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sabato 4 novembre 2017

Letture - 322

letterautore

Best-seller – “la Repubblica” incorona Brown e Follett “rockstar dei libri”, a Oslo, capitale dei Nobel. Rockstar modeste: “Il segreto del bestseller?”, si schermisce Dan Brown, “la vita senza parti noiose”. Lui farcisce le sue deboli trame di parti noiosissime: solo che si possono saltare. Il segreto del bestseller non sarà ch si può leggere in fretta, saltando senza nulla perdere?

Follia – “I giorni in manicomio sono stati tra i più felici della mia vita. Comunicavamo solo per iperboli. Lì dentro non c’era l’io. A differenza degli attori di teatro, i pazzi veri non si immedesimano nel personaggio. Sono smedesimati. E così fanno venire a galla l’illusione del dialogo, la fragilità del linguaggio” – Carmelo Bene, in “Tracce di Bene”, il docufilm di Giuseppe Sansonna.

Giallo – “Sembra il gusto di godere  indirettamente dell “assassinio come arte”, per dirla con De Quincey” – P.D.James, “A proposito del giallo”.

Un teatro di Pulcinella, Dorothy Sayers lo divisava con una corrispondente – con in mente perfida Agatha Christie: “Al momento – la moda del giallo è presentare personaggi credibili e vividi, non  stereotipati; ma nemmeno studiati in profondità: persone che vivono più o meno al livello emotivo di un Pulcinella”.
Dorothy Sayers è la scritrice stroncata - lei per il tutto, per il genere giallo - da Edmund Wilson nel famoso libello “Who cares who killed Roger Ackrohyd”, chi se ne frega chi ha ucciso R.A.
Wilson resterà l’unico critico serio che si occupa del giallo, genere superficiale. Il suo studio di D.Sayers fu concepito e pubblicato – il 20 gennaio 1945, sul “New Yorker” – con la guerra ancora in corso e in bilico.
Su Sayers pesava anche il passato accademico, a Oxford, e la professione di  teologa, per di più cattolica.

Di suo, Sayers vuole il giallo “una fonte di riflessione sulla coscienza della società”. In effetti, così è letto.
Il lettore italiano si ritrova (Manzini, Malvaldi, Faletti) in un mondo di frustrati autodistruttivi (drogati, sciocchi, semplicioni), sipmpatici proprio per dover essere.

Giovani – Sono la chiave del successo letterario, più delle donne? Era l’opinione di Conan Doyle e di Kipling. Conan Doyle si autocongratulava con un corrispondente per la sua propria “fortissima influenza sui giovani, specie sui giovani sportivi, più forte di chiunque altro in Inghilterra, eccetto Kipling”. Con i giovani sportivi di oggi, però, certamente Conan Doyle non sarebbe “esistito”.  

Italiano – Nasce circonvoluto, come da chiacchieroni inesausti, inesauribili. In Dante e Petrarca no, erano latinisti. Ma in Boccaccio? Anche Boccaccio era latinista, però non ha la battuta pronta – ce l0avrà ma non la fa: si ride delle situazioni. Di più avverrà coi novellieri. E poi con gli storici, Machiavelli compreso, che pure aveva le idee chiare. Vico così si pronuncia contro i complicatori, “La Scienza Nuova”, § 370: “Ma siccome ora (per la natura delle nostre menti, troppo ritirata d’ sensi nel medesimo volgo con le tante astrazioni di cui son piene le lingue con tanti vocaboli astratti, e di troppo assottigliata con l’arte dello scrivere, e quasi spiritualezzata con l’arte de’ numeri, che volgarmente sanno di conto e ragione) ci naturalmente niegato di poter formare la vasta immagine di cotal donna che dicono «natura simpatetica» (che mentre con la bocca dicono, non hanno nulla in loro mente, perocché la lor mente è dentro il falso, ch’è nulla, né sono soccorsi dalla fantasia a poterne formare una vasta potentissima immagine) così ora ci è naturalmente niegato di poter entrare nella vasta immaginativa di que’ primi uomini, le menti de’quali di nulla erano astratte, di nulla erano assottigliate, di nulla spiritualezzate, tutte rintuzzate nelle passioni, tutte seppellite ne’ corpi, onde dicemmo sopra ch’or appena intender si può, affatto immaginar non si può,come pensassero i primi uomini che fondarono l’umanità gentilesca”.
Un indovinello – si tratta della magia? In quale altra lingua si potrebbe essere così concettosi? Va bene che Vico, contrariamente all’opinione comune, era contro la concisione, come Fausto Niccolini ha spiegato abbondantemente, da editore di una delle tante versioni della “Scienza Nuova”: “La parola «concisione» assumeva spesso nel Vivo un significato non estetico, anzi gretto, meccanico e addirittura commerciale: «esser conciso» valeva per lui quanto riuscire a fare entrare tutta la Scienza nuova in un libretto di dodici fogli di stampa. Abilità da compilatori”. Ma è forse qui la ragione per cui le humanities italiane, dopo il Cinquecento, forse dopo Galileo, non hanno eco.

Latino - “La questione della religio non si confonde semplicemente, se si può dire, con la questione del latino?”, argomenta Derrida nel 1999 nel seminario a Capri sulla religione - “Fede e sapere”. Dopo aver rilevato che “il mondo oggi parla latino (più spesso attraverso l’anglo-americano”-  Lo ha rilevato in fatto di religione, parola e concetto tutto latino, ma poi degli altri linguaggi fondamentali, giuridico, filosofico e anche scientifico e “ciberspaziale”, tutti legati originariamente alla religio. Lo rilevava quando già l’Europa e la stessa cristianità romana avevano da tempo e con determinazione rinunciato all’eredita latina.

Lutero – “Contro Lutero e il falso Vangelo” apre la “Domenica” del “Sole 24 Ore”. È una pubblicità, ma impositiva. Mentre all’interno il cardinale Ravasi santifica l’ex monaco agostiniano anche nei rapporti con la moglie: “La santa moglie di Lutero”. Non ebbero figli, è vero.

Michelangelo – Savonaroliano lo scopre Giulio Busi nella nuova biografia, “Michelangelo. Mito e solitudine del Rinascimento”. Senza speciale fiuto, semplicemente leggendo la medaglia dimenticata che a lui dedicò Leone Leoni nel 1561, per i suoi 86 anni. Sul retro è un Michelangelo di profilo a corpo intero, illustrato col Salmo 51 (50), il “Miserere”, lo stesso a cui Savonarola si applicò da ultimo in carcere nel 1498, prima dell’esecuzione. Michelangelo se ne tenne lontano, anzi a fine Quattrocento sul fronte a Roma dei persecutori del monaco. Ma visse con la stessa intensità. Seppure, spiega Busi surrettiziamente, con una sorta di opportunismo – era anche del monaco? “Non una via solamente, ma molte vie”, scrive Savonarola leggendo il Salmo in rapporto a san Paolo, sono aperte per la salvezza.

Mille e una notte –Erano per Stendhal, e anche per Hofmannstahl, “un libro che fa della prigione il più libero dei soggiorni”.

Postumi – Sono in voga, Ida Bozzi ne può fare un rilevante censimento su “La Lettura”. Omettendo Morselli, il postumo più postumo del secondo Novecento italiano. Un lapsus? Dannato anche nella memoria, non essere stato “in linea”.

Traduttore – Un assassino? “Ogni scrittore va trattato come un autore morto”, sostiene Elena Kostiukovich, di suo traduttrice, di Eco, parlandone con Caterina Bonvicini sull’“Espresso”: “Un bravo traduttore non deve farlo diventare troppo umano”. Una traduttrice che però ebbe lunga familiarità con Eco: voleva solo dire che il traduttore non deve opprimere l’autore con i “cosa intendevi?”.  

letterautore@antiit.eu

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