Il
tema è insidioso: i “desaparecidos”, invenzione latinoamericana, sostenuta dagli
Stati Uniti, di fare semplicemente sparire negli anni 1970-1980 gli oppositori
politici, anche se solo presunti, tutti “comunisti”, senza accuse, senza
giudizi, senza condanne, per “salvare la democrazia”. Una delle tante derive
che hanno minato l’Occidente. Inevitabile, si teme, il solito film di denuncia.
Salles non lo fa. La denuncia è implicita, e più nella stoltezza dei protagonisti
(i cattivi sono scemi più che violenti). Nonché nella superficialità degli intellettuali
che fanno la fronda al regime, pur temendo il terrorismo – tra aperitivi,
pranzi, cene, in grandi sale da pranzo o in terrazze sul mare.
Il “desaparecido”
della vicenda, una storia vera, Rubens Paiva, ingegnere, deputato, è uno di
questi. È simpatico caciarone e ottimo padre, ha una bella casa a Copacabana fronte
mare, e una grande sta provando a costruirsi in un quartiere alto. Fa una vita
bella finché non viene invitato in caserma, dove si reca da solo, con la sua macchina,
e lì scompare.
La storia
sarà della moglie e madre, Eunice Facciolla, che per due ore e mezza tiene incollati
allo schermo con la sua verve inesauribile, anche quando viene convocata
lei stessa, e passa alcune notti chiusa al buio, sempre in caserma. Di come si
organizza, anche finanziariamente. Come cambia stile di vita e città, passando
per una stagione in casa anonima a San Paolo “dai nonni”, per poi tornare a Rio
e al mare. Come alleva i cinque figli, riottosi, poco o nulla consapevoli di
quanto accade nella scena pubblica. Compreso il maschio, Marcello, che diventerà
scrittore e scriverà la storia che stiamo vedendo – ma da tempo tetraplegico
per un incidente d’auto. E come per una vita insegue la verità sulla scomparsa del
marito – riesce a ottenere, alla fine, un certificato di morte: i “desaparecidos”
comportano anche questo, una serie inenarrabile di nodi legali.
Un
film che volendo dire la forza della democrazia la dice indirettamente. Semplicemente
col fare la storia privata, cancellando generali, benché golpisti, eserciti, polizie,
torture, sevizie. Per l’interpretazione dura e sempre aperta di Fernanda Torres
nel ruolo di Eunice Facciolla Paiva. Che le ha valso la maggior parte dei tanti
premi (Mostra di Venezia, Oscar, etc.) di cui il film è stato locupletato.
Walter Salles, Io sono sempre qui, Sky Cinema
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