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lunedì 25 dicembre 2017

L’ingorda terza età di Alda

Si riedita la raccolta di prose poetiche del 1996 – “Sillabario” è il sottotitolo originario: prose d’occasione, riflessioni, rappresentazioni, dediche (molta parte vi ha Chiara Gagliardo, che cura il volume insieme con Guido Spaini), memorie del manicomio, amori ancora, giovanili, e senili. Presenze: Pierri chirurgo che ha orrore del sangue, Manganelli, Quasimodo, A melia Rosselli, il fratello quando muore, Maria Corti, mezza paginetta ineguagliabile. Pettegolezzi: Manganelli again, roba del genere “uscivo fresca fresca dal letto di Quasimodo e Montale prese serenamente a odiarmi”, Maria Luisa Spaziani, “una maestra per me, ma anche una ardita compagna” (di Montale). Arricchita da illustrazioni ariose dell’architetto Carlo Stanga.
Memorie occasionali, “da un sottosuolo di giovinezza”, e umori, rapidi e incisivi. Scritte, più spesso dettate, non riscritte - polite, tornite. In forma di dizionario, da “Adulterio” a “Vomito”. In prosa scorrevole, forse dei curatori, ma di concetti arguti, ficcanti, secchi, puro Alda Merini. Folgoranti: “La poesia è un grande mangiatrice erotica, è una grande carnivora”, “Narciso per troppo abbandono si innamorò di se stesso”, “Tutti credono che l’immaginazione sia un atto libero. Ma non è così, sempre si torna alla grande fame della terra”, “I libri sono tanti figli che vanno per la loro strada e che sposano tante altre personeDegli ultimi trenta dei suoi quasi ottant’anni straordinariamente produttivi, chiusa la dipendenza psichiatrica: numinosamente ispirati.
La riedizione ha ancora la vecchia nota biografica che dice infelice i quattro anni di Alda Merini a Taranto, sposa di Michele Pierri, e le fa sperimentare “gli orrori dell’ospedale psichiatrico di Taranto”, che invece non esiste. Il revival di Alda Merini, già ragazza prodigio dai sedici ai venti anni, poi perduta tra il manicomio milanese e i quattro parti, con un marito panettiere, fu opera tra il 1978 e il 1985 della sponda tarantina di quello che sarà il “fenomeno Merini”: da Giacinto Sagnoletti, suo primo editore a sedici anni, e animatore del revival, a Pierri, poeta e primario chirurgo, che Alda volle a tutti i costi sposare da vedova, con una corte serratissima, al pittore De Mitri, alla salentina d’adozione Maria Corti.
Alda Merini, La vita facile, Bompiani, pp. 236, ril., ill. € 12 

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