Il riarmo di cui si discute è già un
fatto. La “Defense Readiness Roadmap” della Commissione europea calcola la spesa
militare aumentata da 218 miliardi nel 2021, prima della guerra in Ucraina, a
343 miliardi nel 2024 – l’1,9 per cento del pil Ue – e quest’anno dovrebbe
aumentare a 392 miliardi.
L’obiettivo al 1935, spendere per la
difesa il 3,5 per cento del pil, implicherebbe un esborso di 680-800 miliardi, che si presenta
raggiungibile, malgrado i limiti crescenti di bilancio di molti paesi membri, Francia
ora compresa.
La Francia ha quasi raddoppiato la spesa,
da 39 miliart1di nel 2021 a 62 miliardi quest’anno – e punta a 80 miiliardi nel 2030.
La Germania ha dato l’avvio al riarmo con la Zeitenwende del governo Scholz
a fine 2022, passando dai 47 miliardi di spesa militare del 2021 a 86 quest’anno
– e pianifica “almeno” 150 miliardi nel 2029. Segue la Polonia, con una spesa
quest’anno programmata in 44 miliardi - ben il 4,7 per cento del pil. L’Italia
viene quarta con 31 miliardi, l’1,5 per cent del pil.
I programmi di riarmo sono nazionali. Sostenuti,
ma non coordinati, da due programmi europei: l’Elsa, European Long-Range Strike
Approach, la difesa missilistica, e la Safe, Security Action for Europe, un programma
di finanziamento della spesa militare da 150 miliardi, a tassi agevolati, per acquisti
militari. Ma più incisivo dovrebbe risultare lo scorporo della spesa per la difesa
dai vincoli di bilancio.
Nulla invece è stato deciso, e nemmeno
discusso, come piani militari, per una difesa europea. Qui, anzi, con qualche passo indietro: il progetto franco-tedesco di un caccia europeo (Fcas, Future Air Combat System), lanciato nel 2017, è a un punto morto.

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