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martedì 2 giugno 2009

Cristina o la magnificenza dell'inutile

Cristina Campo è scomoda ai più, anzi comoda solo a poche amiche, che poi ne ebbero il culto. Perché è la letteratura, anche nelle virgole, e in ogni soffio. Anche nella fede, che ebbe costante, benché si ritenesse convertita nel 1964. Inquietante è la fede nella letteratura. Pura, depurata delle fatiche della pubblicazione, le attese, le delusioni, i rancori. Intatta sempre, cristallina. Come la scrittura. E lieve, malgrado le miserie fisiche. Ma insopportabile? Cristina fu devota a molti, in forme squisite, invidiabili, ma non c’è specchio – a parte quelli postumi. Amante temibile, di Leone Traverso, Mario Luzi, Elémire Zola, benché spirituale, e di molte donne. Sempre buona e molto saggia, ma aspra e anche tagliente. Un’esistenza spirituale se mai ve ne furono, che fu infine vittima di tre zii superstiti, emersi a tumulazione avvenuta per impadronirsi dei suoi risparmi, per il privilegio della legge, i quali ne vendettero i libri, i mobili e i quadri, e ne buttarono via le carte, cioè la posterità – non sanno nemmeno se ci fossero carte e se sono state buttate via.
Cristina, divenuta famosa per l’irruente difesa della liturgia (il sacro, la tradizione) contro la desacralizzazione voluta da Paolo VI, cosa su cui i molti oggi le danno ragione, fu in vita e a lungo per questo trascurata o irrisa. Ma soprattutto pesa l’identità, da essa stessa individuata, tra santità e genio. E la bellezza, sempre, aggiunge Pieracci. La diligenza di Longhi e Contini, la sprezzatura di Baldesar Castiglione. Teorica anzi temibile della sprezzatura, quella cosa che, quando si dice e si richiede, è già il suo contrario, come sapeva lo stesso Castiglione che la parola inventò e definì. C’è infatti, c’era anche nel suo grande amico Emo di Capodilista, non ingiustificata, “diffidenza per la grazia della negligenza, della sprezzatura” (Pieracci). E tuttavia oggi Cristina si legge, meglio di prima.
“Opera magnifica e inutile”, dice i suoi scritti rari Mario Luzi. Ma allora, poeta, non serve più la parola, la letteratura? È l’inutilità che è magnifica.
Cristina Di Stefano, Belinda e il mostro, vita segreta di Cristina Campo
Margherita Pieracci Harwell, Cristina Campo e i suoi amici

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