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Un alfabeto contro la sofferenza
È il testo della conferenza tenuta da Eco nel 2014 all’Asmepa
di Bentivoglio, Bologna, Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa - Guido
Biasco, che ne era il direttore scientifico, ne fa la presentazione: il dolore
ha una storia lunga, di “dolori”, fisici, mentali, affettivi eccetera. Oggi la
prospettiva è nuova, radicalmente cambiata: non se ne può fare a meno, ma si
può alleviare.
Eco parte da qui, consigliando di “attrezzarsi per la
sofferenza”: “Sapendo cosa stiamo subendo, sappiamo resistere meglio. La
conoscenza, vorrei dire la cultura, alza la soglia della sofferenza”. Come
arrivarci a “questa componente culturale” non si saprebbe dire, “ma la ritengo
una delle frontiere della medicina, della psicologia e forse della filosofia di
domani” – il problema del dolore confinando con quello del male.
Eco, come è suo costume, si diverte anche qui,
partendo dalle ricette di Avicenna per i dolori di amore. Ma già Aristotele,
“Etica nicomachea”, voleva l’assenza di dolore migliore obiettivo che il piacere.
Con il cristanesimo invece è tutto il contrario, la salvezza essendo l’Imitatio
Christi, “il dolore assume una funzione salvifica”. Il martirio diventa
l’epica della fede, anche col linguaggio delle immagini, del Cristo in croce,
di san Sebastiano, dei tanti martiri, con i cicli pittorici tipo il pisano “Trionfo
della morte”. La letteratura penitenziale è interminabile. Fino a recente, si
può dire, nella predicazione quaresimale, o anche in non-eventi, in pratiche
correnti come gli esercizi spirituali, con pene e dolori a tema delle prediche
che interrome(va)no il silenzio.
Ma non solo del cristianesimo, il “dolore strumento di
salvezza” del cristiano è già in Eschilo. E diventa poi raccomandato nella filosofia
romantica: “Solo attraverso il dolore si giunge alla conoscenza”. Con Fichte, Hölderlin,
Hegel e Schelling, e poi con Schopenhauer – quanto più l’uomo subisce la “volontà
di vivere” tanto più accresce il “dolore di vivere”.
Nietzsche invece – “Aurora” ha come sottotitolo
“Della conoscenza di colui che soffre” – la sofferenza propone, l’ascesi, come
sviluppo della capacità critica, della conoscenza. Lo stesso vedeva in parallelo
Dostoevskij, naturalnente: “Per un dolore vero, sincero, anche gli imbecilli
sono diventati qualche volta intelligenti”. Ma più in tema è il richiamo a Proust:
“Solo la felicità è salutare al corpo, ma è il dolore a sviluppare le energie
dello spirito”. Con Leopardi naturalmente. Ma pure Montale. Pavese invece in
controtendenza nel diario – “Il mestiere di vivere”: “Soffrire non serve a
niente… Soffrire elimita l’efficienza spirituale”, etc..
Si soffre anche per la bruttezza, da Frankestein a Rigoletto.
E compreso Sartre, nell’infanzia e nell’adolescenza. “Solo di recente la
scienza ha deciso che il dolore non doveva più essere una condanna ineliminabile….
La conoscenza, vorrei dire la cultura, alza la soglia della sofferenza” - dobbiamo ”alfabetizzarci rispetto al dolore”.
Umberto Eco, Riflessioni sul dolore, La Nave
di Teseo, pp. 61 € 6
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