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martedì 14 ottobre 2025

Capri, di malavoglia

Capri, Anacapri e Caprile. E il monte Solaro, “greco” - “Che monte ridente! Che monte misurato! Che monte «greco»!”. Con “le donne dal collo robusto” di Omero. E i Teleboi – che sono di Virgilio, ma Savinio, pur professandosi latinista in gioventù, non ne fa cenno.
La partenza è promettente. Allo sbarco gli si erge la memoria di “quel principe del pompierismo letterario che risponde al nome di C.A.Sainte Beuve” – che dell’isola arrivando aveva visto “la silhouette severa, il profilo formidabile, Tiberio”, l’imperatore crudele in persona, “nel golfo della mollesse, il richiamo grave e terribile”. Subito poi ce n’è per Debussy, sentendo su per un sentiero “le notine perlate di un preludio di Debussy”: “Che musica da morticini! Che musica da piccoli annegati gonfi che galleggiano sopra un mare putrefatto” – ed è uno “uno dei più brutti, uno dei preludi più banali che abbia scritto magister Claudius: ‘Les collines d’Anacapri’”.
Pochi altri umori. Un Savinio ben disposto ma poco ispirato – una “guida” scritta nel 1926, ma pubblicata solo nel 1988. Anche lui ci trova Tiberio, naturalmente, il Salto di Tiberio – ma con la Madonna del Soccorso, che protegge dalle tentazioni (“se Tiberio faceva precipitare gli schiavi da questa rupe, era solo per sedare un poco il terribile desiderio che lo struggeva di buttarsi egli medesimo dal Salto di Tiberio”). Con più agio ci ha trovato Augusto. E poco altro. In una pagina si affastellano Shakespeare, Verne, Victor Hugo, Walter Scott e Barbarossa - Khaireddin, non Federico.
Alberto Savinio, Capri, Garzanti, pp. 80 € 5,90


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