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domenica 15 febbraio 2015

La donna era padrona nel Medio Evo

Si provi l’uomo “a immaginare come gli apparirebbe strana la sua propria vita se fosse incessantemente definita in termini di mascolinità”. La giallista Dorothy Sayers era anche teologa laureata a Oxofrd nel 1914, benché a fatica, tollerata in quanto figlia del cappellano del college, saggista, conferenziera, commediografa, storica del Medio Evo e del Rinascimento, poeta e traduttrice di Dante - con tre volumi di “dantesca”, e
un’introduzione al “Purgatorio” che ancora fa testo. Invitata a parlarne nel 1938, si espresse nella conferenza del titolo, e in un articolo qui allegato, “The Human-Not-Quite-Human”, insofferente dell’antifemminismo, e anche del femminismo, dell’identità e della differenza. Fatta salva la parità dei diritti, la misura prende sul fatto.
Il genere è la comune condizione umana. Negli affetti, la famiglia, il lavoro, la società. Di soddisfazione e insoddisfazione, desideri, capacità, che sono sempre personali, per l’uomo come per la donna, e legati alle circostanze. La questione è del resto recente. Cioè è diventata insostenibile, con la donna prima espulsa dal lavoro e poi riammessa ma in cattività. Prima c’erano aggiustamenti: “La donna medievale aveva potere effettivo e un tratto di reale (anche se non politica) eguaglianza, perché aveva il controllo di molte attività: filatura, tessitura, forno, fermentazione, distillazione, profumeria, conservazione, trattamento dei cibi”.
Ragazza madre a trent’anni, Miss Sayers fu poi sposata, ma a suo modo incorruttibile. Apprezzata per i dialoghi nei suoi gialli, tra personaggi prevalentemente maschili, attesta qui che, “figlia unica, non ho praticamente mai visto o parlato con un uomo della mia  stessa età fino quasi ai venticinque anni”. Ma ha scoperto presto che “c’è molto poco mistero sull’uno e l’altro sesso, eccetto l’irritante misteriosità dell’essere umano in generale”.
Dorothy L. Sayers, Are women human?, Wm. B. Eerdmans Publishing Co., pp. 69 $ 10

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