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Il credito cinese in ritirata
Come vanno le banche cinesi? Vanno. Ma
essendo fuori dalla concorrenza internazionale sono oggette in ultima istanza
al potere politico – come tutto il sistema produttivo in Cina.
La crisi dell’immobiliare e ora la più
generale crisi del debito, per il rallentamento forte dell’economia (anche a causa
dell’immobiliare) e ora dei consumi, le ha messe in difficoltà. Questo si sa. Ma
quali specificamente e di che misura siano i problemi questo non si sa: anche
le banche stanno sul mercato, ma il mercato cinese è particolare, soggetto alla
politica, indirettamente come in ogni altro mercato, e direttamente. Un ex
presidente della Bank of China International negli Stati Uniti, Andrew Collier,
ha potuto spingersi a dire: “I presidenti delle quattro maggiori banche statali
sono tutti giocatori al tavolo da poker al più alto livello del governo
cinese”.
Secondo uno studio americano, di AiData,
nel millennio le banche cinesi hanno investito all’estero 2 mila miliardi di
dollari, con progressione costante nel primo dodicennio. Poi c’è stato un rallentamento,
a cui è seguita in questi anni 2020 una brusca cessazione: pesano le insolvenze
di molto credito profuso in Africa, mentre in Europa quasi tuti gli accordi
della “nazione più favorita”, in aderenza alla Belt and Road Initiative della
presidenza Xi, sono stati denunciati o abbandonati – su pressione americana,
cioè sempre politica.
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