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mercoledì 15 settembre 2010

Il bacio a Riina e l’eredità di Berlinguer

Il 26 settembre di quindici anni fa cominciava il processo per mafia a Andreotti. Durerà una dozzina d’anni e si concluderà con un’assoluzione. Che si poteva prevedere. Ecco cosa ne poteva scrivere a ragion veduta alla vigilia del dibattimento:

“Il processo a Andreotti capo della mafia è in realtà un processo al Pci. È grazie al Pci di Berlinguer, al suo gioco di sponda, e grazie alle innumerevoli trattative sottobanco condotte tra fine 1973 e la morte di Berlinguer nel 1984, che Andreotti, notabile romano, è diventato un grande uomo politico nazionale, onorato in Sicilia come in tutta Italia. È Andreotti che richiama Lima, non la mafia (Lima) che cattura Andreotti….
“Il Procuratore Capo Caselli, che ha avviato l’istruttoria contro Andreotti come primo atto del suo nuovo incarico nel 1993, è sostenuto da Luciano Violante, suo ex collega a Torino e oggi leader influente del Pds. È stato Caselli a indirizzare personalmente la richiesta di autorizzazione a procedere contro Andreotti alla Camera dei deputati il 27 marzo 1993. Su indizi labili: solo tre settimane più tardi il pentito Di Maggio parlerà di un bacio tra Andreotti e Riina, e due anni di istruttoria non hanno trovato prove più consistenti di questo bacio. Balduccio Di Maggio, ex autista di Riina, si era peraltro “pentito” mesi prima col colonnello dei carabinieri di Torino Delfino, senza accennare a Andreotti. Si può anche dire il processo a Andreotti una resa dei conti all’interno del Pci-Pds, tra i delfini di Berlinguer e gli uomini nuovi…
“I pubblici ministri del processo a Andreotti, che il capo della Procura, l’onesto torinese Caselli, protegge, i sostituti Sciacchitano e Lo Forte, erano accusati da Rocco Chinnici, il giudice a capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo nel quale erano impiegati, di essere i “manutengoli” di un potentato democristiano che faceva il giudice ed era, a suo giudizio, un mafioso. Lo Forte era chiacchierato per essere legato al Capo della Procura di Palermo che ha preceduto Caselli, Giammanco, lasciando pessima opinione. Ed era stato nominativamente criticato nei diari pubblicati di Antonino Caponnetto e Rocco Chinnici, che invece quella posizione hanno ricoperto con la stima di tutti. Caponnetto indica in Lo Forte uno degli ostacoli, nella Procura di Palermo, all’azione di Falcone e di Borsellino. Chinnici imputava al magistrato, con pessimi epiteti, la mancata attuazione di certe indagini (“Sciacchitano e Lo Forte della Procura”, annota Chinnici in data 30 marzo 1979, “emissari del grande vigliacco e servo della mafia Scozzari”). Si può quindi dire il processo a Andreotti anche una vendetta trasversale Dc. Chinnici, che era un buon cristiano e lui stesso democristiano, è stato fatto saltare nel 1983 con un’autobomba, subito dopo che aveva avviato indagini sui legami tra Procura e mafia di Corleone…”.
Quattro anni dopo, il 7 aprile 1999, Roberto Scarpinato chiederà 15 anni di reclusione per Andreotti. Dopo una requisitoria avviata il 19 gennaio, e svolta per una diecina di sedute alternandosi con Guido Lo Forte.

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