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lunedì 18 agosto 2025

L’inferno sotto l’Africa

“No Way Out. How South Africa’s illegal gold rush became a subterranean horror story” è il sommario. Un anno fa il governo sudafricano decise di stroncare il fenomeno degli zama-zama, i minatori contrabbandieri che s’intrufolavano nelle miniere non ben custodite o in quelle abbandonate. Con il blocco di una delle maggiori, Buffelsfontein, una miniera con 37 piani di profonddità, circa un chilometro. Bloccandoil sistema di rifornimento, anche questo di contrabbando, di generi di prima necessità, soprattutto cibo, attraverso un saliscendi di cavi – che serviva anche come saliscendi, per portare i minatori su e giù. “Tagliando i rifornimenti, la polizia puntava a forzare i minatori a tornare uìn superficie. Ma bloccò anche le squadre clandestine addette alle funi per riportare i minatori in superficie.E senza le funi, le vie d’uscita non erano facili. La polizia obiettava che i minatori potevano muovevrsi sottoterra verso un altro pozzo, da dove era possibile uscire, e che si rifiutavano di uscire perché temevano l’arresto”. 
Questo succedeva ad agosto. “A fine novembre la polizia finalmente consentì ai residenti di una township  vicina di mandare giù un gancio. Ci vollero 20 uomini e cica 40 minuti per tirare su un minatore. Nel caldo estivo poterono cavarne solo pochi al giorno”.
Un reportage freddo, nel senso anche di agghiacciante. “I rifornimenti erano troppo scarsi, i salvataggi troppo lenti. Sottoterra  si lottavano pet il cibo. E morivano: alcuni di fame, altri di malattia, qualcuno per la cadute mentre tenttava di risalitre in superficie. George e Alfred (due sopravvissuti, n.d.r.) dissero che alcuni minatori cominciarono a mangiarsi i morti, scambiando tre grammi di oro per un pezzo di carne”.
Sotto forma di reportage piano, di trascrizione di frasi dette, cose viste, atteggiamenti, minacce, salvataggi casuali, in extremis, e di descrizione di cose mentre avvengono, un racconto in diretta differita di una tragedia “normale”: nessuno nel lunghissimo testo si pone il problema se gli zama zama vivono o muoiono. “La maggior parte erano immigrati dal Mozambico, il Lesotho o lo Zimbabwe. George e Alfred erano sudafricani. Per tutti quei mesi si erano illusi che il loro governo non li avrebbe mai uccisi. Ora non ne erano più sicuri”.
Non detta, l’Africa delle indipendenze, da un mezzo secolo, vive di violenze di ogni tipo, affarismi, improvvisazione, e morte, nell’indifferenza. Qui è raccontata pianamanete, da cose-come-avvengono, per un pubblico evidentemente che sa cosa è e fa l’Africa, come è evidentemente quello del periodico “culturale” dell’“Economist”. Impressionante in Italia, dove dell’Africa si è persa perfino la conoscenza geografica, sulla carta appesa al muro – quella dell’hic sunt leones, che invece sono anch’essi perseguitati (le “riserve naturali” non piacciono a gran parte dell’Africa).
Liam Taylor, Hell under Earth, “The Economist 1843”, 26 luglio

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