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martedì 7 ottobre 2025

Una guerra senza pace

L’assalto del 7 ottobre era una guerra, si spiegava nel sito il giorno dopo – una guerra e non un atto di terrorismo, come i tanti subiti dagli Stati Uniti, la Francia, la Spagna, la Gran Bretagna, la Germania. Ed è stata una guerra molto dura, la più aspra oltre che lunga dopo quella del 1948, della nascita di Isarele. E come nel 1948, va ora aggiunto, non si conclude con una pace.
Non c’è un vincitore netto.  Israele deve accettare delle condizioni. E non ci sarà pace: Israele non intende fare pace.
Israele nel suo insieme, non solo la destra al governo con Netanyahu. Nessun governo precedente ha mai affrontato la questione politica. Gli accordi di Oslo del 1993 non sono stati applicati, neanche prima dell’assassinio di Itzak Rabin, che li aveva sottoscritti. Quelli di Camp David nel 2000 erano vuoti.
La soluzione di polizia non paga – non funziona, oltre che mettere Israele dalla parte del torto, giuridico e politico. Specialmente dopo questa guerra, ma anche prima. Si stima che un palestinese su cinque sia passato per le carceri israeliane, anche senza condanna, quindi un milione – tra essi migliaia di ragazzi sotto i 12 anni. A nessun effetto pratico, se Hamas ha potuto fare guerra contro Israele – di fatto contro gli Stati Uniti – per due anni.
Dopo una guerra, specie dopo una sanguinosa come questa, viene la pace. Se c’è un vincitore.  

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