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Il mondo com'è (489)
astolfo
Plia Albeck – Un’avvocata, “oscura
funzionaria del ministero della Giustizia americano” (R.Bergman - M.Mazzetti,
“L’impunità dei coloni”), è diventata famosa ed è tuttora riverita in Israele per
avere “scoperto” nel 1987, vent’anni dopo l’occupazione, la chiave giuridica
che Israele fa valere per appropriarsi della Cisgiordania, tramite la
colonizzazione. Sfogliando i regolamenti del vecchio impero ottomano, Albeck
trovò la chiave nel Codice Fondiario Ottomano del 1858, un insieme di norme
intese a promuovere una riforma agraria. Nella norma che prevedeva la confisca
dei terreni di proprietari assenteisti – “qualsiasi terreno che non fosse stato
coltivato dai proprietari per un certo numero di anni, e non fosse «a distanza
d’urlo» dall’ultima casa del villaggio”. Di terreni abbandonati e remoti.
Il primo ministro
Begin, impegnato dal presidente americano Carter a un accordo di pace con l’Egitto,
che comportava la restituzione all’Egitto del Sinai e altre concessioni, cavalcò
la “scoperta”: l’avvocata fu fornita di un elicottero militare per mappare la
Cisgiordania e individuare gli appezzamenti che potessero consentire l’avvio
degli insediamenti ebraici sulla base della riforma agraria ottomana del 1858.
Ne tornò con l’individuazione di “oltre cento aree” che si potevano difendere
in tribunale sulla base di quella norma, su cui si impiantarono “legalmente” i
primi coloni – che l’avvocata amava definire “i miei figli”.
San Carlo Borromeo – Santo,
annota la sua biocritica Fragnito, malgrado lo straordinario nepotismo – che
eserciterà anche, un secolo dopo, il Borromeo buono di Manzoni, il cardinale Federico,
grande acquisitore di beni e titoli – esteso a “parenti delinquenti”. Stile Innominato.
Fu santo per il “suo indubbio zelo apostolico, la grande carità che
praticò e fece praticare, l’opera di acculturazione e moralizzazione del clero,
la sua modestia e la sua fede, vissuta talvolta con sorda intransigenza”. Fu
però il vescovo che rinobilitò Francesco Cittadini, un giovane milanese di
buona famiglia che per non saper che fare se ne era andato a Roma, dove aveva
fatto carriera in Vaticano, presto nominato vescovo di Castro, l’antica capitale
degli ipernepotisti Farnese. Qui aveva fatto un figlio con una badessa, Elena
Orsini, della potente famiglia romana (la vicenda è una delle “Cronache italiane”
più note di Stendhal, “La badessa di Castro”), che lo fece imprigionare e processare
per relazione sacrilega. Il futuro santo Borromeo si adoperò per sottrarlo alla
condanna, gli affidò una parrocchia in Lombardia, e lo volle in molte cerimonie,
subito dopo la liberazione, al suo fianco.
La protezione del vescovo Cittadini è però niente al confronto di
quella che il santo spese in favore di un Giovan Battista Borromeo che aveva
trucidato la moglie, Giulia Sanseverino, ed era stato per questo condannato alla
decapitazione. L’uxoricida era un lontano cugino, ma era stato per un breve periodo
accudito, bambino, organo di entrambi i genitori, dal futuro santo.
L’uxoricidio
era stato particolarmente efferato. A conclusione di una lunga vicenda di sopraffazioni
e violenze, compresa la reclusione della vittima in casa con porte e finestre murate.
L’8 marzo del 1577 la uccise a pugnalate, davanti alle due figlie, bambine. Avvenne
a Origgio, dove Giovanni Battista, “signore di Cannobio”, aveva residenza. Nel
feudo Borromeo che prendeva il nome da Angera, sul lago Maggiore, sulla sponda
di fronte al monumento che sarà eretto al santo, il “Colosso di san Carlo
Borromeo”, bronzo alto 35 metri, in cima al Sacro Monte di Arona. I Borromeo,
conti e marchesi, erano padroni di mezzo varesotto – lo “Stato Borromeo” nel
Tre e Quattrocento contava più di mille kmq: il conte risiedeva ad Arona, il
marchese ad Angera.
Lo “zio” cardinale fece
espatriare il “nipote” subito a Locarno. Dove ricevette, una settimana dopo,
l’ingiunzione del Capitano di Giustizia di Milano a comparire. E due mesi dopo,
la sentenza dello stesso Capitano: decapitazione, e confisca dei beni. Il cardinale
si agitò subito a svigorire la condanna, agendo sulla distinzione che la legge
faceva fra l’assassinio premeditato e quello commesso in un impeto d’ira. E a
questo fine raccolse molte testimonianze, senza difficoltà. Mentre le ebbe per salvare
i beni, oltre la vita, e ottenere la libertà, con il perdono di tutte le parti
offese. Su questo trovò l’opposizione della sorella e della madre della moglie
assassinata, Barbara e Lavinia Sanseverino. Di quest’ultima soprattutto. Che tenne
testa alle pressioni del vescovo fino alla morte, un anno e mezzo dopo, il 2
novembre 1578. Morta Lavinia, il vescovo cardinale ottenne rapidamente il perdono
delle figlie, della sorella Barbara e di altri due parenti: ad agosto del 1579
il governatore Guzmán
y Zuñiga condannava il nipote del cardinale a una pena pecuniaria e a cinque anni
di residenza coatta fuori dello Stato – nel finitimo Monferrato.
Frascineto – Oggi borgo arbëreshë,
in Calabria, alle pendici del Pollino, è il nome antico di Saint Tropez. Nato
da una spedizione (“scorreria”) arabo-mussulmana nel secolo X, originata dal
regno di Granada. La calabrese Frascineto viene da ginestra, “frasnita” in arbëreshë
– il borgo aveva finito per chiamarsi, attraverso una serie di derivazioni,
“Porcile” nel primo Novecento. Nella Frascineto-Saint Tropez i corsari cerarono
una base, da cui partire per le scorrerie, sia via mare che via terra, risalendo
i fiumi, e a cui fare capo intermedio al rientro verso le basi sicure. Un
insediamento che nelle cronache latine dell’epoca viene registrato come
Fraxinetum Saracenorum. Con due possibili etimologie. O dalla vegetazione,
oppure dal castrum, oggi detto La Garde Freinet, al bordo nord dell’insenatura,
sopra un rilievo roccioso – che però anche questo era protetto da una densissima
spinarum silva.
L’insediamento fu
stabile per un lungo periodo. Registrato da Ibn Hawqal, il mercante e viaggiatore
originario di Bagdad che rilevò tutto il mondo mussulmano, Sicilia compresa, da
Granada all’India, nel “Libro delle vie e dei regni”: “Il Ğebel ‘al qalâl (rilievo
non identificato, ma sarebbe la Provenza, n.d.r.) era deserto da molto tempo, ma aveva acque,
buone terre, culture e seminati in grado di alimentare chi vi riparasse. Sbarcato
che vi fu un gruppo di mussulmani, ne fecero loro residenza e la mantennero.
Anche contro i Franchi, i quali non poterono nulla contro di essi, e l’inattaccabilità
del luogo”.
Fu la base degli
arabi in Liguria dei racconti di Calvino. Da Frascineto-Saint Tropez fecero
continue incursioni sulle coste provenzali e liguri, saccheggiando a più riprese
la Riviera di Ponente. Più sistematiche le spedizioni nell’entroterra, tra il
Rodano e le Alpi, fino all’Oltregiogo padano – in particolare su Acqui, Alba e l’alto
Tortonese. Oltrepassarono anche le Alpi, in Svizzera si ricorda la devastazione
del monastero di San Gallo.
Sionisti cristiani
–
Il movimento “evangelico” americano, sui cui orientamenti Donald Trump ha basato
e basa gran parte delle sue decisioni, specie su Israele e il Medio Oriente, ha
una forte componente sionista, ampia e di fede assoluta - e sarebbe stato la fonte di ispirazione, a metà Ottocento, dei sionismo propriamente detto, ebraico, israeliano. Lo storico israeliano
Ilan Pappé ricorda (“10 miti su Israele”, p. 235) che “George W. Bush era
fortemente influenzato dai sionisti cristiani, con cui forse condivideva l’opinione
che la presenza degli ebrei in Terra Santa facesse parte del compimento di uno
scenario apocalittico che avrebbe potuto inaugurare la seconda venuta di
Cristo”.
Il sionismo non ha
buona ricezione nelle confessioni protestanti e nella chiesa cattolica – salvo
pochi, recenti, “mediatori teologali”. Ma ha diffusione in America. Specie in
questo movimento “evangelico”, messianico - Martin Luther King si vuole sia stato
anche lui un sionista cristiano.
I sionisti cristiani non si sa quanti
sono, ma sono influenti. L’organizzazione cristiano sionista più grande, i
Cristiani Uniti per Israele, che conterebbe dieci milioni di membri, è anche screditata:
il suo creatore e organizzatore, John Hagee, un ultraottantenne pastore e predicatore
tv, nel 2013 fu a lungo bestseller con un libro in cui profetizzava la
fine del mondo a una certa eclisse lunare del 2014.
Hagee è famoso
anche per avere stabilito che le persecuzioni degli ebrei, Olocausto compreso,
nascono dalla disobbedienza del popolo ebraico a Dio – e in particolare che
Hitler proveniva da una stirpe di “ebrei meticci maledetti e assassini”.
Ma nel 2023, secondo
un sondaggio del Pew Research Center, oltre il 60 per cento dei cristiani
evangelici e circa il 50 per cento degli afroamericani erano convinti che
Israele adempisse la profezia biblica, trovasse le sue radici nella Bibbia, ad
empisse una profezia biblica. Poco più delle metà degli intervistati, il 55 per
cento, affermava di sostenere Israele in base ai racconti e ai precetti
biblici. Un sondaggio più recente, 2017, di Life Way, rilevava una percentuale
maggiore, l’80 per cento del dei cristiani evangelici convinti che la nascita di
Israele nel 1948 fosse un adempimento della profezia biblica che avrebbe
portato al ritorno di Cristo.
Il governo israeliano
sostiene ufficialmente il sionismo cristiano. Nel 1980 è stata aperta una Ambasciata
Cristiana Internazionale - a Gerusalemme, sede privilegiata, e non a Tel Aviv. L’ambasciata
si è segnalata per la raccolta fondi destinati al finanziamento della immigrazione
in Israele dall’Unione Sovietica e poi dall’ex Urss. E ha assistito e assiste i
coloni israeliani in Cisgiordania.
Il sionismo, l’attesa
di una “restaurazione ebraica”, si sarebbe sviluppato per primo tra i cristiani,
e in particolare nel pensiero puritano inglese del Seicento. I “circoli ebraici”
ne sarebbero stati contagiati intorno al 1840, secondo la storica contemporaneista
israeliana Anita Shapira - la stessa studiosa,
biografa dei più forti sionisti, Berl Katznelson, Ben Gurion, Yigal Allon, e
analista dell’identità ebraica, in una ricerca specifica, “The Bible and
Israeli Identity” nel 2005, rilevava che la considerazione della Bibbia era diminuita
nell’identità israeliana.
I cristiani
evangelici, come i sionisti messianici, in realtà, come correttamente spiega lo
storico Pappé nel recente “La fine di Israele”, si esercitano da un secolo o poco
meno sulla fine dello Stato di Israele, e pregano ferventemente per un’apocalisse,
“nella speranza che gli eventi in questi territori precipitino la fine dei
tempi e preparino il ritorno del Messia cristiano o (l’avvento) di quello
ebraico”.
astolfo@antiit.eu
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