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martedì 16 luglio 2013

Storia di Mancini - 3

Nixon è tornato a Roma – fine settembre 1970. Dopo la visita trionfale di fine febbraio 1969, accolto da Saragat con tutti gli onori. Nel frattempo, a luglio del 1969, Saragat si era ripreso i suoi, col nome di Partito socialista unificato – poi di nuovo Psdi. La storia di Mancini, tutta ora bloccata sul giudiziario, può proseguire con “Non c’è anarchico felice”, di Astolfo, secondo romanzo del ciclo “Anamorfosi”:
“La Nazione, nobile giornale di Firenze, diretto dall’anglomane Bartoli, pioniere del giornalismo dei fatti distinti dalle opinioni, gentiluomo cucito con filo repubblicano, socialdemocratico e moroteo, dirige l’unico giornale che informa l’Italia dei fatti minimi dei fascisti greci, e porta il colpo decisivo ai socialisti.
“Un pezzo in prima pagina a cinque colonne, siglato G.P., tocca il materiale con diffidenza perfino il cronista giudiziario, talpa di questura, titola: “Su Mancini e su un ministro dossier dal giudice alle Camere”. E spiega: “Stando a talune indiscrezioni raccolte questa sera sembra che le accuse contro l’onorevole Mancini e l’altro ministro siano venute da un testimone (che pare si sia presentato spontaneamente davanti al magistrato) il quale avrebbe di-chiarato di aver avuto notevoli facilitazioni dal ministero dei Lavori Pubblici”. Potenza del linguaggio allusivo, il poter essere prevarica l’essere.
“È la potenza della campagna “Mancini lader”, che va ora in autonomia. Il signor Pontedera, personaggio d’autore, è sparito. Lettere anonime affluiscono, affluirebbero, pare, in Procura, dettagliate seppure non documentate, su carta intestata dell’Anas, Pecottini ne aveva fotocopia già prima del blocco della collaborazione: l’onorevole socialista ha fatto costruire, quand’era ministro, un’autostrada di quattrocento chilometri in sei o sette anni, uno scandalo, che il potere dei funzionari dell’Anas, basato sui ritardi, i rinvii, e le revisioni di prezzo, fa svanire, e così quello delle imprese che si creano per speculare su ritardi, rinvii e revisioni”.
Per Pecottini è da intendersi, al solito, Pecorelli. Per Re è da intendersi l’onorevole Principe, per Francescani l’onorevole Mariani. Il filone Anas è noto, ma non abbastanza: non ci fu mai un processo. Nel’ 69 arrivarono alla Procura di Roma le prime denunce, anonime, sugli appalti dell’Anas. Sotto accusa finirono il direttore generale Chiatante, e tre funzionari, Salocchi, Macori e Rissone. Il reato ipotizzato: concussione. I quattro, cioè, erano sospettati di aver sollecitato tangenti per assicurare agli imprenditori l’ affidamento di lavori. Ma l’inchiesta non si fermò a loro. Andarono in carcere alcuni costruttori per reticenza, e nei fascicoli dei magistrati finirono i nomi di ben 280 imputati. Fra questi anche tre ex ministri dei Lavori pubblici: i socialisti Mancini e Lauricella e il dc Natali. A chiamarli in causa furono le registrazioni (effettuate con una microspia) di alcuni colloqui avvenuti nello studio di Chiatante. Dopo cinque anni di indagini sui giornali, gli atti furono inviati alla Camera dei deputati. Era l' 11 settembre 1974. Ci vollero otto anni perché la Commissione parlamentare per le autorizzazioni a procedere decidesse. E decise l’archiviazione per i tre ex ministri.
Successivamente, l’inchiesta fu riaperta dal giudice istruttore Torri, che inviò gli atti alla Procura generale. Da qui partì il rinvio a giudizio per i reati di corruzione pluriaggravata continuata, interesse privato in atti di ufficio e turbata libertà degli incanti. Ma ormai, passati i 15 anni, i reati erano "estinti".
Impiccagione in effigie
L’offensiva contro Mancini non si era per questo esaurita: l’obiettivo era l’annientamento, un partito Socialista al 20 per cento del voto era intollerabile per la Dc. Il filone Pontedera-Anas avendo esaurito la curiosità, la campagna contro Mancini era stata fatta partire, governando Colombo, in Calabria:
“La campagna “Mancini lader” è allora ripartita dalla Calabria. Dal Viminale, tarda architettura savoiarda, più equivoca che brutta, e dalla punta dello stivale. I democristiani, ha ragione Severo, sono spietati. I socialisti, che il governo hanno preso sul serio, li pensano invece amici, Franco e i suoi, fino alla stupidità. Sorprendente, “avete rovinato il Sud, e avete rovinato anche il Nord” essendo stata geniale analisi dell’onorevole Mancini. Che rilancia chiedendo le Finanze, informa Pecottini nell’ultima nota, al fine, scrive, di “dare ai socialisti il controllo infine di un corpo di polizia”. Punterà alla franchezza contro i clericali ipocriti, che solo riconoscono la sopraffazione, in attesa di rovesciarla. Ma si sottostima: funerali già se ne fanno a Reggio, e impiccagioni in effigie, regressione etnologica di potente effetto simbolico, Lévi-Strauss lo spiega nel Babbo Natale suppliziato di Digione, il nemico va annientato appena individuato.
“In Calabria i socialisti hanno superato il venti per cento e questo non piace a nessuno, neanche ad alcuni socialisti. Successe già a Prometeo, che quando diede il fuoco agli uomini, questi lo denunciarono a Giove, a cui l’aveva sottratto. L’onorevole Re, calabrese, e il sanguigno deputato abruzzese Nello Francescani, visti separatamente al diciannovesimo piano, intimiditi dai cristalli e gli argenti di Libero, sono stati per questo ospiti riservati di Franco, vittime dello sprezzo di Fiero sibilante:
“- I socialisti si comprano per un pasto di Ruschena. – Sui socialisti Fiero vanta una saga. Pezzo forte è il congresso della scissione a Natale del 1963, cui partecipò neofita con Ugo, duca recenziore, signore della sottopolitica, che imperturbato saltava la bassa balaustra del proscenio per intervenire nella sceneggiata. Era l’epoca che il Dottore si impadroniva dell’Ente, promettendo e realizzando la liquidazione dei socialisti. Per primo dall’ufficio studi, che l’Ingegnere padre aveva delegato a loro in quanto sapevano l’inglese e l’economia keynesiana – Metello è sfuggito alla caccia per essere in quel gruppo ancora apprendista. La porta aprendo ai Fiero, dalla doppia tessera democristiana e socialista, ma saragattiana, della destra di Saragat. Nella prima uscita avevano operato da sinistra, per l’uscita dal partito Socialista dei carristi, i fautori dei carri armati a Budapest nel 1956, fedeli di Mosca. Il duca Ugo, che è oggi consigliere di Stato, corteggia le belle donne, e si ripaga con una lauta consulenza, capeggiava i socialisti di complemento”.
Franco è da intendersi Briatico, col quale Mancini imprudente si confidava, uomo di punta delle relazioni istituzionali Eni, di fiducia soprattutto di Eugenio Cefis. “Fiero” e “Metello” sarebbero caratterizzazioni aziendali Eni. Ugo è quasi certamente Niutta. La storia di Mancini si fece allora più pesante:
Vandea - i socialisti al 20 per cento
“Più dosi di anonime denunce non hanno affondato il caparbio onorevole, per cui si passa alla minaccia d’arresto. La vicenda è a questo punto faticosa, dovendosi trovare un Dc minore da sacrificare con lui. E i giudici, procuratore e istruttore. Che adesso sono entrambi fascisti dichiarati, senza maschera socialdemocratica – i fascisti odiano i socialisti e non i comunisti, bel soggetto per una vera storia”.
Dopo l’Anas la rivolta di Reggio Calabria. Dal luglio del 1970 al febbraio del 1971. Le celebrazioni dei quarant’anni l’hanno dimenticato, ma la rivolta fu organizzata da Roma. Con molto personale dei servizi segreti, allora di osservanza andreottiana-missina:
“Sarebbe stato “Catanzaro capitale”, se la regione l’avessero domiciliata a Reggio, la storia può essere ineluttabile. Ma una rivoluzione è in atto fascista - la Vandea è stata trovata, che già di suo era stata solidamente sanfedista, e massista, cioè in massa, antifrancese. Al motto “boia chi molla!”, dà la caccia agli zingari, e mazziniana proclama repubbliche, di Santa Caterina, di Sbarre Centrali, del Calopinace, popolate di baracche del terremoto, quello del 1908 – pure questo bisogna vedere, Mazzini nel fascio. E in città riporta eponimo il Duce, che raggruppò undici paesi informi per dare forza demografica al nome classico. La rivoluzione ha pure fatto saltare la Freccia del Sud, il treno della speranza, un tempo, nella stazione di Gioia Tauro, mafiosissima. “Reggio tradita non mollerà”, incita a tutta pagina la copertina del Candido, ambrosiana solidarietà”.
Socialisti al suicidio
Con Craxi alla segreteria del Psi, 1976, candidato da Mancini, per Mancini fu l’emarginazione, la fine politica a opera del suo stesso partito. L’autonomista Craxi non pagò alcun tributo all’autonomista Mancini. Il milanese Craxi non reciprocò l’apertura di Mancini a Guiducci e all’intellighentsia lombarda, nonché a lui stesso, Craxi. Ma l’isolamento era cominciato già da qualche anno e, più insidiosamente che gli scandali, da sinistra – in quello che sarà chiamato “il lento suicidio del Psi”. Anche questa vicenda di può seguire con Astolfo, “Non c’è anarchico felice” – “ultime sue confidenze” sono da intendersi di un personaggio, Aldo, che sarebbe Aldo Nobile:
“Al congresso di Genova a fine 1972, dopo le elezioni vinte dalla destra, le doppie tessere di Longo e Berlinguer ebbero l’ordine di sostenere il Professor De Martino, teorico dell’avanzamento, contro Giacomo Mancini. È una delle ultime sue confidenze. La tattica del Partito è semplice: conquistare coi doppi compagni le sezioni socialiste, o del partito sotto tiro, là dov’è possibile con uno scarto minimo. Mettendo cioè i voti entristi in coppa, direbbero a Napoli, alla sinistra filo-Pci là dove può diventare maggioranza”.
La vicenda era partita dieci anni prima, con la del Psi al momento di andare al governo:
“I carristi fanno uno splendido gruppo, con Foa, Basso, Lussu, Musatti, Asor Rosa, Panzieri e Umberto Eco, ex Avanti!, ex fiduciario Piemonte dell’Azione Cattolica, scuola salesiana ma di nessuna saggezza. Foa voleva sospendere Panzieri per la manifestazione di piazza Statuto a Torino, dove le volanti di Taviani manganellarono gli operai, i pochi in sciopero. Si capisce che siano per i carri armati sovietici:
“- Sono frigidi - secondo Aldo, che s’è fatto anche il congresso della scissione. “Fascisti di sinistra” li chiama Pasolini ne “L’enigma di Pio XII”, una poesia che la rivista Cattolicesimo rivoluzionario aveva cestinato e ora il poeta ripropone. Riproponendo un quesito. Tullio Vecchietti, che ne è il capo, ha esordito con Il pensiero politico di Vincenzo Gioberti, edito da Gioacchino Volpe, lo storico dell’idea nazionale. Era il 1941, ma bisognerà rivedere i debiti del socialismo rivoluzionario italiano, Gramsci compreso, con l’attualismo di Gentile, che riteneva di avere superato Hegel e completato Marx, rifacendosi al materialismo storico e appunto a Gioberti. Da cui origina il nazionalpopolare, la lega dei borghesi intellettuali col popolo: - C’era Rijov, con la sua aria da grasso contadino, e c’era ferrigno Suslov. L’ideologo ha portato pronta cassa al congresso duecentocinquantamila dollari per cominciare. – Secondo Fiero invece c’era l’Ente. La storia dell’intrigo, o l’intrigo della storia, ha molti sentieri”.
Fu una stagione brevissima, dunque, quella di Giacomo Mancini, al governo e nel suo partito. E tuttavia è stato forse l’ultimo “vero socialista”, quale si pretendeva. Ed è senza’altro l’uomo politico e di governo che ha fatto per la Calabria, la sua regione, più che nel secolo e mezzo di storia unitaria. Lo sviluppo non impossibile, e può anzi essere semplice.
(3. fine)

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