Giuseppe Leuzzi
Quando
si tratta di Ucraina, anche al vertice Trump-Putin in Alaska, l’Italia geme per
i “Nordici”: appelli si susseguono strappalacrime a favore dei Nordici e dei Baltici
contro la Russia. Nordici, maiuscoli, e baltici come se fossero all’ora di
Carlo XII di Svezia. Quello che, con gli ausiliari baltici e ucraini, pensava
di prendersi la Russia.
Curiosamente,
in Italia i “Nordici” (scandinavi e baltici) sono socialisti e progressisti,
mentre sono di destra, da almeno trent’anni. Non si riesce a non fantasticare
sui “Nordici” – li vogliono fare antipatici, e magari non sono nemmeno leghisti,
saranno di destra in proprio.
“Sarà
un Ferragosto bollente. Fino a 40 gradi al Centro-Sud”. Paginoni e primi
titoli dei tg il 7 agosto. Poi viene
Ferragosto, e il Centro-Sud lo passa in tranquillità, nemmeno troppo caldo. Certo,
la meteorologia in Italia è all’età della pietra. O si fa giornalismo solo
seminando paura? Certo, c’è la fomula “fino a”, p.es. 32 gradi, o trenta,
perché no.
Queste
non è una questione di Nord vs. Sud,
ma è ugualmente superficiale: che si trova di buono al Sud? Caldo – quando le
città più calde sono Firenze, Bologna e Milano, da qualche secolo.
Qualcosa
di strano in questa inchiesta sulla Nuova Urbanistica ambrosiana effettivamente
c’è: non c’è un meridionale. Fra i rei. Al tempo della giudice Boccassini,
appena ieri, non sarebbe successo. Oppure quando il il gioco si fa duro, la mafia
è lasciata alla porta?
La Sicilia si celebra in Polonia
Giusto Arbasino, alla
scoperta della Sicilia alla bellezza di settant’anni (“Passeggiando tra i
draghi addormentati”), e dopo di lui il maestro Pappano con l’orchestra di
Santa Cecilia, per l’inaugurazione della stagione 2017-2018, “celebrano la celebrazione”
che della Sicilia fece un secolo fa il compositore polacco Karol Szymanowski,
“Król Roger”, re Ruggero (d’Altavilla) : l’unica opera dedicata ai re
palermitani. Che Arbasino ha visto vent’anni prima, a Londra, al Sadler’s Well,
e di cui conserva memoria vivida. Che evoca e spiega lungamente.
Un re “già
carico di ‘problems’” deve farsi carico delle fantasie della romantica sposa
Roxana, che “nella notte, in un magico e profumato giardino moresco al centro
di Palermo… gorgheggia fra i melograni e i gelsomini”, mentre “il savio
astronomo islamico suggerisce di far le cose con cama”. Un pretesto, per un patchwork
di riti e miti, e di vario genere di musiche – “una “Bayreuth zingara dove
Tannhäuser si prende delle confidenze
con Manon Lescaut, Skrjabin fa amicizia con Bartók, e Richard Strauss col
Pierrot Lunaire….”.
L’opera di fatto è diversa, a parte il mix di stili
musicali. Meditata nel tema, non superficiale. Fondata anche su un’esperienza
di almeno due viaggi del compositore in Sicilia, nel1911 e nel 1914. Certo, la
Sicilia emerge come fondale – l’opera è un rifacimento delle “Baccanti” di
Euripide.
Però è un nome di richiamo. E non per fatti di
sangue, nell’attardata Mitteleuropa post-bellica (post “fine dell’impero” che
angosciò J.Roth). “Sia pure nei frivoli e gay anni Venti” del secolo passato,
per dirla con Arbasino - “un’opera
impressionistica e bizantina, greca antica e arabo-orientale,
indo-bretone-normanna, apollinea, dionisiaca, cristiana, pagana, siddhartica,
mitteleuropea, decadente, onirica d’altronde come la Sicilia stessa”. Onirica.
Il Sud si è spostato al Nord
Nel primo quarto del millennio
“oltre un milione” di persone si è spostato dal Sud al Nord Italia. In prevalenza
laureati. Il calcolo è della Svimez, e quindi attendibile. Con un’accelerazione
ultimamente: nel biennio 2023-2024 hanno
lasciato il Sud per il Nord 241 mila persone. Di questo passo, al 2080, diciamo
nell’arco di cinquant’anni, mezzo secolo, “la popolazione a Sud del Lazio
diminuirà di otto milioni e il Sud avrà quindi la metà esatta dei residenti di
oggi”.
Un’emigrazione ora di tipo
particolare. Fino a fine millennio era laureato un emigrato meridionale su
quattro, ora lo è il 42 per cento, poco meno di uno su due.
Questo è male o un bene? Si
direbbe un bene, molti più giovani al Sud vano all’univesità – molti di più di
quanto il tessuto economico possa poi assorbire, nel mercato del lavoro locale.
Le ragioni della fuga sarebbero,
oltre alla “produzione” in eccesso di laureati sul fabbisogno locale, la possibiltià
di carriera e il maggior reddito che il Nord offre. Ma non si sa. La carriera è
sempre difficile, anche al Nord. Il reddito? Pure. Non c’è confrono, dice la Svimez, fra Milano, dove il reddito medio
è di “oltre” 34 mila euro, e Foggia, con i suoi 14.554 euro.
Un calcolo corretto vorrebbe
il reddito valutato sul potere d’acquisto. Sul costo delle abitazioni
soprattutto, sui trasporti, sugli stessi consumi alimentari. A Milano
l’abitazione costa tre e quatttro volte più che a Foggia. E anche l’alimentazione.
E il pendolarismo urbano. Si prenda un professionista dipendente pubblico: un
conto è lo stipendio a Milano, quanto vale, e un conto a Foggia – dove il
dipendente pubblico, un maestro p.es., è “ricco”. E bisogna inoltre valutare
anche il peculiare contesto italiano, del lavoro “nero”, ancora molto diffuso
al Sud, soprattutto fra gli artigiani, e della doppia o triplice occupazione.
La storia sarà come la
Svimez prevede. Ma il fatto è insomma complesso. Senza contare che molti degli
emigrati sono già ritornati, con la scusa del lavoro da remoto. E poi l’emigrazione
non è un condanna, non necessarimente. Spesso è una vocazione. O un’evasione,
come andare fuori di casa. Anche fuori d’Italia, perché no. E come si fa a
pensare un’area vasta come il Sud abitata da -7 milioni di persone, rispetto ai
13-14 di oggi. Le città, p.es., che oggi ne hanno un milione, Napoli, Palermo, Catania.
Dove è bastato
poco
La
Puglia sembrava abbandonata ancora negli anni 1970. Dotata solo di “complanari”
– una serie di circonvallazioni – diposti dall’Anas per l’interessamento
dell’onorevole Moro. Il Gargano si limitava a Pugnochiuso, e anche il centro turistico
di Pugnochiuso, creato e gestito dall’Eni, rifiatava grosso. Vieste aveva solo
una pensione. I centri come Manduria, nel 1946 o 1947 il più “ricco” d’Italia,
perché produceva di che sfamarsi e anche attrezzi agricoli, erano rimasti
com’erano. Mentre il Salento restava quello della memoria, torrido, desertico,
sito di un congresso eucaristico vent’anni prima. Ora contende alla Toscana i
favori del turismo residenziale affluente, per bellezze naturali e artistiche
debitamente valorizzate, e una capacità minima di buona amministrazione.
In
Calabria l’Alto Jonio cosentino era desertico e anzi malarico ancora negli
anni 1980. Che ora fiorisce di una coltura specializzata di agrumi, anticipati
e tardivi, per una più corretta valotìrizzazione dei prodotti. E si è dotato
di musei in linea con la storia antica, da Sibari a Crotone. Ha l’acqua
corrente, le strade rinnovate, e una pulizia svizzera. Perfino il mare, che
ovunque in Calabria largheggia di belle spiagge, che qui latitano, sa
valorizzare. Aveva un unico resort, dei fratelli Chidichimo – in realtà
un giardino di piante grasse, tropicali, esotiche, con costruzioni minime in pietra
e legno (voluto e curato dalla sorella, la madre di Carlo Rivolta), oggi è ricco di accoglienza, decoro e
coltivazioni curate.
Cronache della differenza:
Calabria
Gianni
Melidoni, il cronista sportivo del “Messaggero”, oggi novantenne, ricorda: “A
17 anni ho raccontato il Giro della Calabria vinto da Bartali”. Quindi nel 1951
si faceva un Giro della Calabria. È vero che il ciclismo allora si combatteva
anche per strade sterrate. Ma non c’era l’isolamento: c’era, si riusciva a
organizzare, un Giro della Calabria. Con Bartali poi.
Ora
è un giro della “città metropolitana” (provincia) di Reggio. Di nessuna
attrattiva. Senza nemmeno i paesi “metropolitana”. Giusto per filmare una
volata sul celebrato Lungomare della citta. Venti secondi sul Tgr Calabria. Per
la propaganda del sindaco “metropolitano”.
Caffo
(“L’amaro del Capo) di Limbadi. Vicino a Spilinga, il posto della ‘nduja, due
miracoli sul niente, solo ingegno – pochi capitali, niente mercato locale.
Caffo, 45 milioni di fatturato, si compra Cinzano, 100 milioni. Che è sinonimo
di vermuth, necessario se non altro per il Martini, e vende in tutto il mondo.
“Sono
acuti d’ingegno e pieni d’astuzia”, scriveva dei calabresi Camillo Porzio,
l’avvocato cinquecentesco di Napoli, storico celebrato della congiura dei
baroni un secolo prima: “Forti e
nervosi, atti a patir sete e fame, coraggiosi e destri nel maneggiar le
armi, e s sarebbero senza dubbio i migliori sodati d’Italia se non fossero
instabili e sediziosi” - la regione dicendo “sempre piena di fuorusciti e di
ladri”. Lo stereotipo viene da lontano.
L’economista
Giuseppe Maria Galanti due secoli dopo, nel e a proposito del reggino, l’area
oggi di mafia, parla di abitanti “vivi
ed elastici….. facinorosi per essere mal governati…servi degradati…rozzi,
queruli, di malafede, spergiuri,
denunciatori, calunniatori…. Indocili, ostinati nelle loro idee, rissosi
e vendicativi”, e “nell’amore e nell’amicizia tenacissimi…sensibilissimi
all’onore domestico”.
Tra
i tanti monasteri fondati in Calabria da Gioacchino da Fiore o dai suoi successori
Ulderico Nisticò (“”Controstoria della Calabria”, 60) include una Santa Mafia
d’Altilia. È solo il refuso sdi qualche pubblicazione. Ma lui stesso suggerisce
un’altra denominazione per la Madonna di Alltilia: Calabro-Maria.
Tanto
regionalismo, anche sui santi – ma sul vuoto?
“Basta con la la cultura della legalità che
tanti danni ha fatto”. Alla messa a porte chiuse per i partecipanti alla tre
giorni di Forza Italia a Reggio, “Stati General del Sud”, il celebrante don
Nuccio Cannizzaro esordisce così. È stato processato per mafia e poi
naturalmente assolto (indicato dal pentito, o suggerito al pentito dal giudice
massone? l’antimafia è questa). Si può prenderla come sfogo. Ma lui dice sul
serio: “Gesù è stato il primo a inveitre contro il farisaismo”.
Galasso
ricorda, in “Calabria , paese e gente difficile”, pp. 180-182, don Luigi
Nicoletti, il sacerdote di Cosenza, addottorato in teologia alla Gregoriana di
Roma a 22 anni, che si fece consigliere provinciale, eletto per San Giovanni in
Fiore, nel 1910, il secondo sacerdote in politica dopo Sturzo nel 1905, al di
sopra e contro il non expedit deel
Vaticano. Fondatore del partito Popolare a Cosenza nel 1919, e poi attivo
antifascista, in parole e opere. Esiliato per questo a Galatina, in Puglia. Già
nel 1943 fondatore della Democrazia Cristiana in Calabria. E parte nello stesso
anno di un Comitato provinciale di Liberazione, col socialista Pietro Mancini e
il comunista Fausto Gullo.
Sarà
rimasto solo il sacerdote la “figura tipica”, anche in Galasso, della Calabria:
ribellistica, sempre e comnque, e perdente?
S’illustra ora
turisticamente, da ultimo sul “Venerdì di Repubblica” la zona dei laghi Prespa,
tra Grecia, Albania e Macedonia del Nord. Una trentina o quaranta anni fa era
una gita in solitario. Si oltrepassava salendo un sorta di blocco militare geco
- la Grecia contestava la denominazione Macedonia del Nord, e non voleva
immigrati clandestini. Che porgeva la domanda di rito: “Ma che ci andate a
fare, non c’è niente”? E si continuava a salire. Finché si apriva l’altopiano,
deserto e piatto, senza un albero, un cespuglio, ma con la targa su una palina
solitaria, Platì - così, certo col p greco.
Che, poi, anche in Calabria
più che altro è un nome. Un attraversamento dimenticato della statale Bagnara-Bovalino,
desueta da tempo per i suoi mille (990 e qualcosa) tornanti. Una punta del
“triangolo dei sequestri” di persona San Luca-Platì-Natile, della c.d. Anonima
Sequestri, un gruppo piccolo di delinquenti da poco, cui si consentì nei
trent’anni fino ai primi 1990, ben 191 sequestri a scopo di riscatto, alcuni
durati anni. Paura dei sequestri? No, ma si veniva fermati a ogni incrocio dai
Carabinieri.
La lotta al crimine è strana
- meglio starne fuori (omertà?).
“Nel mondo aumenta l’obesità, soprattutto nei Paesi in
via di sluìiluppo”. E dunque, che dobiamo pensarne? I ragazzi in Calabria
usavano magri, scattanti, un po’ nervosi-nevrotici. Ora sono grassi, grossi, lenti,
affaticati, lo sguardo appannato. Quando il medico insiste, fanno la dieta,
imbelliscono, ma non insuperbiscono, no
si impongono. Dopo due mesi, o due settimane, sono di nuovo gonfi e goffi.
Vivaci forse ancora di occhi ma lenti, e inattivi più che attivi. Figli della
Grande Madre Mediterranea di Ernst Bernhard in senso proprio?
leuzzi@antiit.eu
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