Cerca nel blog

mercoledì 15 ottobre 2025

Il mondo com'è (489)

astolfo


Plia Albeck – Un’avvocata, “oscura funzionaria del ministero della Giustizia americano” (R.Bergman - M.Mazzetti, “L’impunità dei coloni”), è diventata famosa ed è tuttora riverita in Israele per avere “scoperto” nel 1987, vent’anni dopo l’occupazione, la chiave giuridica che Israele fa valere per appropriarsi della Cisgiordania, tramite la colonizzazione. Sfogliando i regolamenti del vecchio impero ottomano, Albeck trovò la chiave nel Codice Fondiario Ottomano del 1858, un insieme di norme intese a promuovere una riforma agraria. Nella norma che prevedeva la confisca dei terreni di proprietari assenteisti – “qualsiasi terreno che non fosse stato coltivato dai proprietari per un certo numero di anni, e non fosse «a distanza d’urlo» dall’ultima casa del villaggio”. Di terreni abbandonati e remoti.
Il primo ministro Begin, impegnato dal presidente americano Carter a un accordo di pace con l’Egitto, che comportava la restituzione all’Egitto del Sinai e altre concessioni, cavalcò la “scoperta”: l’avvocata fu fornita di un elicottero militare per mappare la Cisgiordania e individuare gli appezzamenti che potessero consentire l’avvio degli insediamenti ebraici sulla base della riforma agraria ottomana del 1858. Ne tornò con l’individuazione di “oltre cento aree” che si potevano difendere in tribunale sulla base di quella norma, su cui si impiantarono “legalmente” i primi coloni – che l’avvocata amava definire “i miei figli”.
 
San Carlo Borromeo – Santo, annota la sua biocritica Fragnito, malgrado lo straordinario nepotismo – che eserciterà anche, un secolo dopo, il Borromeo buono di Manzoni, il cardinale Federico, grande acquisitore di beni e titoli – esteso a “parenti delinquenti”. Stile Innominato.
Fu santo per il “suo indubbio zelo apostolico, la grande carità che praticò e fece praticare, l’opera di acculturazione e moralizzazione del clero, la sua modestia e la sua fede, vissuta talvolta con sorda intransigenza”. Fu però il vescovo che rinobilitò Francesco Cittadini, un giovane milanese di buona famiglia che per non saper che fare se ne era andato a Roma, dove aveva fatto carriera in Vaticano, presto nominato vescovo di Castro, l’antica capitale degli ipernepotisti Farnese. Qui aveva fatto un figlio con una badessa, Elena Orsini, della potente famiglia romana (la vicenda è una delle “Cronache italiane” più note di Stendhal, “La badessa di Castro”), che lo fece imprigionare e processare per relazione sacrilega. Il futuro santo Borromeo si adoperò per sottrarlo alla condanna, gli affidò una parrocchia in Lombardia, e lo volle in molte cerimonie, subito dopo la liberazione, al suo fianco.
La protezione del vescovo Cittadini è però niente al confronto di quella che il santo spese in favore di un Giovan Battista Borromeo che aveva trucidato la moglie, Giulia Sanseverino, ed era stato per questo condannato alla decapitazione. L’uxoricida era un lontano cugino, ma era stato per un breve periodo accudito, bambino, organo di entrambi i genitori, dal futuro santo.
L’uxoricidio era stato particolarmente efferato. A conclusione di una lunga vicenda di sopraffazioni e violenze, compresa la reclusione della vittima in casa con porte e finestre murate. L’8 marzo del 1577 la uccise a pugnalate, davanti alle due figlie, bambine. Avvenne a Origgio, dove Giovanni Battista, “signore di Cannobio”, aveva residenza. Nel feudo Borromeo che prendeva il nome da Angera, sul lago Maggiore, sulla sponda di fronte al monumento che sarà eretto al santo, il “Colosso di san Carlo Borromeo”, bronzo alto 35 metri, in cima al Sacro Monte di Arona. I Borromeo, conti e marchesi, erano padroni di mezzo varesotto – lo “Stato Borromeo” nel Tre e Quattrocento contava più di mille kmq: il conte risiedeva ad Arona, il marchese ad Angera.
Lo “zio” cardinale fece espatriare il “nipote” subito a Locarno. Dove ricevette, una settimana dopo, l’ingiunzione del Capitano di Giustizia di Milano a comparire. E due mesi dopo, la sentenza dello stesso Capitano: decapitazione, e confisca dei beni. Il cardinale si agitò subito a svigorire la condanna, agendo sulla distinzione che la legge faceva fra l’assassinio premeditato e quello commesso in un impeto d’ira. E a questo fine raccolse molte testimonianze, senza difficoltà. Mentre le ebbe per salvare i beni, oltre la vita, e ottenere la libertà, con il perdono di tutte le parti offese. Su questo trovò l’opposizione della sorella e della madre della moglie assassinata, Barbara e Lavinia Sanseverino. Di quest’ultima soprattutto. Che tenne testa alle pressioni del vescovo fino alla morte, un anno e mezzo dopo, il 2 novembre 1578. Morta Lavinia, il vescovo cardinale ottenne rapidamente il perdono delle figlie, della sorella Barbara e di altri due parenti: ad agosto del 1579 il governatore Guzmán y Zuñiga condannava il nipote del cardinale a una pena pecuniaria e a cinque anni di residenza coatta fuori dello Stato – nel finitimo Monferrato.


Frascineto – Oggi borgo arbëreshë, in Calabria, alle pendici del Pollino, è il nome antico di Saint Tropez. Nato da una spedizione (“scorreria”) arabo-mussulmana nel secolo X, originata dal regno di Granada. La calabrese Frascineto viene da ginestra, “frasnita” in arbëreshë – il borgo aveva finito per chiamarsi, attraverso una serie di derivazioni, “Porcile” nel primo Novecento. Nella Frascineto-Saint Tropez i corsari cerarono una base, da cui partire per le scorrerie, sia via mare che via terra, risalendo i fiumi, e a cui fare capo intermedio al rientro verso le basi sicure. Un insediamento che nelle cronache latine dell’epoca viene registrato come Fraxinetum Saracenorum. Con due possibili etimologie. O dalla vegetazione, oppure dal castrum, oggi detto La Garde Freinet, al bordo nord dell’insenatura, sopra un rilievo roccioso – che però anche questo era protetto da una densissima spinarum silva.
L’insediamento fu stabile per un lungo periodo. Registrato da Ibn Hawqal, il mercante e viaggiatore originario di Bagdad che rilevò tutto il mondo mussulmano, Sicilia compresa, da Granada all’India, nel “Libro delle vie e dei regni”: “Il Ğebel ‘al qalâl (rilievo non identificato, ma sarebbe la Provenza, n.d.r.) era deserto da molto tempo, ma aveva acque, buone terre, culture e seminati in grado di alimentare chi vi riparasse. Sbarcato che vi fu un gruppo di mussulmani, ne fecero loro residenza e la mantennero. Anche contro i Franchi, i quali non poterono nulla contro di essi, e l’inattaccabilità del luogo”.
Fu la base degli arabi in Liguria dei racconti di Calvino. Da Frascineto-Saint Tropez fecero continue incursioni sulle coste provenzali e liguri, saccheggiando a più riprese la Riviera di Ponente. Più sistematiche le spedizioni nell’entroterra, tra il Rodano e le Alpi, fino all’Oltregiogo padano – in particolare su Acqui, Alba e l’alto Tortonese. Oltrepassarono anche le Alpi, in Svizzera si ricorda la devastazione del monastero di San Gallo.
 
Sionisti cristiani – Il movimento “evangelico” americano, sui cui orientamenti Donald Trump ha basato e basa gran parte delle sue decisioni, specie su Israele e il Medio Oriente, ha una forte componente sionista, ampia e di fede assoluta - e sarebbe stato la fonte di ispirazione, a metà Ottocento, dei sionismo propriamente detto, ebraico, israeliano. Lo storico israeliano Ilan Pappé ricorda (“10 miti su Israele”, p. 235) che “George W. Bush era fortemente influenzato dai sionisti cristiani, con cui forse condivideva l’opinione che la presenza degli ebrei in Terra Santa facesse parte del compimento di uno scenario apocalittico che avrebbe potuto inaugurare la seconda venuta di Cristo”.
Il sionismo non ha buona ricezione nelle confessioni protestanti e nella chiesa cattolica – salvo pochi, recenti, “mediatori teologali”. Ma ha diffusione in America. Specie in questo movimento “evangelico”, messianico - Martin Luther King si vuole sia stato anche lui un sionista cristiano.
I sionisti cristiani non si sa quanti sono, ma sono influenti. L’organizzazione cristiano sionista più grande, i Cristiani Uniti per Israele, che conterebbe dieci milioni di membri, è anche screditata: il suo creatore e organizzatore, John Hagee, un ultraottantenne pastore e predicatore tv, nel 2013 fu a lungo bestseller con un libro in cui profetizzava la fine del mondo a una certa eclisse lunare del 2014.
Hagee è famoso anche per avere stabilito che le persecuzioni degli ebrei, Olocausto compreso, nascono dalla disobbedienza del popolo ebraico a Dio – e in particolare che Hitler proveniva da una stirpe di “ebrei meticci maledetti e assassini”.
Ma nel 2023, secondo un sondaggio del Pew Research Center, oltre il 60 per cento dei cristiani evangelici e circa il 50 per cento degli afroamericani erano convinti che Israele adempisse la profezia biblica, trovasse le sue radici nella Bibbia, ad empisse una profezia biblica. Poco più delle metà degli intervistati, il 55 per cento, affermava di sostenere Israele in base ai racconti e ai precetti biblici. Un sondaggio più recente, 2017, di Life Way, rilevava una percentuale maggiore, l’80 per cento del dei cristiani evangelici convinti che la nascita di Israele nel 1948 fosse un adempimento della profezia biblica che avrebbe portato al ritorno di Cristo.
Il governo israeliano sostiene ufficialmente il sionismo cristiano. Nel 1980 è stata aperta una Ambasciata Cristiana Internazionale - a Gerusalemme, sede privilegiata, e non a Tel Aviv. L’ambasciata si è segnalata per la raccolta fondi destinati al finanziamento della immigrazione in Israele dall’Unione Sovietica e poi dall’ex Urss. E ha assistito e assiste i coloni israeliani in Cisgiordania.  
Il sionismo, l’attesa di una “restaurazione ebraica”, si sarebbe sviluppato per primo tra i cristiani, e in particolare nel pensiero puritano inglese del Seicento. I “circoli ebraici” ne sarebbero stati contagiati intorno al 1840, secondo la storica contemporaneista israeliana Anita Shapira  - la stessa studiosa, biografa dei più forti sionisti, Berl Katznelson, Ben Gurion, Yigal Allon, e analista dell’identità ebraica, in una ricerca specifica, “The Bible and Israeli Identity” nel 2005, rilevava che la considerazione della Bibbia era diminuita nell’identità israeliana.  
I cristiani evangelici, come i sionisti messianici, in realtà, come correttamente spiega lo storico Pappé nel recente “La fine di Israele”, si esercitano da un secolo o poco meno sulla fine dello Stato di Israele, e pregano ferventemente per un’apocalisse, “nella speranza che gli eventi in questi territori precipitino la fine dei tempi e preparino il ritorno del Messia cristiano o (l’avvento) di quello ebraico”.


astolfo@antiit.eu

Nessun commento: