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sabato 26 gennaio 2019

La colpa è di Anne Frank

Un libello, contro la trasposizione teatrale del “Diario” di Anne Frank, con l’allora sedicenne Natalie Portman – Orzick lo scrisse nel 1997, per la rivista “The New Yorker”, a ridosso del successo teatrale. Criticata perché commerciale e infedele, e quasi negazionista, facendo di Anne Frank un’insegna del volemose bene, per il blurb che fascetta il libro e le locandine teatrali: “Nonostante tutto, credo tuttavia nell’intima bontà dell’uomo”. Opera dell’editore Doubleday, quando la cura del “Diario” non fu più di Barbara Zimmermann – passata alla Random con il grande editor Jason Epstein, suo futuro marito, col quale nel 1963, durante uno sciopero dei giornalisti, fonderà la “New York Review of Books”. Con la complicità di Otto Frank, il padre di Anne.
Un testo arrabbiato. La “vera” Anne Frank “è stata censurata, tramutata, tradotta, ridotta: è stata resa infantile, americana, uniforme, sentimentale; è stata falsificata, volgarizzata e, di fatto, spudoratamente e arrogantemente negata”. Ma confuso – e con un fastidioso sospetto di saprofitismo, di voler cavalcare il successo del “Diario” e della messinscena. E perché togliere Anne Frank al patrimonio comune dell’umanità? Perché disprezzare la gioia di vivere giovanile, di Anne, di Hetti Hillesum? La bontà e lo humour, la forza morale, non sminuiscono l’Olocausto, e semmai confondono nazisti ed epigoni.
L’arroganza arriva a dire tutto e il contrario della stessa Anne. Una bambina prodigio che voleva diventare scrittrice, e ne aveva le qualità. Vittima di varie “espurgazioni” – il termine più ricorrente, qui tradotto con censura: del padre, dell’editore, della messinscena. “Che il diario sia miracoloso, un lavoro consapevole di genio giovanile, non è in dubbio”, e a seguire una valanga di elogi. Ma “il diario non è un documento geniale, malgrado l’esposizione spesso vividamente satirica dell’autrice di quello che lei abilmente vedeva come «il lato comico della vita in clandestinità»”. Peggio: “Arrivare al diario senza avere prima assimilato «La notte» di Élie Wiesel e «I sommersi e i salvati» di Primo Levi (per menzionare solo due testimoni), o le colonne di cifre nei registri dei trasporti, è permettersi di cuocere in una implausibile e orrida innocenza”. E la colpa è del “Diario”: “Il veicolo che ha con più forza compiuto questa quasi universale insensibilità è il diario di Anne Frank”. Insensibilità? Universale?
Cynthia Ozick, Di chi è Anne Frank? La Nave di Teseo, pp. 80 € 7

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