Cerca nel blog

lunedì 25 dicembre 2017

Letture - 329

letterautore

Caccia – Un “atto d’amore” la vuole Karen Blixen. Che era cacciatrice, e di caccia grossa in Africa, ma non senza argomenti (“Ombre sull’erba”, 48-9): “La caccia è sempre un rapporto d’amore. Il cacciatore è sempre innamorato della preda, e i veri cacciatori amano sinceramente gli animali. Ma nelle ore della caccia, più che innamorato, egli è innamorato dell’esemplare che sta inseguendo e vuole far suo; per lui non esiste altro al mondo. Solo che, in genere, l’infatuazione è unilaterale”.

Si potrebbe allora arguire dell’amore come di una caccia. Mortale?

Céline – “Verista” lo vuole Savinio analizzando Mascagni, la “Cavalleria rusticana”, per contestarne la novità – “verismo c’era nei miti di Eronda e nelle commedie di Terenzio, molto prima che in «Cavalleria rusticana» (s’intende la «Cavalleria» di Verga)”. Poi prosegue: “Verismo  veramente c’è in «Voyage au bout de la nuit» di Céline, dopo «Cavalleria rusticana», e nei film di Renoir”.
Non solo il “Viaggio”, in effetti, anche “Morte a credito” e i romanzi della guerra sono veristi. La lingua rutilante scalfisce solo un poco la rude materia.

Confessioni – Sono autofiction, ben prima di Rousseau, anzi dal debutto, da sant’Agostino. Apparati - atteggiati, costruiti, finalizzati (a effetto). Niente di patologico o terapeutico, un genere letterario.

Critica – È morta? Al cinema si direbbe di sì: non si riesce a vedere un film che in qualche modo corrisponda al giudizio critico. Sta succedendo ai film quello che è successo ai libri da tempo. Di cui si leggono come critiche autonome solo risvolti firmati, anche se a volte firmati, d’autore,  meglio se sintetizzati nelle fascette – tutto in linea con i “blurb” che la promozione a volte richiede. Tutto avviene come nella pubblicità: il messaggio e l’investimento fanno il prodotto – di consumo peraltro sempre più ristretto, immediato. Altro?
Quanto ai critici cinematografici, sarà come per quelli letterari: si limitano a sfogliare il kit fornito dalla produzione. Andranno pure alle prime e ai festival, ma per le belle presenze. Per scrivere si limitano a sfogliare i materiali che gli uffici stampa hanno preparato. A volte anche sofisticati, da lettori-redattori di gusto oltre che di mestiere. Ma non è una critica, è una promozione, e di seconda mano.

Doppie – Sono l’ingrediente dell’amore, della lettera d’amore, secondo Chiara Valerio, il suo racconto d’autore  “Il bagno è in fondo”, su “L’Espresso”, il cui personaggio a un certo punto diventa una lettera: “Una lettera d’amore deve essere zeppa di parole con le doppie. Sesso passione possesso eccesso fiamma concessione letto pazzia errore rabbia”. Ma odio non ne ha, che la lettera anima.
Valerio stessa in questa lettera di odio evita ogni doppia. E un veneto? Cosa raccontiamo quando raccontiamo la grammatica - al capitolo ortografia?
Doppi - Che legame c’è fra Philip Marlowe, il detective privato di Chandler, e Charlie Marlow, “un uomo molto discreto e comprensivo”, l’alter ego distaccato e risolutivo che Conrad interpone un po’ in tutti i suoi racconti dopo “Gioventù”, 1898, specie in “Lord Jim” e “Cuore di tenebra”? Probabilmente nessuno. La disambiguazione wikipedia reca una dozzina di nomi propri o toponimi Marlow o Marlowe, e non è detto che Chandler abbia letto Conrad. Ma piace evocarla, che Chandler faccia omaggio a Conrad: con la “e” finale o senza, i due hanno la stessa natura riflessiva e fermezza morale.
Sono entrambi un doppio. Conrad fa sua la pratica avviata dieci anni prima da Conan Doyle con Sherlock Holmes, a sua volta doppiato dal dr. Watson. Metaracconti di meta racconti. D’uso poi largo, specie nel giallo, fino al Montalbano-Camilleri. Il detective – demiurgo - non è un personaggio a sé, è un complemento: una proiezione. È un doppio.

Flaubert – Un fotografo e un pianista” lo vuole Savinio, Scatola sonora”, 379: “Anche la testa era di fotografo e di pianista”. Almeno il Flaubert di “Madame Bovary”: “Non sarebbe stata scritta, o perlomeno non sarebbe stata scritta i quel modo, prima della nascita della fotografia e del pianoforte; mentre «La tentazione di sant’Antonio» e «Salammbô» potrebbero essere stati scritti anche al tempo delle tiorbe e delle arpe Eolie”.

Italia – Non ce n’è molta in Conrad, (giusto un racconto, tra l’altro col titolo sbagliato “Il Conde”), ma precisa. Discutendo le critiche a “Lord Jim”, riferisce quella, riportata da un amico, di una signora italiana “che non aveva gradito il libro”, commentando: “È tutto così morboso”. Dopo “un’ora di ansiosa riflessione”, scrive Conrad, “sono giunto alla conclusione che – pur considerando che l’argomento in sé è piuttosto distante dalla normale sensibilità femminile – quella signora non doveva essere italiana”. Peggio: “Mi domando persino se fosse europea…” E per quale motivo? “In nessun caso un temperamento latino avrebbe  trovato qualcosa di morboso nell’acuta consapevolezza dell’onore perduto”.

Letteratura - Letteratour?

Liti – Quelle letterarie si sa che finiscono nel nulla. Sono frequenti, si può anzi dire che non c’è Autore che non sia in lite con tutti gli altri Autori, ma perché finiscono nel nulla e fanno indirettamente pubblicità – “purché si parli di me”. Eccetto un caso, finito drammaticamente, tra MaryMcCarthy e Lillian Helmann, che il “New Yorker” rispolvera con una vecchia cronaca di Dick Cavett, il critico letterario e animatore televisivo che la provocò. In un programma che conduceva nel 1979 sulla rete pubblica Pbs, al quale invitava spesso Mary McCarthy. Una volta che lei gli chiese di poter parlare bene in trasmissione di uno scrittore che riteneva sottovalutato, Cavett a un certo punto le chiese, come amo per il pistolotto cui teneva, se c’erano scrittori sopravvalutati. Al che McCarthy dimenticò i suoi propositi e si lanciò in una filippica, contro Steinbeck, Pearl Buck e, soprattutto, Lillian Helmann, “che credo terribilmente sopravvalutata, una cattiva scrittrice, una scrittrice disonesta, ma poi ormai appartiene al passato”. Incredulità: “Che cos’ha di disonesto?” “Tutto. Ho già detto in un’intervista che ogni parola che scrive è una bugia, inclusi gli «e»:e gli «il»”.
Lillian Helmann rispose l’indomani mattina all’alba con una citazione per danni, per 2 milioni 250 mila dollari, contro Cavett, McCarthy e la rete tv. “Almeno in quell’occasione fu di parola”, ammette Cavett. Che conslude:  “La causa paralizzò McCarthy finanziariamente e ne rovinò la salute”. La invitava spesso al suo show perché “era vivace, spiritosa, polemica, bucava lo schermo, e aveva quel sorriso”.


Scrittore – Traduttore di passioni” è in breve per Conrad, “Note ai miei libri”, 76.

letterautore@antiit.eu

Nessun commento: