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domenica 29 ottobre 2017

Il dumping sociale in Germania

Le paghe basse sono arrotondate in Germania coi fondi per l’assistenza. La liberalizzazione del lavoro dodici anni fa è stata fatta trasferendo parte sostanziosa dei costi impliciti del lavoro sull’assistenza pubblica: integrazioni di reddito, individuali e familiari, di abitazione (affitto e mututo), di sanità.  La spesa per l’assistenza al mercato del lavoro si aggira annualmente sui dieci  miliardi. 
Una decina di milioni di soggetti sono variamente assistiti, su una forza lavoro di 42 milioni di persone. Sulla base di un sussidio disoccupazione-incapienza di 409 euro al mese, volutamente basso per obbligare i beneficiari ad accettare un lavoro qualsiasi. Su tutto vigila un sistema di monitoragio coercitivo, che non discute ma sanziona. Costituito da 408 JobCenter, nell’ottica della riduzione dell’assistenza, però molto e tempestivamente attivo nel sussidio. Anche il dumping sociale è bene organizzato in Germania.
Malgrado il controllo occhiuto dei JobCenter, a fine 2016 i benefici sociali si applicavano a sei milioni di persone. Di cui 2,6 disoccupati in base alla terminologia statistica ufficiale. Più 1,7 milioni di “disoccupati non ufficiali” – tenuti fuori dalla statistica della disoccupazione con “misure di attivazione” (formazione, tirocinio, a un euro l’ora, mini-jobs). Più 1,6 milioni di minori, figli dei beneficiari.  
Fra gli occupati la percentuale dei lavoratori poveri, che guadagnano meno di 900 euro al mese, è il 22 per cenrto del totale. A essi va aggiunto un milione di posti di lavoro precari o a tempo. Molti dei “lavoratori poveri”, due milioni mediamente (portando così il totale dei sussidiati da sei a otto milioni), hanno bisogno di forme di assistenza, per fare la spesa, per curarsi, per una abitazione. E le statistiche non tengono conto dei mini-job, il sistema misto di benefici sociali e paga ridotta, portata ultimamente da 420 a 450 euro, al mese..
In generale, le retribuzioni del lavoro sono in libera caduta, e spingono la Germania verso la deflazione. Evitata grazia al boom costante delle esportazioni, che beneficiano del dumping sociale. Il circolo è vizioso: finora ha funzionato per il meglio, ma è minato. Anche perché, se ha attivato una forte capacità di capitalizzazione delle imprese, questi benefici però solo in parte ritornano sul mercato. 

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