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lunedì 20 settembre 2010

Il Nobel dei rifiuti viennesi

Libro sdrucito, che si tiene con spilli “scandalosi”, insomma porno, per il finale naturalmente “memorabile”, insomma alla Krafft-Ebing, che a Vienna è un po’ d’ordinanza: il quarantenne rinsecchito, dominato dalla madre, che diventa una quarantenne resta soggetto ancora da sceneggiare. Le trecento pagine sono molto costruite, e si vede, ma maldestramente o di malavoglia, la vera violenza è questa dell’autrice contro il lettore, con una prosa minore alla Bernhard, e svogliati calchi di vari passi celebri, di Kafka, di Rilke, del “Viaggio d’inverno” di Müller musicato da Schubert. “Il suo hobby preferito è tagliuzzarsi il corpo”, si precisa a metà narrazione della protagonista Erika, divaricando le gambe davanti “allo specchio da barba, a ingrandimento”, partendo “da dove il bosco della donna attende l’ascia in silenzio”.
L’autrice è premio Nobel “per il flusso melodico di voci e controvoci in romanzi e testi teatrali, che con estremo gusto linguistico rivelano l’assurdità dei cliché sociali e il loro potere”. Ma questo non ne è il capolavoro? Il sentore di autobiografia può avere aiutato, per la prurigine: come la sua Erika, Elfriede Jelinek ha insegnato musica, ha vissuto con la madre, ha avuto un padre demente. Anche la madre del romanzo, è tanto assurda che non sembra inventata. O ha aiutato la biografia, la biografia “giusta”, che sembra trabordare sull’opera: la polemica contro Haider, la militanza nel partito Comunista, e un sentore di Olocausto (un padre figlio di un ebreo battezzato, benché “di madre austriaca” dice Reitani nella postfazione – ma non bisognerebbe dire “di una madre cattolica”, o cristiana?). Fatto sta che l’opera è stata coronata con cadenza triennale a fine millennio: nel 1998 col premio Büchner, il massimo per la lingua tedesca, nel 2001 con la palma d’oro a Cannes per l’adattamento cinematografico, e nel 2004 col Nobel. Luigi Reitani, che il romanzo glorifica come un poderoso “maelstrom sociale”, vuole Erika “un rifiuto espulso… che galleggia nell’indifferenza”. Che è un’immagine, involontariamente?, acconcia.
Elfriede Jelinek, La pianista, SE Remainder, pp. 312, € 9,50

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