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domenica 23 novembre 2008

Come l'imbonitore B. divenne "Lo statista"

Il debutto è in sordina per un vice-direttore e opinionista di “Repubblica”, nonché direttore di “Affari & Finanza”. Forse perché non lascia scampo alla sua parte politica. Massimo Giannini non nega più fatti ormai innegabili, mettendosi sul piano storico, come ormai è possibile, e comunque fuori della ormai quotidiana polemica. “Queste ultime cinque legislature saranno ricordate come il Ventennio berlusconiano”, esordisce la presentazione. Il sottotitolo non è lusinghiero, “Il ventennio berlusconiano tra fascismo e populismo”. Ma di fronte al contenuto sembra una captatio benevolentiae del lettore naturale del saggio. Giannini fa carico di Berlusconi alla sinistra: che un venditore, bravo quanto si vuole ma insomma un imbonitore, sia diventato uno statista, che detta l’agenda politica, e la risolve anche, è soprattutto una sconfitta della sinistra. In regime democratico, poiché l’Italia, malgrado il fascismo di qualche giornale di buona reputazione, è ben un paese democratico.
Berlusconi è uno specchio della sinistra. Una scimmia allo specchio, che ripete e accentua i movimenti che vede, l’approssimazione, l’ipocrisia, il gigionismo, in una scena ridotta a vaudeville. E tuttavia mancano alla requisitoria di Giannini, così solida nell’etica, alcuni dei fatti più importanti, tra quelli innegabili. Berlusconi intanto è nato alla politica con Mani Pulite. Che è stata ed è “obbiettivamente” un golpe di destra, anche se l’ex Pci ha pensato e s’illude di governarlo: l’uso politico della giustizia è di destra. Ed è specchio della sinistra anche nella corruzione. Con la sua coorte di avvocati a vario titolo imputati e condannati. Essi fanno il paio dei procuratori col coltello tra i denti, che la funzione superiore della giustizia riducono ad arma di corrente politica: la lotta alla corruzione non può essere selettiva, altrimenti è corruzione.
Sposta milioni di voti
Il fatto più importante che manca è quello politico. Di cui già da tempo si doveva fare il bilancio, ce ne sono tutti gli elementi. Il dato è che domina la politica italiana un uomo d’affari in combutta con i fascisti e con i leghisti. Quanto di più deprecabile. Ma di due partiti violenti, che minacciavano di monopolizzare l’Italia e spaccarla, dopo il disastroso golpe giudiziario, ha fatto due pilastri, bene o male, dell’ordinamento costituzionale. Dopo aver riportato al voto i laici e i socialisti, e aver catturato una buona metà del voto democristiano che altrimenti sarebbe andato a Fini e Bossi. Spostando a destra a ogni elezione fra i due e i cinque milioni di voti, fra i quattro e i dieci punti percentuali. Questo non è fascismo.
La contemporanea pubblicazione da parte di Berlusconi del suo manuale pubblicitario “La forza di un segno” conferma che l’effetto è ricercato. Moderno e argomentato, quindi, e non agitatorio. Non un fenomeno da Luna Park, e nemmeno populista, come Giannini presume. Forse per il residuo snobismo del suo giornale, che considera gli italiani un popolo di cialtroni. O forse manca pure a lui, malgrado i buoni propositi, come a tanti delusi dalla sinistra la tranquillità d’animo necessaria a mettere Berlusconi a fuoco prima che nel mirino.
Miglior milanese
Ma sarebbe anche il tempo di fare i conti col quarto dato di fatto berlusconiano, che non il solo Giannini omette, benché il più evidente di tutti, anche se arduo da documentare. Che Berlusconi è il “miglior milanese”, per quanti nasi arricciati possa incontrare nella sua città. Avido cioè e abile, costante, profittatore, e buono. Molto buono.
L’Italia è governata da quindici anni da Milano, di cui quest’uomo astuto e capace è l’esito migliore. Eccezionale se confrontato agli altri milanesi illustri: gli interisti Moratti e Tronchetti Provera, i Guidirossi moralisti fallimentari, i becchini di Mediobanca, i banchieri pelosi della Curia. Con tutti i “789 giudici alle calcagna”, che lamenta con De Benedetti, l’editore di Repubblica. Da quindici anni i napoletani di Milano lo oberano di accuse, Borrelli, D’Ambrosio, Boccassini, Di Pasquale, Greco, anche di mafia e di droga, ottenendo sempre comprensive condanne dai tribunali della città. Ma è che Milano è misericordiosa. Infatti ha tolto a Napoli la spazzatura dalle strade, vecchia di un paio d’anni. Che storia, se questa Milano frou-frou, o fregnacciara, non avesse disintegrato l’Italia. Nel mentre che si arricchisce.
Massimo Giannini, Lo statista, Bcd, pp. 260, € 17,50

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