mercoledì 28 luglio 2021
Se la mamma vuole morire
Una cerimonia degli addii attualizzata, completa di figlia lesbica ma non del tutto, della propria eutanasia cui la madre convita la famiglia, figlie, genero, nipote, che sarà praticata dal padre medico, senza mozione degli affetti se non sporadica, con molte discussioni del pro e del contro, se conviene vivere e come e fino a quando. Rifacimento di un film danese, da cui forse eredita il taglio ibseniano.
martedì 27 luglio 2021
Problemi di base filiali - 651
spock
I genitori fanno i figli, i figli non
possono fare i genitori, che giustizia è?
I genitori danno ai figli anche il nome,
come agli schiavi?
Non solo non si possono scegliere i
genitori, ma bisogna convivere con loro obbligatoriamente, è proprio una
schiavitù?
E senza affrancamento possibile?
Basta ora anche un solo genitore per fare
i figli, in proprio o in affitto?
Ma i figli non possono fare un genitore –
nemmeno in affitto?
Ci vorrà una guerra civile familiare, mondiale?
spock@antiit.eu
Cronache dell’altro mondo – nere (131)
Simone Biles, la ginnasta che oggi ha dichiarato
forfait a Tokyo, è celebrata in America come la più grande atleta di tutti i
tempi. Si è distinta presentando numeri di tale difficoltà che anche finire fuori quadrato non
ne pregiudicava le vittorie.
La Corte Costituzionale è stata investita d’urgenza
da una New York State Rifle and Pistol Association contro le norme dello stato
di New York che richiedono il porto d’armi - una licenza per l’acquisto e il porto delle armi
automatiche, pistole comprese. La Rifle and Pistol Association è animata da avvocati progressisti. Il caso che l’associazione è riuscita a portare
alla Corte Costituzionale, in quanto violerebbe il secondo Emendamento, prospetta un’esigenza di difesa di cittadini neri in
una comunità urbana a prevalenza nera. Il porto d’armi, solitamente concesso
per la caccia e il tiro a segno, o in casi specifici a difesa da minacce
specifiche, è stato negato a due richiedenti per difesa personale, dopo una serie
di ruberie nel loro quartiere.
La Corte Costituzionale deve tornare a decidere
sulla “affirmative action”, la riserva di posti – nel caso specifico nelle
università – a richiedenti neri. È il primo caso che i querelanti riescono a
portare alla Corte Costituzionale che riguarda una università privata, Harvard.
In precedenza la Corte ha deciso in sei casi riguardanti università pubbliche,
sempre riconoscendo la costituzionalità della “affirmative action”, ma quasi
sempre con decisione di stretta misura, 5-4. Il caso di Harvard si presenta più
divisivo poiché è portato avanti non da studenti bianchi rifiutati ma da
asiatici.
L’esilio è un’altra vita
“In
questa vita non serve molto\ al vagabondo, al pellegrino, a me,\ non abbiamo
nostalgia di una patria\ e di pentole sul fuoco”. Emigrazione vuol dire nostalgia.
Non per la giovane Nina Berberova, che è
sì russa, e in esilio, ma non sta a piangere sul latte versato: ha le idee
chiare da subito, come il quasi coetaneo
Nabokov, e sarà con lui – che a Berberova dovrà il primo riconoscimento - una
narratrice russa con un occhio sul mondo, non confinato alla Russia. L’esilio di Camus, sia pure volontario, è “la vita
secca, delle anime morte: per rivivere, ci vuole una grazia, l’oblio di sé o
una patria”.
Calusio
correda la traduzione con un’ottima inquadratura, biografica e critica, dell’esule
che non si voleva esule. Non legata a un passato comunque impossibile, e sempre
attiva e innovativa, nella narrativa e nella saggistica. Impegnata, questo sì,
per gli esuli russi (“a Billancourt diecimila russi costruiscono le automobili
Renault”), col marito, il poeta russo eminente (“il più grande poeta russo che
finora il Novecento abbia prodotto” per Nabokov, 1962) Chodasevič, al quale
dedicherà la raccolta del 1984. Malgrado ogni sorta di difficoltà. Per tre anni
vissero mantenuti da Gor’kij, a Saarow, le terme di Berlino, Marienbad, Sorrento, Capri. Per un breve
periodo, a fine 1923, si trasferirono a Praga, dove la Repubblica neonata
aveva promosso una “azione di soccorso ai russi”. La coppia si stabilì quindi a Parigi, per venticinque anni, fino al 1950 - Chodasevic vi morì, rimpianto, nel 1939. Collaborando a periodici e pubblicazioni russe. E poi in America, dove Nina si risposerà e vivrà insegnando, a Yale e Princeton, e scrivendo i racconti lunghi, povesti, che si continuano a rieditare. Tornerà in Russia, con qualche
trasporto, poco prima della caduta del sovietismo ma con le crepe molto in
vista – ma più da turista, con osservazioni intelligenti, non offuscate dalla
malinconia.
Una vita tutto sommato felice. Per la forza della poesia: “Non è forse così tranquillo\ il volo
giambico dell’anima\ perché intorno a lei il mondo\ è disarmonico, da secoli,
da anni?”. Lo ha detto subito, in una composizione del 1924: “Lo dico: non sono
in esilio,\ non cerco strade terrestri,\ non sono in esilio, sono in missione,\
mi è facile vivere tra la gente”.
Anche
se deve pagare pegno: “Per la vita perduta volevo amare,\ per la vita perduta
mi è impossibile amare”. Felice col marito. La curatrice riporta un ritratto cattivo che che un letterato russo a Berlino, che la coppia frequentava nel 1923, ne ha fatto nelle memorie, come se riportasse una lamentela del marito. Ma furono una bella coppia - wikipedia inglese la illustra con una foto a Capri nel 1925. Una poesia comunque della memoria. Già in questo primo
libro, dei primi anni. Nel rapporto col poeta illustre: “Sì, le nostre vite erano
dissimili.\ Il mio ardore per il tuo freddo,\ la tua ira in cambio di tenerezza
e tentazioni”.
In
originale, con la traduzione di Maurizia Calusio, una scelta di Mario Luzi, dal
primo libro, “Poesie 1923-1933”, della raccolta che Berberova si decise a fare
delle sue poesie tardi, nel 1984. L’unica pubblicata, con una selezione severa
di tutti i suoi componimenti, da quando era adolescente, solo un’ottantina di
composizioni.
Nina
Berberova, Antologia personale,
Passigli, remainders, pp. 113 € 4,95
lunedì 26 luglio 2021
Letture - 463
letterautore
Amori – I poeti lo
fanno strano? Montale, il poeta di Dora Markus, Liuba che parte, “Clizia” (Irma Brandeis),
Esterina, Arletta, ci provava con tutte, assicura Rosellina Archinto a
Scorranese sul
“Corriere
della sera”: “Si innamorava un giorno sì e uno no”. Quando, aggiunge, “ho
cominciato a pubblicare
le sue lettere mi sono cadute le braccia: gli piacevano tutte”.
Savinio,
attesta ancora Archinto, che ne ha avuto in mano l’epistolario specifico, “l’epistolario
più bello”,
che però la figlia di Savinio, Angelica, assolutamente non volle si
pubblicasse, ebbe una relazione
segreta “con una signora di Trieste”: "Niente di sconcio, lui prendeva il treno da Roma, lei
dalla sua città e si incontravano alla Stazione di Milano. Si sedevano su una
panchina e parlavano.
Così per anni, una volta al mese”.
Dante – È Proust. Cioè, Proust è
Dante. Piperno rilancia su “La Lettura” del 4 luglio il parallelo che, “con
l’imbarazzo del filologo e l’audacia del letterato di grido”, Gianfranco Continì
aveva proposto fra la “Commedia” e la “Ricerca”. Per via del narratore che è
l’autore.
Piperno
aggiunge: è per la presenza nella “Commedia” e nella “Ricerca” del Sapiente,
“l’incrocio tta il filosofo e il moralista”, in quanto “fonti inesauribili di
saggezza introspettiva”. E allora Dante e Proust sono “in questo almeno assimilabili
a Shakespeare”. E la triade è conchiusa.
Proust
non ci avrebbe mai pensato. A Dante, Ma nemmeno a Shakespeare – lui andava in
superficie. Amava le chiese, ma da esteta.
Non
sarà a rischio proscrizione per delitto di genere? Neri Marcoré ha contato per
un suo spettacolo i personaggi della “Divina Commedia” per genere, e ha trovato
poche donne: “Le donne nella ‘Commedia’ sono 42, contro circa 500 uomini”.
La
“Commedia” in volgare, perché no? Cioè in un dialetto di oggi. L’operazione sarebbe
stata già del Seicento, con una riscrittura in siciliano, scrive Maurizio Porro su “La Lettura” dell’11
luglio: “Seguita da molte altre, una calabrese. l’intero ‘Paradiso’, due
veneziane e tre napoletane del Settecento in versi”., Nell’Ottocento “una meneghina,
oltre al Porta, e in friulano e in bolognese”. Di Carlo Porta ventisettenne si
recupera ora “L’Inferno di Dante riscritto
in milanese”.
È
l’intellettuale per eccellenza, il primo e il più “completo” – equilibrato, coerente.
Nella “Commedia” oltre che nei trattati. Onnivoro: curioso e versato su ogni
aspetto, linguistica, metrica, poetica, storia, filosofia, teologia, geografia,
storia della letteratura, e anche, pare, matematica e fisica. Capace anche, non
superficiale, anzi il più attento e approfondito: sa tutto quello che si può
sapere, e sa anche “criticarlo”, valutarlo. Con la stessa certezza dell’intellettuale.
Che si vuole guida del popolo – dei perplessi e degli incerti.
Capossela
porta in giro una “Bestiale Commedia” come “concerto dantesco”. Per una “compagnia”,
dice, che lo ha sempre accompagnato, dacché ha ricordi. Anche se, inzialmente,
“per miti interposti”. Il suo primo mito è stato “il dannato, il bohémien, il
distillatore di bellezza Amedeo Modigliani”, e “Modigliani sgranava come un
rosario ebbro i versi di Dante a memoria”. Lo stesso ha provato Capossela,
ricavandone “la più sublime forma di preghiera umanistica”: “Una esperienza di
spiritualità, che nella ripetizione conduce a una specie di trance”.
.
Europa – Rumiz, dopo
averla ridotta a terra del tramonto (v. “Letture”, n. 462), così se la fa spiegare,
nello stesso “È Oriente”, 65, da Václav Havel, il drammaturgo, ex presidente della
Repubblica
Ceca: “Questo è il luogo dove le identità si addensano, e non hanno alternativa
fra la
guerra e la coabitazione, fra l’autodistruggersi e l’essere spazio di unitario
di spirito e di civiltà.
L’Europa
è un arcipelago, con le diversità interrelate al punto che l’assenza di una sola di esse
provocherebbe un crollo globale”. Lui che da presidente ha subito la divisione
della Cecoslovacchia.
E ancora – più di tutto: “Uno stomaco capace di digerire popoli e culture,
senza farne
mai un meticciato informe”.
Hamsun – Un umorista, secondo Thomas Mann.
Conversando a Parigi (“Resoconto parigino”, 39) con la padrona di casa a un
pranzo in suo onore, una signora norvegese, Mann ricorda una massima di Goethe che si appuntò
da giovane tanto gli era sembrata peculiare, che a proposito di “un artista
italiano” ha scritto in “Poesia e verità”: “Un umorista, quindi non un uomo di
prim’ordine”. Per poi dire Hamsun un umorista : “Knut Hamsun, il maggiore
scrittore vivente, è stato un umorista lungo tutta la sua carriera, da ‘Fame’ sino
a ‘L’ultimo capitolo’”.
Montanelli - Giancarlo Mazzuca celebra, col fratello Alberto,
Montanelli, presentando il loro libro sui quotidiani del gruppo QN con
l’aneddotica su Churchill – “Churchill mi disse, Churchill mi ha confidato,
etc.”. Cioè il lato montanelliano di Montanelli, insopportabile - quello dei “ritratti”,
del verosimile non vero, e sempre Indrocentrico.
Pacifismo massonico – Thomas Mann ha a Parigi (“Resoconto parigino”,
118), all’improvviso, dopo una conversazione con Koudenhove, che ammira, “il
pacifismo massonico dei congressi”. Le assise pacifiste internazionali che precedettero
la Grande Guerra, ad Amsterdam e altrove. Senza dichiararsi: “Il pacifismo massonico dei Congressi (qui il
traduttore doveva lasciare la maiuscola, n.d.r.) non può più essere considerato
depositario della Verità”.
Pannonia – Paolo Rumiz va alla ricerca, nei testi
raccolti in “È Oriente”, della Pannonia. Testi di geografie politiche
inestricabili, commistioni di lingue e linguaggi, diversità anche radicali
entro gruppi piccoli e minimi, geografie sociopolitiche e anche culturali
fratte, intricate, spesso ostili. Reduce dallo choc Jugoslavia, degli odi di
ogni tipo, etnici per lo più, ma anche religiosi, politici, sociali, Rumiz ne trova
quello fondamentale tra montanari e gente di pianura. E sembra cercare come
Pannonia un’entità unificante, dopo tanto frazionismo, cruento, micidiale-cruento.
Riportando il nome alla radice indoeuropea “pen”, palude, acquitrino.
Applicabile allora alle vaste zone paludose attorno al Danubio e alla Sava.
È termine latino, che piace ricondurre allo slavo pan¸ uomo: un luogo delle genti. Di tribù indistinte: di poco conto
e mescolate inestricabilmente.
Russia – “Dì, ricordi la Russia”, si dice Nina Berberova tornando in patria dopo sessant’anni, “sulle rive dei suoi otto mari\ accerchiata da pesanti navi?”. Lo Stato continentale più grande del mondo, di gran lunga, si sente accerchiato. È questa, si può dire, la verità politica della Russia – di ogni Russia, zarista, sovietica, putiniana.
Vagabondaggio - A lungo appaiato con l’ambientalismo, con la “natura”. Gli scrittori della natura, Jack London, Knut
Hamsum praticano e lodano il vagabondaggio. Ancora di rito dopo la guerra,
p.es. con Kerouac. Rifacendosi, direttamente e non, a Thoreau e Whitman. Che però
praticavano un vagabondaggio organizzato, programmato. .
Rumiz ne fa la condizione dello scrivere, della
scrittura. Partendo per una delle sue randonnées
nella (sua) mitica Pannonia, nei testi accolti in “È Oriente”, si pone il
quesito: “Mi chiedo se il narrare non nasca dall’andare”.
La cosa si potrebbe pensare anche in forma stanziale.
Sagari non è il solo, tra gli scrittori di avventure, a non essere mai uscito
dalla sua città. Però ci vuole un atlante, anche fantastico.
letterautore@antiit.eu
Camus si diverte
Un
ingegnere che è in realtà un Capitano marittimo reduce da un naufragio, una
diga (forse) da costruire, dono del governo francese al paese africano, siamo
in Africa, una festa di possessione, la festa in chiesa con gli ex voto, una
pietra enorme da trasportare sulle spalle, di cui l’Ingegnere si fa infine
carico, il tropico asfissiante. Un Camus esotico (in Francia ancora si può, qui
ci sono ancora i neri, e perfino i negretti), narratore puro.
Due
racconti estratti dalla raccolta “L’esilio e il regno”, “L’exil et le royaume”.
Il racconto del titolo è dell’artista al lavoro, in casa, e quindi dell’opera
d’arte rimandata: la moglie è affettuosa, i figli crescono, gli amici
s’installano, gli spazi si restringono, il tempo manca, qualche pennellata si può dare, ma vaga. Alla fine, sulla tela
bianca, una parola qualcuno legge, scarabocchiata, forse “solitaire”,
solitario, forse “solidaire”, solidale. Dell’artista che non vuole dispiacere a
nessuno, compresi i critici, anche se vieppiù perplessi.
Un
Camus umorista. Anche in Africa – seppure oggi scorretto, e anzi forse
impubblicabile. L’Africa è sempre “profonda”, come usava dire, grandi fiumi
grigi, umidità, personaggi, usi e natura inaccessibili – l’esotismo era
l’inaccessibilità, anche delle donne. Ma non per Camus, che conosce la cosa. Il
Tropico, “La pierre qui pousse”, è afrore, e stanchezza. Il fiume scorre
“monotono”. Il gergo locale fose non è evocativo, magmatico, esorcistico, forse
è solo limitato, ripetitivo per non sapere come altro dire..
Albert
Camus, Jonas ou l’artiste au travail,
Folio, pp. 120 € 2
domenica 25 luglio 2021
Ombre - 571
Vinca inaugura oggi il
restauro della Via dei Tedeschi. Realizzato dal Cai, dal Comune di Fivizzano,
di cui Vinca è frazione, e dal Parco delle Apuane. È la strada costruita dagli
abitanti del piccolo borgo apuano durante l’occupazione, per consentire
l’approvvigionamento della Linea Gotica. Una costruzione, si dice, che permise
agli abitanti di sfamarsi, lavorando in cambio di un pezzo di pane.
Vinca fu vittima di una rappresaglia
di più giorni, da parte del “monco” Walter Reder, quello che poi si illustrerà
a Marzabotto, con 142 vittime. Tutti quelli che Reder riuscì a scovare in più
giorni di rastrellamenti, durante i quali fece bruciare a più riprese il paese.
“Manifestazioni da Aosta a
Palermo contro il green pass”. Ma quanti sono i no vax di cui ci ingombrano le
cronache? Qualche milione? Centinaia di migliaia? Decine di migliaia? No,
mille, duemila per piazza. E ora che
negli Stati Uniti le destre fomentano la vaccinazione, rischiano di restare
soli.
“Manifestazione contro il
green pass obbligatorio: a Roma un migliaio di persone in piazza del Popolo”,
che ne contiene 200 mila – “Il Tempo”, cioè Giorgia Meloni.
“Il Messaggero” invece, da
sinistra, dice tremila: gioca a farci paura?
Narra l’inenarrabile
Ferrarella, il rappresentante di commercio della Procura di Milano al “Corriere
della sera”, in difesa del suo beniamino procuratore Storari, di quando ebbe
notizia che una donna in un’auto bianca aveva consegnato al “Fatto quotidiano”
le carte della loggia segreta Ungheria: “Solo pochi
giorni dopo la venuta del giornalista” (del “Fatto”, n.d.r.) la GdF aveva ricevuto
proprio dal pm Storari l’incarico di acquisire” tabulati, telecamere e “l’elenco
di targhe di auto bianche a Roma”.
“Tre milioni di italiani
rinunciano alle vacanze per paura del covid”,
calcola Confcommercio. “Il green pass devasta l’economia”, dichiara lo
stesso giorno Giorgia Meloni.
Lo dichiara alla
Versiliana, luogo d’incontri estivi a Marina di Pietrasanta. Per un pubblico
talmente numeroso che si è dovuto cercare una sede più vasta.
Dobbiamo dunque a Renzi –
a Davide Serra, il suo amico finanziere? – nel libro ora annuale con il quale
“si toglie i sassolini”, la notizia che la Rcs, l’editrice di Urbano Cairo, è
sotto scacco del fondo Blackstone, dopo avere perduto la causa per la vendita
della sede storica del quotidiano. Blackstone pretende da Rcs 600 milioni di
danni. Causa di cui gli azionisti Rcs non sanno nulla dai prospetti, e contro
la quale non c’è in bilancio alcun accantonamento conservativo.
Non si smentisce il Csm
nel boicottaggio della riforma della Giustizia Draghi-Cartabia. Con un parere
negativo non richiesto, e non deliberato, ma comunicato ai media. Solo che,
questa volta, pare che la presidenza non sia onoraria: presidente del Csm è il
presidente della Repubblica, e Mattarella ha zittito le voci.
Nel Csm, non si dice per
patriottismo, ma si annida tutto il marcio della magistratura. Non da ora, molto prima di Palamara.
La legge Zan? “Un’arma di
distruzione di massa”: esagera Marco Rizzo, il capo del residuo partito Comunista,
con Carmine Saviano sul “Venerdì di Repubblica”? Sul fatto “bastava aggiungere
una riga alla legge Mancini”. Perché allora il ddl Zan? “Ti affidi ai diritti
civili solo perché non puoi dire nulla sui diritti sociali”.
Una decina di arbitri di
calcio di prima categoria truccava le note spese. E speriamo solo quelle.
Il ministro del Lavoro
Orlando fa il viso dell’armi agli industriali che volevano la ripresa dell’attività
in sicurezza, con i vaccini. Fare il viso dell’arme all’industriale è ancora il
marchio di fabbrica della sinistra?
Cioè, Orlando è di sinistra, uno che espone i lavoratori ai no vax, ai
neghittosi, e ai menefreghisti?
Un governo di larghe intese,
insomma di unità nazionale, non sa decidersi di imporre il vaccino a categorie
che lavorano a contatto con il pubblico: gli insegnanti, i sanitari, i commessi,
i camerieri, i cuochi, eccetera. Anche se la Costituzione lo impone – imporrebbe,
la Costituzione, come si sa, è opinabile.
Agli europei di pallamano
su spiaggia le nazionali norvegesi si rifiutano di indossare il bikini
regolamentare e indossano i pantaloncini. A maggio le giocatrici tedesche di
beach volley Karla Boger e Julia Sud hanno minacciato di non giocare in Qatar,
dove la federazione locale pretendeva i pantaloncini. È l’unione delle razze,
le norvegesi qatariote?
Maria Chiara Carrozza, già
ministra di Letta, da Letta messa a capo del Cnr, chiama subito alla direzione
generale un altro Dc di stretta osservanza, il direttore generale di Roma Tor
Vergata – la vecchia risposta di Andreotti alla Sapienza che votava rettori
Ruberti e Tecce, di sinistra. La ricerca è Dc pura e dura – l’energia invece
(Eni, Enel)) pure, ma alla Renzi, con aperture.
Social changes, organizzazione
americana riconducibile al partito Democratico, ha finanziato nel 2019 le
campagne elettorali anche in Italia, alle Europpe e alle Regioali. Ma due su
tre dei candidati che ha sponsorizzato non sono stati eletti: un patrocinio a
perdere?
Esce nel silenzio compatto
– con la sola eccezione del “Corriere della sera” - il libro denuncia del
professor Donati, specialista di doping atletico, 400 pagine, sulla trappola
tesa ad Alex Schwazer dalla Wada, oggi World Athletics, per escluderlo dall’Olimpiade
brasiliana. Un intrigo condannato già in Tribunale, che Donati fa risalire agli
interessi (cinesi?) dentro la Wolrd Athletics. La purezza nello sport ha un
costo.
Pogacar per contro vince
il Tour “volando”, con prestazioni che non hanno nulla di “umano”, di valori muscolari,
respiratori, di peso, di agilità, riscontrabili, misurabili. Come già l’americano
Armstonrg vent’anni prima, che vinse
nove Tour di fila sempre drogandosi.
Si sa ma non si interviene:
bisogna creare il campione, che ispiri le folle per qualche anno, poi, quando
se ne sarà trovato un altro, si può sempre procedere contro il precedente, come
con Armstrong.
Pogacar che non è una novità. Nel Tour precedente aveva girato nelle quattro
tappe di montagna più velocemente di ogni altro campione nella storia – tutt’e
quattro le tappe e le montagne a velocità record.
Il calciatore brasiliano
Léo Sena, in forza allo Spezia, no vax, insieme con un altro compagno di squadra,
brasiliano anche lui, positivo, ha infettato mezza squadra e tutto lo
spogliatoio tecnico della squadra ligure. Il danno è milionario – in termini di
ritardata preparazione, con conseguente difficoltà in campionato e probabile
retrocessione.
Ma il calcio non è gioco
di squadra? Sotto la forma della libertà di giudizio, il virus ha infettato la libertà di comprendonio.
Malan, senatore valdese,
lamenta che la protesta dei vescovi sulla legge Zan sulla base del concordato
Italia-Santa Sede sia rimasta inascoltata. Tacciono i cattolici, i tanti al
governo. Sono per l’aumme-aumme?
La
Uefa multa lo Spezia per quasi mezzo milione, e ne inibisce il mercato per due
anni. Per lo stesso problema, compravendite al di fuori del fair-play finanziario, ha multato il
miliardario Manchester City per tre-quattrocentomila euro. Il City è di
proprietà di uno degli sceicchi arabi con i quali il presidente della stessa
Uefa, Ceferin, è in affari, milionari.
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Sinistra sinistra
Cronache dell’altro mondo (130)
A Vienna da qualche tempo come già a Cuba, si
avvertono nell’ambasciata americana “attacchi acustici”. All’udito. Il
bersaglio è il cervelletto. A Cuba da una dozzaina d’anni ormai. Il malessere
che colpisce i funzionari dell’ambasciata punterebbe a offuscarne il
cervelletto. Si presume, non si sa – la Cia e la dozzina di altre agenzie
americane di intelligence non ne sono
venute a capo.
Le truppe Usa non hanno ancora lasciato
l’Afghanistan, non del tutto, che il primo loro interprete è stato decapitato.
Più che forze di liberazione, quelle Usa sono, come già in Vietnam, forze d
condanna.
Il presidente Biden, che pure non ne ha sbagliata
una, nel primo semestre di governo, è in perdita di consensi, e ora raccoglie meno
approvazione dei suoi due predecessori: Obama a luglio 2013 era al 55 per cento
dei consensi, Trump a luglio del 2017 al 52. Biden è al 51 per una rilevazione
(Rasmussen), al 50 per un’altra (Gallup). Quel che è peggio, ha un alto indice
di non gradimento, il 45 per cento, gli indecisi o non informati sono pochi.
Biden non è giovanile, questo il suo principale problema. Insieme col Bif Bipartisan Infrastructure Network, da 1.200 miliardi, per energia pulita e infrastrutture: la politica bi-partisan è poco gradita, il paese è diviso.
Si può votare anche in chiesa (“Souls to the Polls”), anche prma del giorno delle
elezioni, solitamente la domenica prima del martedì elettorale, in Florida a
partire dagli anni 1990, e poi in Georgia, Texas e altrove. Non propriamente in
chiesa, ma le chiese delle congreazioni nere, metodiste, episcopaliane,
eccetera, organizzano carovane elettorali dopo il servizio religioso domenicale. Con effetto pare incisivo sulla
mobilitazione elettorale.
Obama
al secondo mandato, nel 2012, ottenne il 66,6 per cento degli aventi diritto al
voto afroamericani – si recarono a
votare cioè i due terzi degli afroamericani aventi diritto. Un punto
percentuale in più degli aventi diritto banchi.
Il ritratto del potere dei Medici
Una
mostra rara per il pubblico americano, con Raffaello, Bronzino, Pontormo,
Cellini, Tiziano in prestito da Firenze (Uffizi, Pitti, Palazzo Vechio), Palazzo
Reale di Pisa, Praga, Fondazione Cini, e anche alcuni pezzi di collezionisti
americani. Il filo della mostra è semplice, la politica di Cosimo dei Medici. Come
i Medici, tornati al potere sulle imperizie e le disavventure repubblicane, hanno
consolidato il potere trasformandolo in principato, sostanzialmente con la sola
“invenzione” di Cosimo – Cosimo I: attraverso la
cultura. Riprendendo il disegno di Lorenzo il Magnifico nel Quattrocento. Ma con
alleanze, parentele, commissioni, esibizioni di ricchezza, se non di potenza. Con Cosimo primo granduca e Caterina regina di Francia.
Un
assunto noto, ma con un itinerario curioso: riletto e mostrato attraverso uan
serie di ritratti. La politica matrimoniale con la corte di Francia, per
esempio, nel ritratto commissionato a Raffaello, in abiti “franciosi”, che
Lorenzo de’ Medici manda a Franceso I. O il ritratto di Cosimo come Orfeo, opera
del Bronzino - il primo della serie di ritratti di Cosimo e famiglia dello
stesso pittore - del Philadelphia Museum
of Art: Cosimo nudo, in mano uno strumento, con Cerbero muto sullo sfondo, il
pacificatore. E così via.
Ilpodcast
della mostra è specialmente interessante perché si ascoltano nozioni disusate o
anche ignote su questo o quel ritratto, sulla committenza (l’abbigliamento, la
posa, i colori, etc.), l’uso, in ragione di intenti politici specifici. In
aggiunta al loro valore pittorico.
Keith
Christiansen-Carlo Falciani, The Medici:
Portraits&Politics. 1512-1570, New York, Metropolitan Mseum of Art,
online
sabato 24 luglio 2021
Problemi di base paraleghisti - 650
spock
Perché non ammettere una evoluzione delle cose: che un’arma si armi da sola,
punti, e spari?
Ci sono molti lombardi a Roma, anche fuori
del Parlamento, non ci sono praticamente romani in Lombardia, c’è un motivo?
Che ha fatto Salvini di buono, a parte
espellersi dal governo, dire viete giaculatorie, andare a Mosca in udienza da Putin,
che non lo ha ricevuto, ed espellere la
destra dalle amministrazioni comunali e da ogni governo?
Salvini senatore della Calabria – che Lega
è, non c’è più religione?
E vaccinato, contro che cosa?
Si è capi della Lega per grazia infusa,
come la Madonna?
spock@antiit.eu
L’unità lasciata ai prefetti, da ridere
Camilleri
storico, come gli piaceva, ma aristofanesco, da risate sguaiate. Un racconto non
suo, non di sua invenzione, poiché “si basa in gran parte su fatti realmente accaduti”.
Anzi, raccontati dallo stesso malcapitato protagonista, Enrico Falconcini, “Cinque
mesi di prefettura in Sicilia”. Un signore
di Pescia in Toscana nominato prefetto a Montelusa-Agrigento. Ignorante e incapace,
come si addiceva ai funzionari del neonato Regno d’Italia, che accumula
disastri su disastri e non se ne rende nemmeno conto – dopo cinque mesi il
governo deve sostituirlo.
Camilleri
sceglie la vena comica per narrarne le gesta. Ma pone ancora di più la
necessità di una vera storia dell’unificazione italiana, fuori dalle polemiche
giornalistiche.
Si
ride dall’inizio alla fine. Con una nota in ultimo di come le cose potevano
andare meglio. È il 1862, Garibaldi prova dalla Sicilia a risalire la penisola
per il suo “Roma o morte”. Lo stivale di Garibaldi è quello che il suo
aiutante Ricci-Gramitto, un siciliano alto
e energico, gli ha levato quando fu ferito sull’Aspromonte. Ricci-Gramitto se
lo porta a casa, e ci organizza sopra manifestazioni patriottiche. Alle feste partecipa
anche la sua figliola, che s’invaghisce del figlio di un industriale dello
zolfo, Pirandello, se lo sposerà, e sarà la madre di Luigi Pirandello.
Andrea
Camilleri, Lo stivale di Garibaldi, “la
Repubblica”, pp. 45, gratuito col quotidiano
venerdì 23 luglio 2021
Problemi di base - 649
spock
Meglio i “sapori senza tempo” o quelli
attempati?
“I re sono scomparsi ma i cortigiani sono
rimasti”, Coco Chanel (P. Morand)?
Se mi vaccino sono più libero, o meno
libero, onorevole Fico?
Mi si nota di più se vengo vaccinato, oppure
se non mi vaccino – magari vengo e sto in disparte, Nanni Moretti (fake)?
Black block a Napoli contro il clima: quello
vecchio o quello nuovo?
Ci sono molti lombardi a Roma, anche fuori
del Parlamento, non ci sono praticamente romani in Lombardia, c’è un motivo?
Vogliamo il gas russo senza Putin?
Era meglio il gas di Breznev?
spock@antiit.eu
Le idee nella spazzatura
“Avviene
con le nostre pattumiere come con le nostre idee. Come conoscere i loro vero
destino una volta che le abbiamo lasciate andare nel mondo? Mme Dodin”, la
portiera che lamenta ogni mattina di dover raccogliere i rifiuti, “è la realtà
del mondo”. La mattina presto, fino alle 6,30, quando il ribaltabile della
nettezza urbana irrompe nella rue Sainte-Eulalie, Mme Dodin s’intrattiene col
suo amico lo spazzino Gaston, dopo l’immane sforzo di trasportare la pattumiera
condominiale sull’uscio, e con Mlle
Mimì, una vergine matura, affittacamere, che abita di fronte, sui destini del
palazzo e del mondo. A beneficio anche dei condomini, le sere d’estate quando
si dorme con le finestre aperte.
Un
lungo racconto sulla portiera del condominio ossessionata dai rifiuti – benché
ancora non in regime di differenziata (siamo nel 1954, anche se il racconto poi
confluirà nella tarda raccolta “Des Journées entières dans les arbres”, 1982).
Un esercizio di abilità - tutto è materia di racconto – e un divertimento, per
la scrittrice, che a ogni ripresa si vede intenta a cercare per questo niente
un nuovo tornante, e anche per il lettore. La surrealtà della realtà più banale
– “avviene con le nostre pattumiere come con le nostre idee. Come conoscere il loro vero destino una volte che
le abbiamo lasciate andare nel mondo? Madame Dodin è la realtà del mondo”..
Madame
Dodin è una che “si rifiuta a qualsiasi compromesso con l’umanità”. Ha lasciato
i due mariti, perché bevevano. E i due figli, dai quali si tiene lontana.
Gaston, il suo giovane interlocutore, quarant’anni, “uno spazzino che canta in
latino”, seppure di messa, lo tiene anche lui a distanza, del resto non ci
potrebbe andare a letto, essendo sui sessanta. Si fann gavettoni e altri
scherzi maneschi, perché, dice lui a lei, “non ti stanchi mai di trovare
trucchi per rompere i coglioni”.
Marguerite
Duras, Madame Dodin, Folio, pp. 77 €
2
giovedì 22 luglio 2021
Gobetti uomo del Sud
Gobetti, “un giovane alto e
sottile” nel ricordo di Carlo Levi, fu nei suoi pochi anni, morì di 25 anni, editore,
giornalista, politico, filosofo politico, slavista (“Il fiore del verso russo”),
e uno degli oppositori più temuti da Mussolini, benché ancora agli inizi della
sua “lunga marcia”, con la chiusura d’autorità delle sue attività editoriali, l’attacco
fisico impunito dei fascisti per strada, l’esilio, benché volontario – morì a
Parigi poche settimane dopo l’attacco torinese.
Ci sono molti aspetti di Gobetti
che meritano una ripresa, una riflessione. Per primo l’ “operaismo liberale”, che
ipotizzò su “La rivoluzione liberale”, la più pregnante delle sue creazioni
giornalistiche, sulla traccia di Gramsci e il suo “Ordine nuovo”, dove aveva cominciato
a scrivere, seppure solo di teatro - come già Gramsci sul quotidiano del partito Socialista. Spadolini ne ripercorre molti, in vari interventi
su pubblicazioni diverse, soprattutto su “Il Mondo” e su “La Stampa”, da
storico e da politico. In Gobetti individuando il personaggio e il pensiero che
più lo hanno sostenuto nella sua avventura politica, da ministro di vari
governi in varie funzioni, da ultimo come presidente del Senato, e nel mezzo da
presidente del consiglio. Un anno e mezzo soltanto a palazzo Chigi ma denso: la
guerra in Libano, la strage di Palermo contro Dalla Chiesa, la P 2, il
sequestro e la liberazione del generale Dozier, lo schieramento in Italia, a
Comiso, dei missili a testata nucleare Curise, l’inflazione al 22 per cento, la
visita di Arafat in Italia, la malevolenza degli alleati di governo, i democristiani
soprattutto – Spadolini si reggeva sull’autorità del presidente della Repubblica,
Pertini.
Cosimo Ceccuti, il presidente
della Fondazione Spadolini Nuova Antologia che fu collaboratore di lungo corso
di Spadolini, custode della sua sterminata biblioteca personale, ha raccolto i
tanti saggi sparsi che lo storico del giolittismo, e politico di fede
repubblicana, ha dedicato a Gobetti. Uno in particolare incuriosisce, “Gobetti
uomo del Sud. All’attacco del parassitismo”, su “La Stampa”, 18 maggio 1993, un
anno prima della morte.
Il 2 dicembre 1924 “La rivoluzione
liberale” pubblicava l’“Appello ai meridionali”, steso da Guido Dorso e firmato
da molti intellettuali. È il testo che propone una rilettura del Risorgimento,
e la questione meridionale come “la questione italiana”. Gobetti è d’accordo. A
maggio era stato a Palermo, osservatore acuto, come testimoniano le sue “Lettere
dalla Sicilia”, pubblicate via via su “La rivoluzione liberale”. L’anno prima,
a gennaio, si era recato a Napoli per incontrare Benedetto Croce – per presentare
a Croce la moglie, una forma di tributo. Pubblicava Nitti, dopo che perfino la
casa editrice Bemporad , nota Spadolini, “con quell’insegna ebraica”, gli aveva
chiuso “le porte in faccia”. Sturzo collaborava con “La rivoluzione liberale”,
Zanotti Bianco, Giuseppe Lombardo-Raidce. E Giustino Fortunato.
L’“Appello ai meridionali” era
seguito dall’impegno a pubblicare in ogni numero del settimanale una pagina
dedicata alla “Vita meridionale”. Gobetti conveniva con Einaudi, nota
Spadolini, e indirettamente con Salvemini, nella denuncia del protezionismo e dell’interventismo
pubblico in favore dell’industria, quindi del Nord. Nella denuncia del
giolittismo: “La nuova economia italiana del Nord”, scrisse, “sorgeva come
industria protetta, rinnegando ogni senso di dignità”. Mentre “l’iniziativa del
Sud, subito dopo il’61 connessa col brigantaggio e con l’eredità del vecchio
regime, aveva reso impossibile il formarsi di condizioni obiettive” di
produzione, finendo per adagiarsi in “parassitismo e beneficenza”. Era il giudizio di Giustino Fortunato, il
fallimento del “liberalismo dei conservatori”.
Mentre “un’industria nata liberisticamente non sarebbe stata l’antitesi
della vita agricola, ma l’avanguardia”.
Negli ultimi momenti convulsi, l’aggressione
fascista, la chiusura delle sue attività voluta da Mussolini, la nascita del
figlio Paolo, la decisione di andarsene a Parigi, per fare solo l’editore, non l’agitatore
politico, è a Giustino Fortunato che confida per lettera le sue decisioni.Un
mese dopo, a Parigi, sarà morto. Con Fortunato Gobetti purtroppo dooveva condividere
l’amara constatazione che il fascismo avrebbe trovato inerte il Meridione.
Spadolini conclude con Fortunato: “Il Meridione non disturberà il fascismo. Servirà
plebeamente Mussolini. Come ha sempre servito tutti, salvo a darne la colpa
agli spagnoli e ai Borboni, quintessenza del nostro sangue e della nostra carne”.
Non soltanto il fascismo, si può aggiungere: il Meridione non disturberà
nessuno, servemdo via via i Lauro locali o la Dc, poi Berlusconi, e ora Salvini
e Di Maio. Il Sud è, diciamo politicamente, servo.
Giovanni Spadolini. Gobetti, un’idea dell’Italia, Luni, pp.
455 € 25
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (461)
Giuseppe Leuzzi
Ragionando
con un amico delle Grandi Madri del Mediterrameo, Paolo Rumiz si trova a
evocare (“Madre nostra che sei nel mare Mediterraneo”, “Robinson” 17 luglio)
“quella fila di Madonne nere, sibille, parche, menadi, prefiche, erinni che affollano la sacralità del nostro
Meridione”. Altro che “la donna del Sud”: il Sud sarebbe femmina, in regime
patriarcale?
“Sul confine
scomparso di quella che fu la Cassa del Mezzogiorno – nato grazie a quella”,
scrive Federico Fubini sul “Corriere dela sera” martedì, “l’impianto
da un miliardo di dosi”, di vaccini anti-covid. Ad Anagni. Non si fa un
bilancio della Cassa del Mezzogiorno – basta il nome, il Mezzogiorno, il Sud.
Ma Pomezia, Frosinone, l’Abruzzo tutto, i residui centri industriali in
Campania, e altrove, molto la Cassa ha
creato bene.
Sudismi/sadismi
“Racconta
l’estate”, il quotidiano “la Repubblica”, con Paolo Di Paolo, “sulle orme di
Pasolini”. In quattro tappe, partendo da Salerno. Per i sessant’anni dal
“celebre viaggio” di Pasolini – in 24 ore mille km., o erano duemila km. in 48
ore. Un viaggio che il quotidiano così sintetizza: “Sessant’anni fa lo
scrittore cercava un mondo che non esisteva più. Nel Meridione, scriveva, la
notte è ancora quella di molti secoli fa”. Mentre “oggi qui la gente dice: «Il
coprifuoco non era bello, per carità, però si vedono scene mai viste, scene da
pazzi»”. Cosa che, per la verità, a Di Paolo dice “un bagnante di mezza età” –
uno che “ci affida un’intemerata sugli eccessi del «cattolicamente corretto»”. Ma
poi si lamenta della mancanza di pudore.
Quando
si arriva al Sud non c’è rimedio – “falla come vuoi, sempre è cucuzza”, dice il
calabrese.
La mafia cattiva imprenditrice
Un colpo alla dottrina
della mafia imprenditrice. Isaia Sales anticipa (“la Repubblica”, 17 luglio), uno
studio di tre ricercatori della Bocconi, Antonio Marra, Donato Masciandaro e
Nicola Pecchiari, sulle imprese mafiose, create o comprate dalle mafie, da cui
risulta che “le aziende a partecipazione criminale e mafiosa, contrariamente a
quello che abitualmente si pensa, corrono più rischi di fallire rispetto alle
altre presenti sul mercato perché presentano in genere una redditività più
bassa, un debito più alto e una minore liquidità”.
Il linguaggio è cauteloso,
ma il dato è evidente. “Abitualmente” è parola anche imprecisa, andrebbe detto
“contrariamente a quanto siamo indotti a pensare” – chi conosce anche un solo
mafioso sa che non è affidabile, non saprebbe esserlo, nemmeno sciacquandosi la
bocca a Cambridge.
Lo studio si basa su 1.840
imprese lombarde “collegate con diverse modalità al crimine organizzato,
utilizzando i dati dell’Agenza Informazione e Sicurezza Interna (Aisi)”. La
conclusione sarebbe che “le mafie incidono in maniera notevole sull’economia della
parte più avanzata del Paese (dove si produce il 25 per cento del Pil nazionale),
ma ciò non determina un miglioramento della produttività delle imprese coinvolte”. Conclusione anch’essa cautelosa,
ma insomma: la mafia non è manageriale, può spendere ma non sa gestire.
Un colpo al tutto mafia,
all’epica mafiosa. Che i mafiosi non sono buoni investitori si sapeva: il
clan calabrese degli Alvaro ci ha rimesso qualche milione, a via Veneto, tra il
Café de Paris e il grande bistrot California. Lo stesso il (presunto) clan
Mattiani di Palmi, sempre a Roma: dove aveva rilevato l’Antica Pasticceria
Bella Napoli alle Sette Chiese, e col Vaticano, che aveva procurato le
necessare licenze edilizie, e un mutuo veloce di favore, aveva riconvertito in
pochi mesi, in tempo per il Giubileo 2000, un vecchio convento monacale ormai
disabitato, il Luz Casanova, nel Grand Hotel Gianicolo, con roof garden vista
san Pietro. Espropriati entrambi, gli Alvaro e Giuseppe Mattiani.
P.S.- Questi due casi però
necessitano un poscritto. Sia gli Alvaro che Mattiani hanno poi avuto indietro
i beni dalla Cassazione – Mattiani da subito, già in Appello: il suo delitto
era stato di candidarsi a sindaco, per questo fu prontamente fatto inguaiare da
uno dei Gallico, mafiosi invece professi e condannati. La mafia è poco
imprendoriale, ma che dire della giustizia?
Legge speciale
per il Sud
Il
diritto penale le esclude, il diritto democratico, costituzionale: le leggi “speciali”
non ci possono essere, discriminatorie. Ma per il Sud sì. Non contro il Sud,
contro le mafie. Che, come è noto, sono al Sud.
Un
inedito, solitario, riesame del decreto legge 164, 1991, che compie trent’anni,
di Paolo Riva per “Buone notizie”, il settimanale del Terzo Settore del
“Corriere della sera”, lo spiega con pochi dati (il dl 164 è stato abrogato nel
2000, ma lo scioglimento amministrativo delle amministrazioni locali è rimasto
nel Testo unico sull’ordinamento degli enti locali, Tuel, n. 267 del 2000,artt.
143-146): il Prefetto può mandare a casa un consiglio comunale, col sindaco, a
suo giudizio. Come usava fino a qualche decennio fa con il “confino di
polizia”. Confidando i Comuni, di
qualsiasi dimensione, di mille o di centomila abitanti (a Roma si è arrivati,
almeno un paio di volte, dopo la giunta Carraro e il sidnaco Marino, ai
X due o
tre milioni, quanti ne conta la capitale), a tre funzionari di prefettura, per
un anno e mezzo, con auto e autista, pagati in sovrappiù, per “non fare”.
Un
“confino” di cui la Corte Costituzionale nel 1993 ha confermato la validità. In
questi termini: lo scioglimento dei consigli comunali va considerato l’extrema ratio dell’ordinamento per
salvaguardare la funzionalità della pubblica amministrazione. Funzionamento che
invece viene del tutto bloccato perdurando il commissariamento. Che poi lascia
tracce sempre negative, in termini di efficienza amministrativa, e perfino di
presenza fisica. A Roma queste tracce sono ancora visibili dopo l’ultimo
commissariamento: l’assentesimo è aumentato e gli uffici sono ingovernabili. Il
precedente commissariamento, nel 1993, s’era affrettato a cancellare l’appalto
della rilevazione del patrimonio immobiliare del Comune: il Campidoglio
possiede cieca 40 mila unità immobiliare, si ritiene, non si sa, molte di
pregio, si ritiene, non si sa, da cui percepisce quanto non basta a pagare gli
uffici del patrimonio.
La
legge del 1991 è stata applicata 356 volte. Per “quasi il 90 per cento al Sud,
Calabria, Campania e Sicilia”. La quota meridionale è ingrossata perché alcuni
comuni sono stati sciolti più volte. Riva cita Marano, nel napoletano, ma Platì
si può aggiungere, in Calabria, e San Luca – paesi dove le elezioni comunali
vanno deserte, tutti hanno qualche parente più o meno oberato da carichi
pendenti.
Per
lo scioglimento la legge prevede che ci siano “concreti, univoci e rilevanti
elementi sui collegamenti degli amministratori con la criminalità organizzata”.
Ma a volte basta una semplice cuginanza con un portatore di carichi pendenti –
anche non intervenuta dopo il voto, antecedente alla compilazione delle liste
elettorali ma allora non rilevata. Sui “collegamenti” vigilano i Carabinieri,
con i carichi pendenti, in un quadro giudiziario cioè, e anche con la “note di
servizio”, informali, di caserma.
Decidono
i prefetti: la legge riporta all’Italia dei prefetti spadoliniana, cioè
giolittiana.
Mafie
Lorenzo
Tondo racconta dei tanti delitti di mafia impuniti – lo fa sul “Guardian”, che
è un giornale ingleose, in Italia l’argomento non appassiona. A Carini, in provincia
di Palermo, Vincenzo Agostino ha visto a giugno, dopo trentadue anni, una condanna
per l’assassinio del figlio poliziotto, Antonino, e di sua moglie Ida, incinta
di cinque mesi, mentre passeggiavano sul lungomare. Antonino collaborava con i servizi di intelligence, alla caccia dei altitanti.
A
Soriano Calabro Filippo Ceravolo, 19 anni, ucciso nove anni fa per sbaglio, per
avere accettato un passaggio in macchina da un amico che invece era nel mirino
della ‘ndrangheta locale, attende ancora giustizia. Nonostante i killer,
quattro, siano stati individuati. I genitori di Filippo e la sorella vivono tra
depressioni e tentati suicidi.
A
Foggia Francesco Marcone è stato assassinato nel 1995 nella tromba delle scale
del suo condominio: era il direttore dell’ufficio del registro e aveva
denunciato “la corruzione del suo stesso ufficio e l’evasione fiscale di
diverse aziende”. Ucciso non si sa ancora da chi.
Tondo
racconta vari casi di giustizia negata di “quattro regioni dell’Italia
meridionale con una tradizione di crimine organizzato”, avverte il giornale. E
viene da chiedersi: da chi? Ma non sfugge nemmeno lui, Tondo, di Sciacca, alla sociologia da caserma: la giustizia non
funziona per l’omertà. Cioè: i morti non parlano, nemmeno i loro parenti.
Perché, si sa, della mafia tutti sanno tutto.
Ma
questo, in parte, è vero: i Carabinieri hanno sempre molte confidenze – a
parte le lettere anonime.
Il clan come
esca
Domenico
Forgione, mite scrittore di storia locale di Sant’Eufemia d’Aspromonte, si è
fatto sette mesi di carcere un anno e mezzo fa perché “intercettato” in storie
di mafia. Scarcerato a inizio anno trova ora la forza di spiegare il suo caso:
incredibile. Ha subito detto all’interrogatorio di convalida dell’arresto che
lui non era lui, che lui non aveva mai parlato con i criminali. Ma né il gip né
il riesame gli hanno creduto – semplice, non lo hanno ascoltato.
La
Direzione antimafia di Reggio Calabria agitava contro Forgione un “coacervo” di
indizi. Senza però mai produrli. Finché, minacciata, non ha accettato una
perizia fonica, che il Ris di Messina ha certificato: Forgione non era
Forgione.
Lo
stesso hanno accertato, dopo lunga contesa procedurale, le perizie foniche per il vice-sindaco di Sant’Eufemia,
Idà, e per il presidente del consiglio comunale, Alati, arrestati insieme con
Forgione.
Eyphemia,
l’inchiesta di Sant’Eufemia, ha portato a 65 arresti, in mezza Italia: Milano, Bergamo,
Lodi, Pavia, Novara, Perugia, Ancona, Pesaro-Urbino, oltre che localmente.
Tutti ruotanti attono al famoso clan Alvaro di Sinopoli. Che però è su piazza
da almeno sessant’anni ormai, sessantatré per l’esattezza, e sempre a piede
libero.
Il
clan serve come esca? Gli arresti per collusione con gli Alvaro saranno ormai
migliaia – era già a Roma una trentina d’anni fa, avendo rilevato il Café de
Paris a via Veneto, e il California, un bistrot su tre piani, nell’adiacente
via Bissolati. Saranno questi Alvaro, nell’intimo, collaboratori di giustizia?
Farebbero un buon giallo: vendicarsi dei propri nemici, o anche solo di quelli
dei Procuratori della Repubblica, semplicemente accostandoli.
Il
Café de Paris, benché confiscato, è tornato di recente nella disponibilità degli
Alvaro. Un avviamento ora azzerato, però che soddisfazione.
Puglia
Al
Bano canta in chiesa a Andria al matrimonio di conoscenti e il vescovo
s’infuria. Ma forse non è mai andato a vedere come si fa un matrimonio oggi, in
chiesa. Un business: Bari vanta 31 location per matrimoni, ville, castelli,
palazzi, monasteri, saloni.
Anche
Carla Bruni canta al matrimonio, questo non in chiesa, all’hotel Crillon, del
calciatore Verratti a Parigi. Ma gli ospiti hanno travolto la première Dame intonando insieme, in
coro, “Felicità”, di Al Bano. Se Parigi avesse lu mere, sarebbe una piccola
Bere.
Rumiz
la mette al Nord. Qualche anno fa, 1999, scrivendo delle sue peregrinazioni
estive, “Capolinea Bisanzio” (ora in “È Oriente”), Rumiz faceva il vecchio
gioco dei quiz al concorso militare per ufficiale di complemento – è più a Est
Trieste o Napoli, etc.? Il Sud volendo un Oriente: “Prova a guardare dal
Gargano la retta infinita che divide il verde dell’Adriatico dal giallo andaluso
del Tavoliere”.
Ma di fatto Rumiz ricalcava la meridionalità del Sud, con qualche
annessione al Nord: “Lo Stivale s’inclina, la Puglia non è affatto Sud ma
guarda a settentrione. L’Adriatico è il mare del Nord. I latini lo chiamavano superum, mentre il Tirreno era inferum, meridionale”.
Con
le migliori intenzioni, ma senza fiato. Insistente: “Se dal Gargano tiri una
linea verso ovest, incontri la Catalogna, profondo Nord della dirimpettaia
Spagna”.
“A
Manduria, dove vivevo con la mia famiglia, non c’erano librerie. Zero”, lamenta
con Antonello Guerrera, sul “Venerdì di Repubblica”, lo scrittore Franeesco
Dimitri, che torna in libreria con un fantasy scritto in inglese – si scrive
come si fanno i film? Era ventisei anni fa, Dimitri aveva tredici anni, e non
riusciva a leggere “Il Signore degli anelli”. Si penserebbe perché, un po’,
illeggibile. No: “Era il Sud feroce”, conclude. Sarà per questo che se ne è
andato a Londra.
Di
Manduria quando Dimitri era bambino si hano ottimi ricordi – fu nel 1946 o 1947
la città più ricca d’Italia, quella che oggi è Varese o Bologna secondo “Il
Sole 24 Ore”, avendo olio e vino. Del resto, lo stesso Dimitri poi lo dice:
“Quando ero ancora in quinta elementare”, quindi a dieci anni, “mio fratello
Arcangelo aveva comprato per sé ‘Lo Hobbit’, edizione Adelphi. Lo lessi
anch’io, tutto d’un fiato”.
Conversando
con la commessa di pasticceria a Patrasso, nell’attesa della traghetto, una
ragazza che parla l’italiano, ha viaggiato in Europa, sbarcando a Bari, chiediamo
l’impressione che fa a una giovane greca l’arrivo in Italia. “Tutto è grande è
la risposta”, dopo una pausa. E specifica: gli uliveti, gli agrumeti, i campi,
allora, di grano. Sottinteso: in raffronto alla Grecia, dove tutto è minuscolo.
Grande è l’epiteto della Magna Grecia.
Mantiene la
primazia in tutto il Sud, in fatto di politica e di istituzioni. Rispetto a Napoli
per esempio, o alla Sicilia, aree più popolose e a vocazione più scopertamente
– dialetticamente – politica: Salandra, Di
Vittorio, Moro, Conte (Boccia, Bellanova), eccetera, i fratelli Salvi, Cesare e
Giovanni, che hanno gestito per qualche decennio mezza giustizia. O economica
di Stato: Menichella (Banca d’Italia), Di Cagno (Enel), Sette (Eni).
O forse non ha più “gente famosa” delle altre regioni. Ma non fa pesare una pugliesità – come la
napoletanità, la sicilitudine. Lo stesso i suoi tanti artisti, specie i
musicisti, Muti, Modugno, Arbore, eccetera. Il Sud si obera di una finta tradizione,
fine a se stessa, che finisce per fare zavorra, la Puglia va invece veloce.
leuzzi@antiit.eu
Cronache dell’altro mondo (129)
Il
Senato del Texas ha applicato la cancel culture
a Martin Luther King. Né “I have a dream” né la “Lettera da una prigione di
Birmingham” si possono insegnare a scuola. Il Senato del Texas è evidentemente
repubblicano, ma non senza titolo per decidere, ai termini della cancel culture.
Afroamericani in battaglia
sui social contro la ginnasta italiana Vanessa Ferrari e in difesa del loro
idolo Simone Biles, per un commento razzista che però non c’è mai stato. Un
commento contro Biles era stato postato da un’altra ginnasta italiana, Carlotta
Ferlito, che alla finale alla trave ai mondiali di Anversa, 2013, era stata
declassata di un posto, fuori medaglia, per un ricorso vinto da Biles. Il
commento di Ferlito era: “La prossima volta io e Vanessa (Ferrari, n.d.c.) ci
dipingeremo il volto di nero per vincere”.
Biles è alta 1,43, per 47
kg.. Ferrari 1.46, per 47 kg.. Ferlito 1,60, per 55 kg. È diverso il peso
specifico – o anche questo è razzismo? Agli americani non piace perdere, come
alle italiane, e gli afroamericani evidentemente sono americani. Biles è già
stata dichiarata in America, prima dell’Olimpiade di Tokyo, “la più grande
atleta del mondo”
Dopo oltre cento anni la squadra di baseball di
Cleveand cambia nome: non più “Indians”, nome ora irrispettoso dei nativi
americani, ma “Guardians”. Lo stesso aveva fatto un anno fa esatto la squadra
di football americano di Washington, i “Redskins”, che si erano ribattezzati
anonimamente , dopo il 1937, Washington Football Team.
Ha fatto campagna contro Trump, prima e dopo la sua
elezione a presidente nel 2016, autore anche di un best-seller anti-Trump, “Elegia americana”,
commentatore per quattro anni anti-Trump di “The Atlantic” e opinionista del
“New York Times”, ma ora è un trumpiano convinto. Al punto da concorrere per il
Senato in Ohio, dove la vittoria per un repubblicano è improbabile, agitando i
temi di Trump, per primo la vittoria rubata da Biden. È James David Vance,
barbuto quarantenne. È anche affermato venture
capitalist – per questo si suppone che attaccasse Trump – e come tale si
presenta.
Afroamericani in battaglia sui social contro la ginnasta italiana Vanessa Ferrari e in difesa del loro idolo Simone Biles, per un commento razzista che però non c’è mai stato. Un commento contro Biles era stato postato da un’altra ginnasta italiana, Carlotta Ferlito, che alla finale alla trave ai mondiali di Anversa, 2013, era stata declassata di un posto, fuori medaglia, per un ricorso vinto da Biles. Il commento di Ferlito era: “La prossima volta io e Vanessa (Ferrari, n.d.c.) ci dipingeremo il volto di nero per vincere”.
Biles è alta 1,43, per 47 kg.. Ferrari 1.46, per 47 kg.. Ferlito 1,60, per 55 kg. È diverso il peso specifico – o anche questo è razzismo? Agli americani non piace perdere, come alle italiane, e gli afroamericani evidentemente sono americani. Biles è già stata dichiarata in America, prima dell’Olimpiade di Tokyo, “la più grande atleta del mondo”
Dopo oltre cento anni la squadra di baseball di Cleveand cambia nome: non più “Indians”, nome ora irrispettoso dei nativi americani, ma “Guardians”. Lo stesso aveva fatto un anno fa esatto la squadra di football americano di Washington, i “Redskins”, che si erano ribattezzati anonimamente , dopo il 1937, Washington Football Team.
Ha fatto campagna contro Trump, prima e dopo la sua elezione a presidente nel 2016, autore anche di un best-seller anti-Trump, “Elegia americana”, commentatore per quattro anni anti-Trump di “The Atlantic” e opinionista del “New York Times”, ma ora è un trumpiano convinto. Al punto da concorrere per il Senato in Ohio, dove la vittoria per un repubblicano è improbabile, agitando i temi di Trump, per primo la vittoria rubata da Biden. È James David Vance, barbuto quarantenne. È anche affermato venture capitalist – per questo si suppone che attaccasse Trump – e come tale si presenta.
La legge dei Procuratori – bis
“Ci
sono 57 mila pendenze, con già oggi altrettante prescrizioni, solo nel
distretto di Napoli, e non per effetto della riforma approvata dal consiglio
dei ministri ma per una situazione di gravità estrema, una violazione ai
diritti delle vittime e degli imputati”. Un ministro della Giustizia finalmente
non di categoria, Maria Cartabia, non ha problemi a dire la verità ai giudici napoletani
che sollevavano la solita ammuìna contro ogni (eventuale) obbligo di lavorare. “I
processi non rischiano per colpa della riforma”, così “il Messaggero” titola
“la lezione di Cartabia ai giudici di Napoli”.
Napoli
è un caso a parte, e lo sa bene la mezza Italia che per qualche secolo l’ha
sofferta. La Napoli non dell’ingegno e del fare applicato, inventivo,
faticatore, ma la Napoli che si vorrebbe nobilissima, dei “professionisti”. Del
non fare – giudici figli di giudici nipoti di giudici, primari figli di primari
nipoti di primari, tutta l’insolenza che farebbe inorridire una democrazia, con
l’insensibilità ‘ncoppa alla presunzione. Vent’anni fa il Procuratore Capo di
Napoli Cordova litigò con i suoi sostituti, specialisti, a suo dire, del “non
andare” meglio del “non fare”. Con montagne di procedimenti mai aperti, oltre alla
montagne di quelli finiti nella sabbia. Finì che Cordova fu rimosso, dal Csm, su
filippica di Giovanni Salvi, il giudice di tutti i processi “delicati”, Ustica,
Pecorelli , Calvi, fratello di Cesare Salvi, senatore e ministro ex Pci.
Ora
i giudici non hanno più altri giudici con cui interloquire, ma la Unione
Europea, che non vuole affidare i suoi miliardi agli esperti del “non
andare”.
È
curioso che, oggi come vent’anni fa, i giudici recalcitranti siano automaticamente
annessi dalla sinistra politica. Questa è un’altra storia, ma è parte
importamte dell’insieme. Sono annessi dalla sinistra per modo di dire (loro
personalmente spesso sono fascistissimi): da “la Repubblica”, col suo filo
diretto con i giudici sempre e comunque, allora con D’Avanzo (fascista professo
e non pentito) ora con una selva di “cronisti giudiziari” – e quindi dal
“Corriere della sera” (c’è altra sinistra all’infuori delle due tribune, di
comodo – per chi?).
Bandiera
alternativa dei giudici è “Il Fatto Quotidiano”. Da sinistra, questa, o da
destra? Travaglio lo nega (D’Avanzo no) ma pure lui era di destra, pura e dura.
L’ordinamento giudiziario è l’unico resto del fascismo – dopo un secolo ormai.
mercoledì 21 luglio 2021
La legge dei Procuratori
“L’impianto da un miliardo di dosi”, di vaccini anti-covid,
ad Anagni, la Catalent, da “un sabato notte del marzo scorso”, col nuovo corso allora
inaugurato dai nuclei Antisofistcazione dei Carabinieri, “ha avuto continue
visite e ispezioni da parte dell’Agenzia delle Dogane e della Guardia di
Finanza”. Manca la Polizia, ma il resto c’è stato tutto e abbondante. Per quattro
mesi le polizie d’Italia hanno cercato i “vaccini «nascosti»”, scrive sarcastico
Fubini sul “Corriere della sera”. Si voleva trovare un caso di mercato nero dei
vaccini. Lo hanno cercato dov non potevano trovarlo, in una multinazionale? Dove
erano sicuri di non trovarlo?.
Non è inefficienza, è l’azione penale passata in
mano alle Procure della Repubblica. Dalle indagini alle conclusioni. Cosa sia avvenuto
a Frosinone Fubini non lo dice. Ma ciò che dice raffigura il Procuratore della Repubblica
camilleriano, o montalbaniano, a tutto interessato meno che al crimine.
Ma c’è di peggio. A metà anni 1995 il più grosso
scandalo della Repubblica, l’ammanco di 1.300 miliardi di lire alla Rizzoli-Corriere
della sera, esito di ruberie diffuse e continuate. non fu né denunciato né
perseguito. Lo denunciò, come abbiamo spiegato in “Mediobanca Editore”,
Deloitte, il revisore dei conti. E non fu perseguito: i profittatori se la cavarono
con vantaggiosi patteggiamenti, un paio, i più senza un solo avviso di reato. Mentre
contemporaneamente, per la stessa tipologia di delitti, la Procura di Milano mandava Carabinieri,
Finanza e Dogane alla Mediaset di Berlusconi, due e tre volte al giorno, da 500
a mille ispezioni in un anno. Senza esito, se non su un punto: la negoziazione
estero su estero dei diritti delle opere acquisite.
Era questo uno dei canali di aufofinanziamento dei
dirigenti della Rcs, spiegava “Mediobanca Editore”, 1997, in casi acclarati, ma
non fu mai perseguito. Lavorandoci sopra, invece, la Procura di Milano ha ottenuto
infine, dopo vent’anni, la famosa condanna di Berlusconi.
L’azione penale in mano ai Procuratori della
Repubblica è inefficace: lenta, e per lo più sbagliata. Si vede contro le mafie:
a fronte di pochi, anche per questo eroici, perché isolati, l’incuria o inefficienza
dei più. O nella diffusissima corruzione – si è perfino dovuto creare un’apposita
Autorità anti.corruzione.
L’azione penale dei Procuratori
è “efficiente” - anche se spesso, a fine
ciclo gudiziario, inefficace o nulla - contro i nemici personali dei
Procuratori stessi. O di partito. E a fini (immediati) di carriera – se servono
cento, duecento incarcerazioni per diventare Procuratore Capo. L’azione penale
è obbligatoria up to a point, a
discrezione.
Tycoon in volo per vendere internet spaziale
Sembra
una cosa goliardica e quasi fantascientifica, il viaggio suborbitale dei neo
ricconi, Branson, Bezos e Musk, una decina di minuti sparati da un razzo. È
invece una promozione di internet spaziale, una banda larga celeste, al costo
fra i 30 e i 100 euro al mese. Branson con Virgin Media, Bezos con Blue Origin,
Musk con Space X.
Musk
è partito per primo. La sua Starlink in due anni ha già posizionato 1.600 satelliti
a bassa orbita, fra i 1.100 e i 1.325 km. dalla Terra, mobili. E avrebbe già
raccolto mezzo milione di abbonamenti, a 100 euro al mese, per connessione tra
i 50 e i 150 megabit al secondo – punta al milione entro l’anno. Bezos ha in
progetto Amazon Kuiper, un investimento da dieci miliardi di dollari, per una costellazione
di 3.200 satelliti su orbite dimezzate rispetto alla Starlink di Musk.
Ma
prima di tutti è arrivata l’europea Eutelsat, che ha una quota del 24 per cento
di OneWeb, il gruppo di telecomunicazioni spaziali cerato dal governo britannico
col gruppo indiano Bharti Global. Eutelsat propone in una decina d apesi – in
Italia attraverso Tim – abbonamenti alla banda larga satellitare a partire da
30 euro al mese. Tim promoziona la novità con tremila abbonamenti a 19,90 euro
in più dell’abbonamento telefonico, con antenna e modem in comodato d’uso.
Uno
studio Eurconsult prevede a fine decade 110 milioni di utenti della banda larga
satellitare. Per un mercato da quasi 13 miliardi di dollari – 12,7.
Roma nel 1940 sembra oggi, malinconica
Brevi
ritratti di “personaggi” e situazioni romane, del 1940-42, attorno a via Veneto
e a Cinecittà, oppure no, che sembrano degli anni 1950-1960, e ancora oggi si ritrovano.
Forse non con frequenza, ma ugualmente caratterizzati: il “bel ragazzo”, la “serata
d’arte nella taverna in finto stile antico”, le amiche che l’autista scarica
all’osteria popolare, per i “fagioli con le cotiche”, la “signora ironica”, “le
acque”, la “domenica al mare”, col trenino, da Piramide, i “cinematografari”, i
“forti industriali dello schermo”, le signore dei Parioli che si preparano a prendere il mezzo pubblico. Nel negozio di barbiere, con manicure,
entra anche “il figlio del re di Spagna,”, Juan Carlos, “bel ragazzo”.
Sarà
l’attrattiva di questo scrittore, catanese trapiantato a Roma, un tempo molto amato
anche dai critici, Cecchi, Montale, Bo, Gigli, poi del tutto dimenticato, che
ora si ripropone (l’editrice La Nave di Teseo ne ha ristampato “Tutte le
opere”). Di una città che non cambia, in quasi un secolo ormai – “poche cose
sono più malinconiche”, si può concordare con lo scrittore. Senza contare che
nel 1940 la città si poteva presumere addormentata, narcotizzata da Mussolini,
mentre oggi rema – naviga, rema poco - nel Duemila.
Ercole
Patti, Quartieri alti
martedì 20 luglio 2021
Ecobusiness
Ammonta
a oltre due tonnellate, ovvero l’equivalente del peso di un Suv di grandi
dimensioni, il cibo sprecato ogni anno pro capite nei paesi del G 20. Poiché io
non lo spreco, e voi nemmeno, quanto
sprecheranno gli altri, due e tre camionate – come si fanno le statistiche?
Vokswagen
(con Audi e Porsche), Bmw e Daimler-Mercedes sono stati multati dall’Antitrust
europeo per essesi accordati a ritardare lo sviluppo delle tecnologie che limitano le emissioni inquinanti. In
segreto? Sono stati multati in segreto? Poiché non se ne è saputo niente. La
multa è di di poco meno di 900 milioni.
Entra in vigore la direttiva europea contro gli
oggetti di pastica monouso, dalle cannucce al cotton fioc. Con che
esito? Quello di favorire industrie alternative, di plastiche non monouso.
L’effetto antinquinamento è nullo, spiega Nathalie Gontard, autrice di “C’è
vita senza la plastica. Perché farne a meno, prima di morire soffocati”, ricercatrice
e imprenditrice di materiali alternativi. Si poteva consentire l’utilizzo di
materiali biodegradabili per questi prodotti monouso. Che sono la soluzione, molto
meglio che produrre plastiche
multiuso.
La plastica è “materiale straordinario!”, spiega
Gontard, ma contaminante e indistruttibile. Quindi anche micidiale:
“Bisognerebbe fermarne subito il consumo”. Questo non è possibile, “alcune
plastiche sono necessarie, ma dobbiamo limitarci a questa ristretta categoria”.
Landolfi impossibile
Un Landolfi giocoso. Apre “La passeggiata”, tre pagine di nulla, parole senza più senso estratte dallo Zingarelli – allora il vocabolario più diffuso. Un giallo elucubrato su una notazione di Gaboriau, una parodia. Allevatori di polli in batteria finiti dentro una rete più grande, gestita da polli giganti. Un esercizio sarcastico di filologia inventiva su S.P.Q.R. Qualcuno nel cosmo ha letto di un pianeta Terra, padre e figlio si chiedono cosa possa essere.
Chiudono la raccolta due brevi testi molto landolfiani. Uno, da ultimo, sui modi del raccontare. Il penultimo è la confidenza di un compagno di viaggio, che la inventa e la modula per compiacere il suo occasionale interlocutore, che presume scrittore - una esemplificazione del romanzesco.
Un Landolfi scherzoso come lo è sempre stato, benché divagante, fantastico, metafisico, loico, segreto. Ma sempre da remoto, intellettualistico. Una lezione in classe sulla morte prende cinquanta pagine: un racconto filosofico, ma non alla maniera di Voltaire, no, di filosofia vera, argomentata, un dialogo platonico, più frammentato. Freddo di programma, il lettore di racconti si smarrisce.
Un Landolfi risentito. La raccolta è assortita in appendice di due testi testi polemici, “Conferenza personalfilologicodrammatica con implicazioni” e “Fatti personali”, l’ultimo testo, questo, proposto al “Corriere della sera”, cui Landolfi collaborava, che però non lo pubblicò. Contro Leone Piccioni, che pure si era speso molto per Landolfi, nei premi leterari, nelle critiche, in televisione, e contro Paolo Milano e, a lungo, Montale (Fatti personali”), rei di essersi occupati, con benevolenza, dei “Racconti impossibili”. Perfino contro Geno Pampaloni, che alla periclitante Vallecchi aveva passato la pubblicazione della raccolta nel 1966, malgrado le limitazioni imposte dall’autore: niente scheda, niente risvolto, niente presentazioni, niente promozioni, interviste, conferenze.
Un risentimento di cui Giovanni Maccari,
che cura il volume, non si dà ragione. Trovandola in ultimo in una sorta di
complesso di superiorità, per quanto irriflesso. Essendo Landolfi “l’autore di
limpide speculazioni linguistiche come il ‘Dialogo dei massimi sistemi’ (1937)
e ‘La Dea cieca o veggente’ (1962)”, e “uno scrittore poliglotta, ipercolto e,
si è detto, insieme a D’Annunzio, il più addentro alla lingua italiana del
Novecento”. Ma è la narratività che lo isola. Un paio di racconti brevi,
centrati sul romanesco, lingua e caratteri, nella forma ironica di Gadda, ne
mostra la distanza dalla narratività dell’Ingegnere – Landolfi non esce dal
bozzetto
Tommaso
Landolfi, Racconti impossibili,
Adelphi, pp. 195 € 14
lunedì 19 luglio 2021
Ecobusiness
Il ministro dell’Ambiente Cingolani non si
smentisce: la transizione ecologica? “Confermo, potrebbe essere un bagno di
sangue”. Se non sarà graduale, e mirata sui bisogni generali e non su interessi
di parte - di mercato industriale, di mercato politico: “Per cambiare il
sistema e ridurre il suo impatto ambientale bisogna fare cambiamenti radicali,
che hanno un prezzo. Dovremo far pagare molto la CO2, con conseguenze, ad
esempio, sulla bolletta elettrica”.
Più
radicale ancora l’ex ministro dell’Industria, l’economista Alberto Clò, specialista
delle questioni energetiche, ammonisce su “La Nazione-Il Resto del Carlino”
contro una transizione affrettata, quale quella del piano Ue: “Fa danni sociali
e riduce le emissioni globali solo dell’1 per cento”. L’Europa conta poco,
riflette mesto l’ex ministro: ha già fatto molto e può fare ancora poco, il
problema delle fonti di energia fossili è la Cina.
Il
problema paventato da Cingolani è stato sollevato col governo tedesco, che ha ispirato
il piano di Bruxelles, dal presidente francese Macron: l’industria automobilistica
francese, ora franco-italiana, dovrebbe chiudere. E lo stesso il nucleare, che
in Francia copre ancora il 70 per cento della produzione di elettricità, ed
è considerato “pulito”.
Profumo di Chanel, pepato
“La
piccola figura tormentata da indiana jivaro”
si racconta. Con fedeltà, chissà, ma molto alla Morand.
Ritorna nella vasta produzione di
Paul Morand questo autoritratto di Gabrielle “Coco” Chanel, nel revival Chanel in corso, per i
cinquant’anni dalla morte. Nel quadro di una riaffermazione del marchio di
fabbrica “France” nei piani del presidente Macron. Con le trionfali celebrazioni
in costume alle sfilate di Parigi, sulla scalinata del Palais Galliera, e con
la mostra “Gabrielle Chanel, Manifeste de Mode”, nello stesso palais, un edificio dell’800 restaurato
per ospitare mostre. Il percorso stilistico e di vita di Mademoiselle, dalla prima
marinière, 1916, allo Chanel N° 5,
1921, al tailleur, di più
generazioni, al little black dress e
al prêt-à-porter. Di una stilista sempre
avanti agli altri, e sempre nel gusto dei più. Con pezzi provenienti da varie
collezioni e musei importanti, il Victoria & Albert, il Momu di Anversa, il
De Young di San Fancisco.
È notevole il personaggio. Tutto
fatto da sé. Solitaria ma non zitella. Anche se con pochi amori, non più di due grandi amori nella lunga vita,
e non di comodo. In gioventù col “bell’inglese” Boy Capel”, “essere di una
vasta cultura, di un carattere originale”, “inglese beneducato”, fornitore di
guerra, molto amato da Clemenceau, che la “installa in un hotel a Parigi”, presto
morto in un incidente d’auto. E dieci anni più tardi, nel 1924, a 41 anni, già
stilista famosa, col bellissimo e ricchissimo duca di Westminster, altro
britannico, l’uomo più ricco del mondo, per dieci anni (secondo questa
“memoria”, per cinque secondo wikipedia) – una relazione probabilmente
promozionale, come sarà quella di Onassis con Jacqueline Kennedy: il duca aveva
una moglie, la seconda o terza, e non viveva a Parigi. Dopo un intermezzo con
Paul Iribe, “l’uomo più complicato che abbia conosciuto”.
Con molta Italia. Il Lido entra
nella narrazione come il faubourg Saint-Honoré, un posto di casa, il Lido di
Venezia. I viaggi sono molteplici nella penisola, col Veronese, il parmigiano,
Roma, Leonardo, e altri riferimenti domestici – tra le due guerre l’Europa era
nazionalista ma ancora cosmopolita, meno identitaria di oggi.
Un carattere forte, che qui si
esemplifica in tante storie, piccole (con le dipendenti) e grandi, con gli
amici, i titolati, i potenti. Un mestiere studiato. Un mestiere: l’invenzione
con le mani, la prova, l’aggiustamento, l’innovazione provata e riprovata, mai
l’eccesso - la moda “concettuale”, o l’illusione per i fresconi, per quanto
ricchi. Con molte notazioni, via via, su personaggi piccoli e grandi:
Diaghilev, grasso, pieno d’anelli, instancabile, maestro d’innovazione e di
cultura ai francesi, Picasso, la contessa Adhéaume de Chévigné, née Sade, personaggio proustiano,
Stravisnsky, un flirt che rischiò di diventare amore, e in breve, con vista
acuta, Colette e Cocteau. E i “trucchi”, o criteri, del “taglio”, del mestiere.
Molto sua, di Chanel, è la rivendicazione centrale: aver preso la donna
inutile, superflua, adorna, per lo più di stravaganze, anteguerra e averla
vestita come persona attiva - una che “si sente”, si conosce e cammina, non
naviga.
L’autobiografia è però di fatto un
testo morandiano. Anche perché è scorretto: Morand si approfitta per saldare
alcuni suoi conti aperti. L’avrebbe scritto nell’inverno del 1946, così vuole
il sito del marchio, basandosi su una serie di conversazioni avute con Chanel in
un albergo di St. Moritz, su invito di lei. Lo stile è della confessione-confidenza,
ma è un testo di Morand, scritto dopo la morte della stilista e pubblicato nel
1976.
La griffe di Morand - benché già accademico di Francia, dopo il lungo
ostracismo del generale De Gaulle, per essersi schierato in guerra, da
diplomatico in servizio, col regime di Vichy - è nella reiterazione di alcune
sue fisime, oggi politicamente scorrette ma non censurate in questa riedizione:
sugli ebrei (Morand non si priva nella sua lunga opera, prima e dopo la guerra,
di sottolineare il forte legame etnico fra ebrei), e sugli “invertiti”. Ma
anche contro l’intellettualizzazione della moda, dai sarti a Roland Barthes: la
“poesia sartoriale” è un bel pezzo satirico. Nella prima idiosincrasia rientra
la reiterata, perfino estenuante, vendetta contro Misia Sert, il “personaggio”
più influente della scena parigina tra le due guerre, nata Godebska, “pianista
e modella russa”: “asiatica”, modella a 15 anni per le prostitute di Toulouse-Lautrec,
Renoir, Vuillard e Bonnard, “cinquant’anni tra i grandi artisti e nessuna cultura”,
“una inferma di cuore, strabica in amicizia, zoppa in amore”, “anima ebrea”,
che solo si cura degli ebrei.
Con la - inevitabile? anche nel 2021? anche nelle celebrazioni? - rimozione del collaborazionismo, antisemita, che accomuna i due, Chanel e Morand. E, curiosamente, della passione di Coco per la caccia che fu la parte grossa della relazione col duca di Westminster - certificata anche da Churchill, stranito da tanto vigore.
Paul Morand, L’allure de Chanel, Folio, pp. 248 € 7,50
domenica 18 luglio 2021
Ombre - 570
Con l’alluvione in
Germania e nelle pianure di Nord-Ovest, in Belgio e Olanda, la fine del mondo si
vuole vicina. Ma era stata altrettanto micidiale l’acqua in Germania vent’anni
fa, allora con allagamenti sul suo fianco di Sud-Est, Austria, Ungheria, Repubblica
Ceca, Russia. Le alluvioni sono i terremoti della Germania, che ha grandi
fiumi.
Le alluvioni in Europa
sono state, nei numeri dell’Oms, circa 400 dal 1975 in poi. Con oltre tremila
morti.
5
Stelle e Lega sono contro i vincoli alla libera circolazione, per evitare –
ridurre - i contagi. Ma non lo dicono – alla quarta ondata poi si vota, a
ottobre. Lo fanno dire dai loro rappresentanti nell’autorità per la Privacy, Guido
Scorza e Ginevra Cerrina Ferroni.
Quest’ultima,
professoressa fiorentina di diritto costituzionale figlia di un comunista,
moglie di un barone, salviniana dichiarata (ma ha saputo evitare di venirne immolata
a Nardella al voto per il sindaco due anni fa), sembra inappellabile: “Gravissimi
gli effetti sui diritti e sulle libertà dei cittadini”. Ma la Costituzione non
ha l’art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo
e interesse della collettività”? E la Corte costituzionale, in più sentenze? E il buonsenso: posso andare in moto senza casco, in auto senza cintura? Dio li fa, e poi li perde.
L’ex
presidente del consiglio Conte, che pure è uomo di legge, non vuole la riforma
Cartabia della Giustizia. Non per un motivo, così: la riforma della Giustizia è
stata la sua, anche se lui non l’ha fatta.
“la
Repubblica”, che sostiene la riforma Cartabia, e il Pd, annuncia: “Il Pd
difende il testo Cartabia, ma se si ridiscute il testo è pronto a proporre il lodo
Orlando”. Cioè a non fare nessuna riforma della Giustizia. Sinistra sinistra –
a meno che non sappia quello che dice (nei giornali succede).
Salvini col Pd contro Meloni
era da vedere - Salvini a sinistra...
Salvini deve difendersi contro
i sondaggi pro Meloni - Salvini a sinistra non è pensabile. Ma non è venuto in
mente al Pd di sgambettarlo, al Copasir come al consiglio Rai? O ritiene
Salvini meglio di Meloni? O non ritiene niente, giusto porta a casa qualche
posto in consiglio d’amministrazione?
Il Tar del Lazio annulla
la multa dell’Antitrust alle compagnie telefoniche che si erano inventate il
mese di 28 giorni. Dunque, si scopre che il mese di 28 giorni, cioè un abbonamento
mensile in più sull’anno, non è materia penale, anche se è una grossa sopraffazione
– per molto meno si va in prigione (qui la truffa è di molti milioni, al mese).
Ma di sanzione amministrativa. Che per di più si annulla: la giustizia amministrativa,
cioè lo Stato, dice le ladrone telefoniche vergini e martiri.
Siena, Calabria, Roma, il
Pd ha difficoltà a trovare candidati –mentre a destra i candidati sono troppi.
Nessuno vuole esporsi? È cosi - a partire da Zingaretti nel 2016. Il partito non
attira, ma non si chiede perché.
Lunedì
si festeggia a Roma in pompa e in piazza la vittoria all’Europeo di calcio. Il
“Corriere della sera” commosso cavalca l’entusiasmo con uno speciale martedì:
“Cuore azzurro”. Con foto-ricordo, ritratti, commenti, evocazioni epiche. Lo stesso
giorno il prefetto di Roma Piantedosi convoca Fiorenza Sarzanini, la detective
del quotidiano, e denuncia l’evento: “Mai autorizzato”. Possibile? No, il
Prefetto mette “le mani avanti”.
Ma,
poi, un prefetto è un prefetto – un burocrate. Piantedosi si segnala, per dine
una, per non avere mai affrontato in due anni il problema della discarica di
Roma - si vede che non esce mai in città. O, per dirne un’altra, per il record di
zero permessi di soggiorno in un anno, a fronte di 16 mila richieste, in base
alla legge che regolarizza gli immigrati con contratto.
Il
prefetto non conta, è il giornale che cavalca tutto, anche lo scandalismo: il
giornale della borghesia che copia i popolari inglesi, quelli che pompano la
merda.
Fino
al 19 luglio la Gran Bretagna è in semi-lockdown: restrizioni agli
assembramenti, mascherine, distanziamento. Ma lo stadio di Wembley è sempre
strapieno, di tifosi liberamente ammassati, bercianti.
Lo
è stato anche quando non giocava l’Inghilterra.
La
cattolicissima ex ministra della Difesa Pinotti difende il ddl Zan tal quale. Anche
contro i suoi vescovi. Mentre la presidente di Arcilesbica vuole assolutamente
cambiarlo – “non difende la donne”. Non c’è più religione.
Aequa
Roma è, malgrado il nome, l’esattore del Comune di Roma. Averci messo a capo
uno che non ha i titoli non è un svista.
Ma c’è una nomina giusta della sindaca di Roma Raggi, a cominciare dagli
assessori, in cinque lunghi anni?
È
anche vero che il personale 5 Stelle è fatto così, di arraffatori di posti,
altro che il Sud. Il titolo – il posto - contraddice, certo, l’uno vale uno. Ma
questa uguaglianza ha un solo senso, non democratico.
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Sinistra sinistra
Il piccolo chimico Sacks - e Levi che non c'è
“Sono
cresciuto nella zona nord-occidentale di Londra, prima della seconda guerra mondiale,
in un’enorme casa edoardiana”. Da genitori entrambi medici. Che in ambulatorio,
in casa, e in altri ambienti tenevano disordinati flaconi di medicine, ”la
bilancia per pesare le polveri, i portaprovette e la vetreria, la lampada a
spirito” e “farmaci, lozioni, elisir – sembrava una vecchia farmacia”,
eccetera, il microscopio, i reagenti. Insomma, Oliver Sacks ha avuto un’infanzia
“chimica”. E in questo primo volume delle memorie la ricostruisce.
Dettagliato, non appassionante. Sacks sa raccontare i casi degli altri
meglio dei suoi: è sempre scrittore gradevole, “veloce”, ma alla fine di queste
memore non resta molto. Se non lo stupore per l’assenza, in questo racconto del
2001, di una “infanzia chimica”, del minimo riferimento a Primo Levi. Che per
primo aveva saputo far parlare gli elementi, nel “Il sistema periodico” - il “Carbonio”
meglio del tungsteno, ben più curioso. In una raccolta piaciuta anche in
America, dove l’inglese Sacks ha vissuto e lavorato una vita. Stupisce anche
per essere Levi, ebreo come Sacks, forte nella memoria ebraica.
In
effetti, questa prima biografia è molto, solo, autocentrata. E celebrativa. Lo
psichiatra Sacks dirà solo in punto di morte nel 2015, nell’ultimo volume di
memorie, di essere omosessuale. Una “confessione” peraltro da succès de scandale, per rinsaldare la
fama, da ottimo scrittore di bestseller
– questo, il minore dei suoi successi, ha in italiano già otto edizioni o ristampe.
L’autobiografia
dello scienziato è insidiosa. O forse solo rivelatrice: questa del professor
Sacks come di miglior scrittore che ricercatore.
Oliver
Sacks, Zio tungsteno, Adelphi, pp. 317
€ 15
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