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lunedì 17 novembre 2025

Italiener, raus!

Non c’è solo Unicredit nelle spire del governo tedesco, la Snam ha dovuto rinunciare all’acquisto di una quota di Open Grid Europe, un’azienda tedesca di trasporto del gas, sorpresa “dalle lungaggini del processo per l’incredibie mole di approfondimenti” richiesti dal governo di Berlino. Un fatto trascurato, questo del no a Snam, ma molto sintomatico.
La Germania non ha rinunciato al protezionismo, che ha sempre praticato con i “regolamenti”. Senza automatismi: “regolamenti” ad hoc o ad personam, che applica ai prodotti o ai soggetti che non vuole. L’Italia è un soggetto che la Germania non vuole. Anche se qualificati, come ora Unicredit, come un tempo la Fiat o Pirelli.
C’è riuscita Mediaset con Pro Sieben Sat, ma dopo lunga istruttoria e perché è una tv del 7 per cento di share, e comunque di proprietà israelo-americana. All’Italia è passata solo un’azienda decotta di macchine da scrivere, nel 1986, la Triumph Adler, che Olivetti potè comprare per liquidarla – per sollevare Volkswagen di 9 mila dipendenti senza nulla da fare.
La Germania non è contraria alla proprietà straniera. È stata la prima, ed è quella che più ne beneficia, ad aprirsi ai capitali arabi cinquant’anni fa. La stessa Open Grid Europe appartiene a capitali arabi. Ma non all’Italia. Anche quando ne avrebbe bisogno. Commerzbank, per esempio, per un trentennio allo sbando, a un certo punto poteva essere salvata da Generali, ma la cosa fu subito scoraggiata.
Le regolamentazioni europee non valgono – la Germania se ne frega, quando non le ha fatte lei. Con humour, anche, teutonico. Ora, p.es., mentre il Bundestag plaude a Mattarella che chiama alla pace armata, a Snam si fa sapere che le perplessità nascevano dalla presenza di un consigliere cinese in CDP Reti, la finanziaria pubblica che controlla, fra le tante, anche l’azienda del gas ex Eni. Un cinese, e non in Snam, in CDP Reti. Un rifiuto, non detto, con sberleffo: la Germania ha i maggiori investimenti industriali stranieri in Cina, ed ha nella Cina il secondo mercato di esportazione, dopo gli Usa. 

 

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