenstein, dove nel 1944 era stata trasferita la facoltà di Filosofia di Friburgo – un luogo che Elfride Heidegger, la moglie del filosofo, aveva a lungo progettato come centro di ritiro per circoli spirituali. Immaginare uno Heidegger a colloquio, magari casuale, con Céline non sarebbe improbabile – non più di quello, che è testimoniato, con Celan.

Coscienza – “Si poteva parlare di coscienza nel Medio Evo”, si domanda il protagonista hamsuniano di “Fame” a mezzo di un dramma che sta scrivendo, medievale, un mistero, e si risponde: “La coscienza fu inventata da quel vecchio maestro di ballo, Shakespeare”.

Dizione – Si rivede in tv Fausto Brizzi”, “Pazze di me”, e si segue tutto il dialogato, che è la spezie del film. Perché Brizzi ha utilizzato, nei tanti ruoli femminili, tre o quattro sorelle, una mamma, una nonna, un paio di fidanzate,  attrici di teatro, magari non avvenenti, invece che le solite belle ragazze, che hanno terminato il loro compito col trucco maliardo.

Giallo – Eco ne fa (“Pape Satàn Aleppe”, 154, una vecchia “bustina di Minerva” sull’“Espresso” nel 2001) opera metafisica, ma non per scherzo. La “deduzione” di Sherlock Holmes dicendo l’“abduzione” di Peirce, procedimento logico che non occorre definire. E inisiste: “Non a caso in inglese si designa questo genere come whodunit, vale a dire chi lo ha fatto, quale è la causa di tutto questo? Era la questione che si ponevano già i presocratici e che non abbiamo smesso di porci”.
Sherlock Holmes Eco dice anche scientifico, benché ignorante. E complessivamente “tutto”: “Un’esperienza di lettura che ti diverte e al tempo stesso ti provvede una consolazione metafisica, un invito alla ricerca , e un modello di interrogazione per opere dai misteri ben più insondabili”. Eco a volte esagera.

Prosa - “Soddisfattissimo quando ho scritto una pagina senza assonanze né ripetizioni”, Flaubert.

Poe - Fu latinista. E italianista. In un piego di libro portatile ha trascritto molti versi di Milton e Shakespeare, dei quali pure affettava una bassa reputazione. Trascrizioni che forse gli servivano per lezioni e conferenze che teneva di letteratura, per guadagno. Di Milton ha trascritto, tra altre composizioni, tre sonetti e due canzoni in italiano, composizioni giovanili del poeta, “Donna leggiadra”. “Qual in colle aspro”, “Parole adorne di lingua”, “Ridonsi donne giovani”, “Giovane piano, e semplicetto”. Alle composizioni affiancava la traduzione di William Cowper, ma era evidentemente in grado di leggerle nell’originale, la trascrizione è senza errori di orgografia, nemmeno uno.
La gatta Poe chiamò Caterina, gioco di parole con l’inglese cat, gatto, il nome femminile italiano.

Fu autore di molti pseudonimi. Pur avendo deciso di fare l’uomo di lettere in adolescenza, malgrado le tante vicissitudini di bambino orfano (il padre lo abbandonò a un anno, la madre morì al secondo anno non compiuto), in affido a una famiglia estranea. Il primo fu Gaffy, che era il soprannome con cui lo chiamavano al college in Scozia. Firmò Henri Le Rennet la raccolta “Tamerlane and Other Poems”, probabilmente per nascondersi dai creditori – Poe viveva dei diritti d’autore e del lavoro di pubblicista. “Il corvo” però firmerà Quarles, probabilmente un gioco di parole (“quarrel” è  “litigio”). All’arruolamento nell’esercito aveva dato il nome di Edgar A. Perry. Ancora ai quarant’anni chiedeva alla zia Maria Clemm (Maria Poe Cemm, sorella del padre) di inviargli una lettera indirizzata a E.S.T. Grey – morirà all’improvviso pochi giorni dopo.

Selfie – È una forma di voyeurismo? Céline, nelle interviste, traccia due tipi: il voyeur e l’esibizionista. Chi osserva il mondo (“le cose”) e chi mette in mostra se stesso (psicologismo, memoria, flusso di coscienza, di parola, etc.). 

Sherlock Holmes – È un mito – un personaggio a cui si appiccicano ex voto e richieste di grazia, pensierini personali, fantasie. È creazione dall’esterno, dei devoti. Che furono tali subito, e tanto che proliferarono a macchia d’olio, una tradizione innescando intenibile. A leggerlo, riga per riga, è noioso, divagatore senza necessità, incontinente, per le troppe parole con cui Conan Doyle lo circonda, e richiede molta buona intenzione - Conan Doyle è scrittore a riga, com’era l’uso.

Teatro – “Una metà del piacere provato a teatro sorge dalla simpatia dello spettatore con il resto del pubblico”, E.A.Poe, “Marginalia”, CCXXII. È per questo che un mediocre messinscena a Londra è  entusiasmante di una eccellente a Roma, dove il pubblico è abulico – non si capisce perché si sia scomodato, in tutti i teatri, anche in queli off, e off-off. Specie per lo spettacolo in musica, all’Opera o all’Auditorium. Dove cioè ogni esecuzione è un fatto diverso.

letterautore@antiit.eu

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