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domenica 19 settembre 2010

Canfora e l’inutilità della filologia

Ottocento pagine sul nulla, il filologo questa volta si è superato. Anche se la suspense è quella dell’editore: perché ha stampato, diffuso, pubblicizzato tale seguito d’insensatezze. Non c’è il papiro. Ovvero c’è, ma non si cos’è. Non c’è la politica, se non l’antifascismo di maniera. Non c’è la politica accademica. Ovvero sì, ma è l’unica cosa che c’è: il baronato e il killeraggio dei concorsi a cattedra. Una miseria che non fa scandalo.
Un esercizio di bravura, non per nulla Canfora è probabilmente il miglior narratore degli ultimi venti o trenta anni (“La biblioteca scomparsa”, “La biblioteca del patriarca”, “Il comunista senza partito”, “La lista di Andocide, “Giulio Cesare”, ”La sentenza”). Ma paradossalmente, il giallo sostanzia l’inutilità della filologia, se è superficiale, opportunistica, indigente nelle sue punte migliori. Cratippo o Teopompo? Che non si sa chi sono...
Luciano Canfora, Il papiro di Dongo

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